21/01/2010, 00.00
UZBEKISTAN
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Tortura in Uzbekistan: sistematica e impunita

Gruppi per i diritti umani denunciano il sistematico uso di torture da parte di polizia e funzionari investigativi, per estorcere confessioni o per “punire” oppositori. Le denunce rimangono inascoltate e la magistratura non è indipendente dall’esecutivo.

Tashkent (AsiaNews/Agenzie) – In Uzbekistan sono ancora sistematiche e gravi le torture attuate da polizia e  funzionari investigativi contro detenuti e cittadini, soprattutto attivisti per i diritti, oppositori al governo e gruppi indipendenti, nell’indifferenza complice delle autorità. Non ci sono stati miglioramenti rispetto a quando, 7 anni fa, l’Alto Commissario Onu Theo van Boven, al termine di una visita nel Paese, dichiarò che in Uzbekistan c’è un uso sistematico della tortura. Lo spiega un rapporto del Forum Uzbeko-germanico per i diritti umani, sottoposto alla 98° sessione del Comitato Onu per i Diritti civili e politici.

Il rapporto, redatto grazie alle notizie monitorate dalla Human Rights Alliance of Uzbekistan e al Comitato per la Liberazione dei prigionieri di coscienza, entrambi con sede a Tashkent, riporta numerosi episodi avvenuti da gennaio ad agosto 2009 e smentisce l’affermazione ufficiale del governo che la tortura non è più praticata né tollerata.

Nel 2008 e 2009, almeno 9 persone sono morte in prigione o durante indagini. Tra loro, 6 sono collegati ai fatti di Andjian del maggio 2005, quando l’esercito sparò su manifestanti pacifici uccidendone centinaia, forse migliaia (nella foto): Shokirjon Artykov, Abdurahmon Kuchkarov, Khoshimdjon Kadirov, Bahodirhon Nodirov, Ozodbek Djurayev, Shuhrat Khasanov. Per questo massacro Tashkent ha sempre rifiutato un’indagine internazionale e ha irriso le sanzioni occidentali, forte del sostegno di Russia e Cina. Gli altri sono: Nozim Mamadaliev, Ismat Khudaiberdiev, Muzaffar Tuichiev.

Il rapporto rileva che nel Paese “l’uso della tortura è simile a quella usata durante l’era stalinista, quando la confessione era sufficiente per condannare” e che le indagini spesso  consistono in torture sistematiche per estorcere confessioni, quali pestaggi, bruciature o scariche elettriche su tutto il corpo, privazione di cibo e sonno o dell’uso del bagno, soffocamento con un sacchetto di plastica o la maschera del gas, appendere la persona per le mani o legarla in posizione molto disagevole, minacce verso parenti e amici, violenze sessuali. Come la minorenne Raykhon Soatova, fermata dalla polizia per disordini e violentata il 9 maggio 2009 presso il Distretto di polizia di Mirzo Ulugbek: il 18 dicembre ha dato alla luce una figlia, conseguenza dell’abuso. La famiglia ha presentato 28 denunce a varie autorità. Svetlana Artikova, portavoce della Procura generale, ha dichiarato lo stesso 18 dicembre a Radio Ozodlik che “dalle indagini non sono risultate violazioni di diritti o violenze di alcun genere”.

Tra gli altri, è stato torturato il poeta dissidente Yusuf Djumaev, condannato nel dicembre 2007 a 5 anni di detenzione per avere criticato il presidente dello Stato, che nel carcere di Jaslvk è stato lasciato per giorni senza cibo né acqua, tenuto in piedi fino a quando crollava per lo sfinimento, tenuto in cella d’isolamento per mesi senza spiegazioni.

Il governo afferma il rifiuto della tortura, ma non sono svolte vere indagini per i molti casi denunciati. La legge dice che il sistema giudiziario è indipendente, ma di fatto subordinato è all’esecutivo: i giudici sono eletti dal Senato, ma in realtà sono di stretta nomina dell’ufficio del presidente, che controlla il parlamento. Il rapporto riporta 20 casi di tortura per estorcere confessioni, individuati negli ultimi 6 mesi e denunciati al Procuratore generale, al ministro degli Interni, all’Ombudsman e al Centro Nazionale per i diritti umani in Uzbekistan: non risulta alcun esito e nemmeno una risposta che non sia solo formale.

La violenza è ancora maggiore in quanto nemmeno se ne parla, non è riportata dai media locali ed è negata dal governo. Così da rinforzare la convinzione che i funzionari pubblici possano agire come vogliono, anche violando i diritti civili e umani, nonostante la Costituzione uzbeka vieti la tortura e il Paese abbia ratificato l’International Covenant on Civil and Political Rights (Iccpr) e la Convenzione contro la tortura e i trattamenti crudeli e inumani, delle Nazioni Unite.

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