23/08/2007, 00.00
IRAN
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“In pericolo” la vita di tre studenti detenuti a Teheran

I tre erano tra i contestatori di Ahmadinejad al Politecnico Amir Kabir. Il capo della Giustizia li vuole liberi, mentre il procuratore generale di Teheran li mette in isolamento e li tortura. Ma la divergenza tra i due giudici è solo una “messinscena”, per ingannare l’opinione pubblica internazionale, a scapito della popolazione.

Tehran (AsiaNews) - Sono in “grave pericolo” tre degli studenti dell’Università Amir Kabir di Teheran che a dicembre avevano osato manifestare contro il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, e ora detenuti nel famigerato carcere Evin. L’allarme è contenuto in un comunicato dell’Islamic Association of Amir Kabir (Polythecnic) University, riportato ieri dal sito Rooz.

L’Associazione denuncia che il procuratore generale della capitale, Saeed Mortazavi, rifiuta di seguire la direttiva del capo della giustizia, Hashemi Shahroudi, che aveva ordinato di scarcerare i giovani. Anzi, “ha messo i giovani in isolamento negando loro visite e telefonate dall’esterno; forse per i tre è iniziato un nuovo round di torture ed intimidazioni”.

Il 22 agosto le famiglie dei tre detenuti – Ghassaban, Mansouri e Tavakkoli - hanno incontrato Mortazavi. Al termine del colloquio uno dei padri ha detto a Radio Farda che contro i ragazzi non è stato formulato ancora nessun capo d’accusa, ma il procuratore generale di Teheran si è detto comunque certo che “gli studenti sono responsabili della pubblicazione di materiale offensivo”. Testimonianze di altri studenti scarcerati da Evin raccontano che i tre sono sottoposti a torture fisiche e psicologiche.

Alcuni analisti vedono nel comportamento di Mortazavi una “spaccatura interna al potere giudiziario in Iran”, tra ala riformista e ala conservatrice; ma secondo fonti di AsiaNews nel Paese, “la vicenda fa parte di una messinscena studiata per convincere l’opinione pubblica internazionale che in Iran esiste pluralismo ed è possibile una democratica divergenza di posizioni”. “Ma è impossibile - spiegano – pensare che in un regime come quello iraniano il capo della magistratura di Teheran possa disobbedire agli ordini del suo più alto superiore”. “Sui diritti umani e non solo – aggiungono - l’Iran continua a prendersi gioco dell’Occidente a spese della popolazione”.

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