21/03/2020, 08.00
CINA
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Zhu Zhiqun: Pechino non ha ancora vinto la guerra di propaganda sul coronavirus

L’ esperimento “orwelliano” dei cinesi per combattere il virus sta funzionando in patria, ma non può essere replicato in Europa o negli Usa. A parte Italia e Spagna, nessun grande Paese occidentale esalta il ruolo di Pechino nella lotta alla pandemia.

Washington (AsiaNews) – Per Zhiqun Zhu, esperto di affari cinesi alla Bucknell University negli Usa, la Cina è ben lontana dall’essere vista come leader globale nella lotta all’epidemia. In Occidente, solo l’Italia e la Spagna sembrano sposare la “narrativa della vittoria” del presidente Xi Jinping. Per il docente di origini cinesi, il modello adottato da Pechino per combattere il Covid-19 non può essere replicato in modo integrale in Europa o negli Stati Uniti: troppo diverse le condizioni politiche e culturali tra i due mondi. Di seguito, l’intervista al professor Zhu.

 

“Non penso la Cina stia vincendo la guerra di propaganda sul coronavirus, almeno fuori dei suoi confini. È tutto ancora molto incerto.” È quanto afferma ad AsiaNews Zhiqun Zhu, docente di scienze politiche e relazioni internazionali alla Bucknell University negli Stati Uniti.

Il professor Zhu, che è anche membro del National Committee on United States-China Relations, nota che anche in casa propria, il Partito comunista cinese ha ricevuto forti critiche per non aver rivelato in modo tempestivo le informazioni sull’infezione e per aver represso le voci dissenzienti.

Molti medici di Wuhan, tra cui Li Wenliang (poi deceduto per il virus) e Ai Fen, capo del dipartimento per le emergenze dell’ospedale centrale della città dell’Hubei, hanno denunciato il regime per aver nascosto la verità sulla diffusione del Covid-19. Lo stesso hanno fatto noti intellettuali come Xu Zhiyong, Xu Zhangrun e He Weifang, secondo i quali con una stampa libera si sarebbero potute salvare molte più vite umane.

“Le misure draconiane per isolare Wuhan e limitare la circolazione nel resto del Paese – sottolinea l’accademico – hanno certo avuto successo nel contenere il virus, fatto che molti in Cina e all’estero riconoscono”.

Ma Zhu sostiene che il modello adottato da Pechino non può essere replicato in modo integrale in Occidente: troppo diverse le condizioni politiche e culturali tra i due mondi. Ad esempio, poche persone negli Stati Uniti indossano le mascherine per proteggere se stessi e gli altri dal contagio; e poco fanno le autorità americane per imporne l’uso.

In Europa è lo stesso. I governi faticano a tenere a casa le persone come è riuscita a fare la Cina nel suo grande “esperimento orwelliano”: un problema che si sta manifestando in modo palese in Italia, dove neanche l’introduzione – a certe condizioni, e per un tempo limitato – del Codice dell’ordinamento militare sembra dissuadere la popolazione dall’avere contatti.

Esclusi il governo italiano e quello spagnolo, le democrazie occidentali si guardano bene dallo sposare la “narrativa della vittoria” del presidente Xi Jinping. Negli Usa non è solo il presidente Donald Trump che attacca Pechino per la gestione della crisi, soprattutto nelle sue fasi iniziali. Secondo un’indagine di Gallup condotta lo scorso mese, solo il 33% degli americani ha una opinione favorevole della Cina – nel 2018 il dato positivo era del 53%. Da parte sua, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha ricordato che è stata l’Europa a soccorrere Pechino allo scoppio dell’epidemia.

“L’offerta di aiuto della Cina all’Italia, quando l’Unione europea appariva recalcitrante a fornire il proprio sostegno, ha senz’altro aiutato a ripulire l’immagine del regime cinese in alcune parti di Europa. Il contrario fanno le teorie cospirative [alimentate da un portavoce governativo di Pechino] secondo cui  il Covid-19 è stato portato in Cina da atleti americani che lo scorso autunno hanno partecipato ai Giochi militari di Wuhan”, afferma Zhu. Comunque, per il docente, nella battaglia contro la pandemia non è di aiuto nemmeno il continuo riferirsi dell’amministrazione Trump al “virus cinese”, che egli considera “razzista” e “inaccettabile”.

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