18/12/2020, 11.58
ARGENTINA-CINA
Invia ad un amico

‘L’America Latina deve cambiare il suo rapporto con Pechino’

di Silvina Premat

Per il politologo Ramiro Podetti, la regione non può essere una semplice fornitrice di materie prime al gigante asiatico. Guardare più all’Asia-Pacifico nel suo complesso. Un mediatore tra Cina e Usa in un nuovo ordine mondiale. La competizione globale si gioca nel campo dell’innovazione tecnologica e dell’industria dell’intrattenimento.

Buenos Aires (AsiaNews) – Da tre decenni studia lo sviluppo delle idee politiche in America Latina. Ramiro Podetti, politologo argentino residente in Uruguay, preside della facoltà di Studi umanistici all'Università di Montevideo, ha parlato ad AsiaNews dei rapporti tra Cina, regione Asia-Pacifico e Paesi latinoamericani.

Come vede la crescente presenza della Cina nei mercati dell'America Latina?

La presenza di Pechino dal punto di vista commerciale e degli investimenti è gradita. Comunque, nessuno nella regione può opporsi al gigante asiatico. Il Paese che sta pagando il costo più alto è il Brasile, perché sta perdendo quote di mercato a favore dell'industria cinese; per Brasilia si pone dunque il dilemma se tornare a essere un’economia basata sul settore primario o insistere sul suo progetto industriale.

Per l'Argentina, la Cina non è una minaccia, perché è già un’economia “primaria”. E le altre nazioni dell'America Latina, che non hanno alcuna industria, non avranno alcun problema ad aderire alla politica cinese, fondata sullo scambio di manufatti con materie prime.

Vede un cambiamento nelle preferenze a favore della Cina e a scapito delle tradizionali relazioni con gli Usa?

Il problema per l'America Latina non è dover scegliere tra Cina e Stati Uniti, ma piuttosto che tipo di rapporto instaureremo con Pechino. Vogliamo avere con i cinesi lo stesso rapporto avuto con la Gran Bretagna nel 19mo secolo? Nonostante all'epoca ci fosse una certa ricchezza assoluta nella regione, in termini relativi i Paesi industrializzati sono cresciuti 50 volte di più: quel tipo di relazione con i britannici ci ha impoveriti.

Come dovrebbe essere il rapporto con la Cina?

Una politica economica basata sulla produzione di materie prime non è accettabile. L’equazione deve cambiare, con i Paesi latinoamericani che diventano aggregatori di valore. È necessario rifiutare, a costo della guerra, un'economia imperniata sulla vendita delle materie prime (che favorisce la Cina). Ma dobbiamo tener presente che l'emergere della potenza economica asiatica non è una novità; è iniziata circa 40 anni fa. Il fatto nuovo, a cui dobbiamo prestare maggiore attenzione, è che per la prima volta l'Occidente è messo in discussione da una potenza non occidentale: la regione Asia-Pacifico.

Suggerisce di guardare più all'Asia-Pacifico che alla Cina?

Sono due fenomeni diversi. Oggi l'Occidente è come abbagliato dalla Cina, ma la Pechino ha problemi molto seri nell'Asia-Pacifico. Un esempio di ciò è il rifiuto dell'India di firmare la Rcep (Regional Comprehensive Economic Partnership).

Non è possibile capire come la Cina influisca sull'America Latina se non si considera ciò che sta accadendo e come sarà la riconfigurazione del potere globale, che ha solo due alternative. Una, con enormi debolezze, è una nuova guerra fredda, ma con la Cina e non con l'Unione Sovietica. L'altra, più ragionevole, è che gli Usa accettino di rivedere l'ordine mondiale, diventando primus inter pares, in accordo con la superpotenza emergente cinese e le tre alte grandi potenze: Russia, Europa e India. È quanto hanno immaginato Alberto Methol Ferré, Zbigniew Brzezinski e Samuel Huntington.

Quale sarebbe il ruolo dell'America Latina in questo scenario?

Il Sud America potrebbe essere un intermediario tra le grandi potenze e il resto delle nazioni. Solo il Brasile e il Messico sono in grado di assumere un ruolo di leadership, ma finora non lo hanno capito. È complicato guidare i sudamericani. Nessuno è incoraggiato ad agire. Siamo tipi molto strani. Non siamo vecchie colonie né un impero. Siamo una specie di inspiegabile razza mista. L'unico motivo per cui non siamo nei posti dove si prendono le decisioni è perché pensiamo di non essere capaci.

L'iniziativa cinese di avere una base scientifico-militare in America Latina è preoccupante?

E 'naturale. È una superpotenza emergente, come tale non considera solo le sue esigenze commerciali, ma anche i suoi progetti dal punto di vista dell’equilibrio di potenza mondiale. Questo include una dimensione militare, ma non solo. Gli strumenti del “soft-power” sono più importanti dell'osservatorio che hanno installato nel sud dell’Argentina. Penso che le possibilità di un conflitto armato tra grandi potenze siano molto basse, ma nel caso in cui accadesse non si risolverebbe tanto nell’ambito militare, quanto in quello della tecnologia e dell'industria dell'intrattenimento.

La questione militare può ancora darci qualche grattacapo, ma lo scontro vero è sull'offerta tecnologica (come il 5G), e altre cose in cui la Cina è ancora molto indietro, come la comunicazione dei suoi valori culturali, che sono diversi da quelli dell'Occidente, o dell'industria dell'intrattenimento. I videogiochi stanno educando i bambini sotto i 15 anni in tutto il mondo e hanno un impatto molto importante sulla loro educazione. Il più feroce dei darwinisti sociali sarebbe scandalizzato dai valori che prevalgono oggi nella cultura dei videogiochi. Ad esempio, il Giappone in questo campo è una potenza. Bisogna prestare attenzione alle forme di soft-power. È qui che si combatterà la battaglia globale.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Brasilia: il 5G di Huawei è una minaccia alla sicurezza nazionale
17/12/2020 11:19
Cile, Brasile, Perù: crescono i dubbi sull’efficacia dei vaccini cinesi anti-Covid
18/06/2021 12:59
Il “made in China” alla conquista dell’America Latina
28/10/2009
Il Nicaragua sceglie Pechino per sfidare il canale di Panama
14/06/2013
Gli investimenti cinesi sono un rischio per l’America Latina
21/10/2020 12:00


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”