19/04/2016, 16.07
IRAQ
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Baghdad, dal Parlamento alla piazza è sempre più grave la crisi politico-istituzionale

Sit-in di una parte dei deputati che chiede la cacciata del presidente (sunnita) del Parlamento. Fallita la mediazione del capo dello Stato. Dopo una riunione concitata la seduta viene aggiornata al 21 aprile. Washington invia a sorpresa nella capitale irakena il capo della Difesa. I fedelissimi di al Sadr riempiono (di nuovo) piazza Tahrir. 

Baghdad (AsiaNews) - La crisi politica che scuote l’Iraq e le sue più importanti istituzioni si fa sempre più drammatica: oggi un gruppo di deputati, che da una settimana ha promosso un sit-in di protesta per sfiduciare il presidente del Parlamento (il sunnita Salim al Juburi) ha respinto la proposta di mediazione avanzata dal presidente della Repubblica, il curdo Fuad Masum. Intanto si fa sempre più imponente il numero dei manifestanti che ha occupato piazza Tahrir, a Baghdad; vicini al leader religioso sciita Moqtada al Sadr, i dimostranti riuniti in prossimità della Zona Verde respingono le riforme del premier Haider al Abadi e chiedono la formazione di un nuovo esecutivo “indipendente, lontano da clientelismi confessionali e politici”. 

Secondo quanto riferisce ad AsiaNews un giornalista dell’emittente nazionale al-Iraqia vi sono due istituzioni pronte a intervenire: la Corte Costituzionale, la quale finora ha mantenuto il silenzio sulla crisi, e la presidenza della Repubblica. 

L’ufficio del presidente irakeno Masum ha avanzato una proposta in sei punti per risolvere la crisi parlamentare, illustrata dal portavoce della presidenza della Repubblica Khaled Shuani, frutto dell’incontro con i deputati ribelli nella notte. Masum ha invitato “tutti i deputati del Parlamento” a riunirsi oggi, alle due del pomeriggio ora locale, per cercare di “arginare la crisi”. 

Il capo dello Stato insiste sulla necessità di dare la parola ad al Juburi, perché esprima il proprio punto di vista sulla crisi. Tuttavia, Masum non ha escluso la possibilità di discutere delle dimissioni del presidente del Parlamento nel caso in cui dovesse continuare la protesta dei deputati anche dopo l’intervento di Juburi in aula. 

In un balletto di dichiarazioni e smentite, in un primo momento l’ufficio di presidenza del Parlamento aveva confermato l’intenzione di al Juburi di recarsi nella stessa aula in cui, non più di una settimana fa, era stato “licenziato” al termine di una seduta condita dal lancio di bottiglie d’acqua fra deputati. Tuttavia, all’ultimo Juburi non si è presentato in aula preferendo annullare l’intervento. I deputati vicini al Primo Ministro Haider al-Abadi insistono per lo scioglimento del Parlamento, per mettere fine alla protesta di una parte dell’aula. 

La bagarre parlamentare si è conclusa poco prima delle tre di oggi, con il ritiro dei deputati del Kurdistan e del gruppo parlamentare sunnita “Ittihad el Kuwa”, che ha portato alla sospensione della seduta e all’aggiornamento dell’aula al prossimo 21 aprile. 

Per ora bocche cucite fra le leadership religiose sciite di Najaf e Karbala, in saggia attesa delle evoluzioni in corso. Secondo fonti di AsiaNews, la Marjaaiya di Najaf due giorni fa ha rifiutato di incontrasi con una delegazione dei parlamentari rivoltosi, in cerca di sostegno.

Il 17 aprile sono invece riprese, su invito del leader Moqtada Al Sadr, le proteste di migliaia di manifestanti che chiedono “riforme governative generali” e “l’accelerazione del rimpasto” all’interno della squadra di governo. 

In pochi minuti domenica da tutte le parti del paese sono giunti in piazza Tahrir centinaia di manifestanti del Movimento Saadrista e membri di varie tribù, muniti di tende per dar vita a un sit-in di lunga durata nel cuore della capitale. Decine di manifestanti si sono inoltre posizionati nei pressi di alcuni ministeri chiave, fra cui quello degli Interni.

Il corrispondente dell’emittente radiofonica “Radio Sawa” ha riferito ad AsiaNews che i sistemi di sicurezza “hanno vietato ai manifestanti di piantare le tende nelle vicinanze dei ministeri”, convogliandoli in piazza Tahrir laddove campeggiano da giorni molte tende. Nella zona il governo ha dispiegato un numero massiccio di forze dell’ordine e sono ricomparsi i T Wall (ostacoli di cemento armato) nelle vicinanza della Green Zone di Baghdad sede delle istituzione del governo.

La protesta popolare in sostegno ai deputati in rivolta è il frutto dell’appello lanciato il 16 aprile da Moqtada Al Sadr ai “Figli del paese” a effettuare le necessarie “pressioni che conducano alle dimissioni dei ministri, come primo passo verso la creazione di un governo di tecnocrati voluti dal premier Haider al Abadi”. Le tre presidente - Repubblica, Consiglio dei Ministri e Parlamento - hanno tre giorni di tempo per un nuovo rimpasto ministeriale “con successivo voto di fiducia”. 

Intanto la crisi politica in Iraq è vista con preoccupazione da Washington, che ha spedito ieri (a sorpresa) a Baghdad il ministro della Difesa Ash Carter senza prima consultarsi con il governo irakeno. Carter è atterrato direttamente in una base aerea militare, accompagnato dall’annuncio del presidente Usa Barack Obama che intende inviare ulteriori truppe armate in Iraq. Un annuncio che ha dato il "la" a numerose indiscrezioni, non confermate, in merito alla volontà di Washington di porre fine alla crisi di governo in Iraq nominando un governo di emergenza nazionale composto da dieci membri con la missione di organizzare le elezioni per un nuovo parlamento e governo iracheno che goda di un consenso capace di impedire lo scivolamento del paese nel caos. (PB)

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