28/08/2009, 00.00
GIAPPONE
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Tokyo al voto: verso un terremoto politico

di Pino Cazzaniga
Il 30 agosto il Paese va alle elezioni più importanti degli ultimi 60 anni. I liberali rischiano di perdere il governo, che controllano quasi ininterrottamente dal 1958. Il tramonto dell’alleanza tra politici, industria e burocrazia. La gravità della crisi economica e il nuovo ruolo internazionale del Paese.
Tokyo (AsiaNews) - Il 21 luglio il primo ministro Aso Taro ha sciolto la Camera dei deputati e ha indetto le elezioni per il 30 agosto. Ci si trova di fronte alle elezioni piu' importanti negli ultimi 60 anni.. Dal loro risultato dipende la nascita di un nuovo Giappone capace di affrontare positivamente le sfide che la storia gli pone.
 
I protagonisti dell’avvenimento sono il Jiminto (Partito liberal democratico, LDP) e il Minshuto (Partito democratico del Giappone, DPJ): il primo governa la nazione quasi ininterrottamente dal 1958; il secondo è il maggior partito di opposizione, fondato nel 1998. Secondo l’inchiesta del quotidiano Asahi, nelle elezioni di domenica il partito dell’opposizione (DPJ) potrebbe guadagnare 320 seggi, cioé i due terzi dei 420 della Camera bassa, mentre il partito di governo (LDP) ne otterrebbe circa 100. Un ribaltamento rivoluzionario. Al tempo dello scioglimento della Camera, LDP aveva 300 seggi mentre il DPJ solo 120.
 
Il tramonto del sistema ‘55
 
Due espressioni aiutano a mettere a fuoco l’eccezionalità dell’avvenimento storico: “sistema ‘55” e “ cerchio di ferro”. Con il primo si intende ciò che l’analista politico Shingo Ito ha così descritto: “Il Giappone è una nazione ricca e moderna e una democrazia stabile e in pace. E allora come mai per oltre mezzo secolo praticamente si presenta come uno Stato a partito unico, durato quanto quello della Cina comunista?”. La risposta sta nel lungo successo elettorale del Partito liberal democratico e del ‘triangolo di ferro’ che ha forgiato con il mondo dell’industria e con la potente burocrazia”. Questa singolare struttura democratica è indicata dagli storici, appunto, come “Sistema ‘55” perchè si è formata nel 1955 quando il Partito liberale e il Partito democratico fondendosi hanno dato origine al partito liberal democratico (LDP). Curiosamente, il suo geniale fondatore, Ichiro Hatoyama (1883-1959) è il bisnonno di Yukio Hatoyama, l’attuale presidente del DPJ.
 
Sakamoto Yoshikazu, professore emerito di scienze politiche nella prestigiosa Tokyo University, ha detto che “il Partito (liberal democratico) si è concentrato sul pragmatismo più che su ideali o filosofie politiche e può essere descritto come una forma di nazionalismo economico”. Per realizzare tale pragmatismo, o, detto con maggior concretezza, un’economia globale, il gruppo al vertice del LDP si è legato con i magnati dell’industria e l’efficiente burocrazia, formando un forte gruppo di potere nazionale indicato, appunto, come “cerchio di ferro”. I quartieri più famosi di Tokyo, dopo quello del palazzo imperiale e ad esso contigui, sono Nagatacho, dove si trova la residenza ufficiale del primo ministro e la sede centrale del LDP e Kasumigaseki dove si trovano i palazzi dei ministeri cioé la burocrazia, in continuo dialogo con i creatori dell’economia.
 
Il flusso abbondante e continuo di denaro che dalle grandi imprese fluiva a Nagatacho veniva usato dal gruppo dirigente del partito per sostenere le organizzazioni provinciali. Intanto i diligenti burocrati di Kasumigaseki, in dialogo con gli industriali, preparavano disegni di legge che il governo presentava in Parlamento e, infallibilmente, venivano approvati data la maggioranza assoluta del partito di governo. “Il Giappone probabilmente non sarebbe diventato una potenza economica - scrive Takehito Yamamoto, docente di economia all’università Waseda (Tokyo) - se non avesse forgiato il cosiddetto ‘triangolo di ferro’ con i leader del business e i burocrati”.
 
Il protagonismo dei cittadini
 
In queste elezioni l’alternativa non è tra un partito e un altro ma tra un governo forte e limpido e un governo debole, manipolato da un gruppo nascosto di potere. In altre parole il popolo giapponese del 2009 non è quello degli anni sessanta.
 
La popolarità che si è acquistata Junichiro Koizumi, primo ministro dal 2001 al 2006 lo conferma. Koizumi è stato un conservatoree nazionalista dallo zoccolo duro fino a rompere con la Cina con le sue ripetute visite al tempio shintoista Yasukuni, simbolo del militarismo degli anni ’40, e a intaccare l’articolo 9 della Costituzione pacifista inviando soldati della difesa nazionale in Afganistan. Ma ha dimostrato di saper e voler governare indipendentemente dalle eminenze grigie del LDP. Da qui l’alta popolarità che si è guadagnata.
 
Quando nel 2005 il suo disegno di legge per la privatizzazione delle Poste (la “banca” più potente del Giappone) è stata bocciata per l’opposizione di alcuni parlamentari di peso del LDP (il suo partito), egli ha sciolto la Camera, espulso i ribelli, indetto elezioni e stravinto.
 
I due premier che gli sono succeduti: Shinzo Abe (26 sett. 2006-12 sett. 2007) e Yasuo Fukuda (23 sett. 2007- 1 sett. 2008) hanno dato le dimissioni dopo nemmeno un anno di governo e l’attuale Aso Taro è stato messo alle corde da una costante diminuzione di popolarita’
 
“Invece di appellarsi al giudizio del popolo - ha detto Tanefuchi Etsushi, docente alla Waseda - il partito liberal democratico pigramente ha cambiato i leader da Abe a Fukuda ad Aso. Il popolo ora, pensa che è tempo di un cambiamento radicale. Non è che abbia alte aspettative nel DPJ. I cittadini semplicemente ma con determinazione vogliono un cambio di potere”, cioé vogliono governanti che sappiano governare.
 
La serietà della sfida
 
Il popolo giapponese è decisamente maturato. Dicendo questo non ci riferiamo agli anziani che non senza buone ragioni e merito hanno sostenuto il “sistema 55”, né ai giovani che, purtroppo, sono spaventosamente vuoti di ideali, ma agli uomini e donne di mezza età. Molti di loro hanno una formazione intellettuale eccellente e data l’alta qualità dei media giapponesi, sono coscienti della gravità delle sfide che il Giappone deve affrontare senza ulteriori ritardi.
 
A livello nazionale ne indichiamo una che, se non è la principale, è senza dubbio la più urgente: la crisi economica. Vent’anni fa l’80% dei giapponesi apparteneva alla classe media, cioé viveva bene; oggi la percentuale è scesa al 47%.
 
A livello internazionale vengono alla ribalta i rapporti con l’Asia orientale. Durante il “sistema ‘55” sono stati favorite le relazioni con gli Stati Uniti. Ora il Giappone, ritornato ad essere parte dell’Asia, è cosciente di poter e dover prendere iniziative diplomatiche autonome. La Cina e il sud-est asiatico, che già gli devono riconoscenza per quanto hanno ricevuto a livello di sviluppo economico, sono pronti a realizzare con il Paese del sol levante “una partnership strategica” in vista della formazione di una Comunità dell’Asia orientale (EAC, East Asia Community).
 
Il retaggio positivo dell’LDP
 
Il crollo del “sistema’55’ non significa la fine del partito che lo ha creato. Alcuni ritengono che la sua probabile sconfitta elettorale può essere una buona lezione per la sua “rinascita”. Kawakami Kazuhisa dell’Università Gakuin osserva: “Anche se andrà all’opposizione, LDP può usare il suo forte potere di organizzazione, che è superiore a quello del DPJ e migliorare i suoi sforzi per ascoltare l’opinione pubblica” e, aggiungiamo noi, collaborare con il gruppo politico che sarà scelto per governare efficacemente.
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