24/11/2021, 11.36
INDIA
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Un dalit a Oxford: Suraj Yengde lotta per l'emancipazione degli 'intoccabili'

di Alessandra De Poli

Originario del Maharashtra, sta concludendo il suo secondo dottorato nella prestigiosa università inglese. Ma almeno 300 milioni di indiani ancora oggi fanno parte delle caste svantaggiate. E il governo potrebbe fare molto di più, racconta ad AsiaNews. 

Oxford (AsiaNews) - Suraj Yengde è un dalit ed è fiero di esserlo. Ce l’ha scritto sulla felpa e sulla borraccia da cui ogni tanto beve un sorso d’acqua. Ora è a Oxford per completare il suo secondo dottorato, ma è originario del Maharashtra, Stato dell’India centro-occidentale. La sua ricerca si concentra sul mantenimento delle caste in varie parti del mondo. “Anche se non le chiamiamo così, dove esiste un sistema gerarchico esistono classi di oppressi e di oppressori”, spiega il professore Yengde ad AsiaNews. “Nelle società basate su economie di mercato - prosegue l’accademico - le cose sono leggermente diverse perché c’è la possibilità di migrare da una classe sociale all'altra, mentre in India nascere in una casta vuol dire essere condannato a restarci per tutta la vita. E la situazione nel tempo si è irrigidita. Anche se non è più come 50 o 60 fa, il sistema delle caste continua a permeare tutta la vita economica, sociale e politica della gente”.

Uno potrebbe ribattere che lui è un dalit, un “intoccabile”, e però ce l’ha fatta, ha insegnato ad Harvard e ora studia ad Oxford. “Sì certo, ma io sono uno su 300 milioni”, ribatte Suraj. 

Yengde viene dalla città di Nanded, dove “c’è ancora un forte sistema quasi feudale basato sulle caste, nonostante negli anni si sia formato un movimento dalit di persone politicamente attive e molto bene informate”. Dopo aver studiato legge per cinque anni, si è trasferito prima a Mumbai e poi a Johannesburg, dove ha condotto una ricerca sulla diaspora indiana in Sudafrica. L’istruzione diventa mezzo di emancipazione e possibilità di riscatto per un’intera comunità. Suraj ce l’ha fatta grazie alle quote per dalit e alle borse di studio messe a disposizione dal governo, perché il suo Stato è tra i più ricchi della nazione e perché l’attivismo dalit è riuscito a farsi spazio nel discorso pubblico negli ultimi anni. 

Però le azioni del governo non bastano: “Ancora oggi gli studenti si rifiutano di frequentare lezioni tenute da un insegnante dalit o di mangiare il cibo della scuola se preparato da un cuoco dalit. Il governo potrebbe fare molto di più, come promuovere figure positive dalla comunità, ma non lo fa, perché non ha interesse a farlo”.

Yengde prosegue con le critiche nei confronti del Bharatiya Janata Party (Bjp), il partito nazionalista indù che governa il Paese: “È un problema senza fine, ed è doloroso vedere da lontano come stanno andando le cose, come il governo stia eliminando i diritti di base concessi dalla Costituzione indiana. Non si può parlare di democrazia in India. La fanno passare come una questione religiosa, ma il governo in realtà vuole accedere alle risorse economiche delle caste più basse” commenta Suraj. “Il Bjp ce l’ha soprattutto con i musulmani, ma sarebbe più corretto dire che ce l’ha con i musulmani svantaggiati delle ultime caste. I musulmani delle caste più alte, quelli che si vedono a Bollywood o negli sport non vengono toccati dal governo”.

La repressione non si ferma ai confini nazionali: alla Hindu American Foundation, sostenuta dal governo guidato da Narendra Modi, e attiva negli Stati Uniti, il lavoro di Suraj Yengde non piace. “Non vedo un futuro roseo, ma l’unico modo che abbiamo è far sentire la nostra voce. Se fai parte di una comunità e puoi avere voce in capitolo, hai una responsabilità verso chi fa parte di quella comunità, ma non ha i mezzi per farsi ascoltare. Non si tratta di vivere nel Regno Unito o in India, ma delle risorse che hai a disposizione. E hai questa responsabilità nei confronti degli oppressi anche se non la vuoi”.

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