21/01/2013, 00.00
CINA
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Campi di lavoro forzato, tra annunci e smentite continua il balletto del Partito

di Chen Weijun
Per la terza volta in un mese una voce ufficiale del regime comunista annuncia la chiusura dei laojiao, i campi di “rieducazione tramite il lavoro” voluti da Mao Zedong per mettere a tacere i controrivoluzionari e ora usati contro critiani, Falun Gong e dissidenti. Le prime due sono state smentite nei giorni successivi. Continua la lotta interna al Pcc per le riforme.

Pechino (AsiaNews) - Il regime comunista cinese continua a inviare segnali altalenanti nel campo delle riforme, in particolar modo in quelle legate ai diritti umani e allo stato di diritto. Dopo un mese di annunci e smentite, oggi i media statali riportano le dichiarazioni di un alto funzionario governativo secondo il quale il controverso sistema dei campi di lavoro forzato è destinato a essere abolito "entro la fine del 2013". Tuttavia, simili dichiarazioni sono state pubblicate e poi smentite in almeno due occasioni nel mese di gennaio.

L'ultimo in ordine di tempo è Chen Jiping, vice direttore della China Law Society. Secondo il China Daily, giornale ufficiale vicino al Partito, il funzionario ha partecipato a un incontro di alto livello che ha deciso di limitare l'uso dei campi di lavoro fino a quando non si riunirà l'Assemblea nazionale del popolo (Anp, il "Parlamento" cinese), l'unico organismo in grado di abolire del tutto il sistema dei laojiao [rieducazione tramite il lavoro ndr]. La riunione è prevista per marzo, quando entrerà in vigore anche il nuovo esecutivo guidato da Xi Jinping.

Secondo Chen "il sistema dei campi di lavoro forzato dovrebbe essere abolito entro il 2013. È stato uno strumento utile fino a che il Partito comunista non ha consolidato il proprio potere, ma oggi abbiamo un solido stato di diritto e quindi il laojiao non serve più. Tuttavia per cancellarlo del tutto serve l'approvazione del massimo organo legislativo, che lo ha introdotto nel 1953".

Prima di lui si erano espressi sulla questione dei "lager di Stato" Meng Jianzhu, segretario del Comitato per gli affari politici e legali del Partito comunista cinese, e un editoriale aperto del Quotidiano del Popolo. Entrambi gli annunci, però, sono stati poi smentiti da altri funzionari che hanno chiarito: in ballo c'è una "riforma" del sistema, non la sua abolizione.

Nato come un luogo di riabilitazione per i controrivoluzionari e per i criminali comuni, il laojiao è divenuto con il tempo lo strumento per mettere a tacere dissidenti e critici nei confronti del Partito comunista. Grazie a una contestatissima riforma del Codice di procedura penale, il governo ha permesso alla polizia di trattenere nei campi di lavoro un qualunque cittadino cinese per 3 anni senza passare dal giudizio di una corte legale.

Stime non ufficiali affermano che nei laojiao sono internate fra le 190mila e i 2 milioni di persone. Il China Daily dice che vi sono circa 320 campi di lavoro per il laojiao, dove sono rinchiuse 500mila persone, in maggioranza criminali del mondo della droga. Nei campi di lavoro - organizzati come fattorie o industrie - i prigionieri hanno orari di lavoro massacranti, fino a 12-15 ore, e prendono una minima paga mensile. Qui sono stati rinchiusi e si trovano tuttora cristiani non ufficiali, sacerdoti e vescovi cattolici e membri della setta del Falun Gong.

 

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