04/08/2016, 08.38
CINA-VATICANO
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Card. Zen: Le mie perplessità sul dialogo Cina-Santa Sede e le ricadute sulla Chiesa cinese

di Card. Joseph Zen Ze-kiun

Il vescovo emerito di Hong Kong mette in luce le ambiguità che si trascinano nei dialoghi e nelle aspettative dei rapporti diplomatici fra Cina e Vaticano: l’appartenenza all’Associazione patriottica, che Benedetto XVI definiva “incompatibile” con la dottrina cattolica (e che Francesco ha confermato); i silenzi verso la persecuzione subita da fedeli e sacerdoti; le ambiguità sulle nomine dei vescovi. Una critica al ritorno in auge della Ostpolitik vaticana.

Hong Kong (AsiaNews) – L’articolo del card. John Tong, pubblicato oggi, cita alcune difficoltà e imbarazzi vissute dai fedeli non ufficiali in Cina nel vedere il modo in cui sono condotti i dialoghi Cina-Santa Sede; verso i silenzi del Vaticano sulla persecuzione subita dai fedeli; le ambiguità verso l’Associazione patriottica, l’organismo di controllo della Chiesa in Cina. A fare spesso da portavoce di molti cattolici non ufficiali vi è il card. Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong.  Per comprendere le difficoltà in cui si dibattono i fedeli della Chiesa in Cina e le ombre che il card. Tong cerca di fugare riguardo al dialogo Cina-Santa Sede, pubblichiamo un articolo del vescovo emerito, apparso sul suo blog personale.

All’origine, il post era un’articolata risposta a un’accusa rivolta al card. Zen da un giornalista di Vatican Insider, secondo cui l’anziano porporato spingerebbe alla “ribellione” contro le decisioni della Santa Sede. Il cardinale risponde alla falsa interpretazione del suo pensiero, ma elenca anche tutte le perplessità che suscitano i silenzi sulle violenze contro i cristiani e la riedizione di una politica vaticana simile alla Ostpolitik dei tempi del card. Agostino Casaroli.

Nel testo che pubblichiamo sotto, i maiuscoli e le sottolineature sono nell’originale.

 

 

UN APPELLO DOLOROSO

Dopo tre settimane (11 giugno – 2 luglio) di terribile battaglia contro l’attacco di un virus che si chiama “mycoplasma pneumoniae” sono tornato alla mia casa religiosa per una lunga convalescenza. Ma qui mi viene comunicato che sono stato oggetto di un altro genere di attacco, sulle pagine prestigiose de “La Stampa”, dal mio “amico” Gianni Valente.

La mia condizione di salute mi potrebbe dispensare dall’essere coinvolto in un’altra battaglia, ma la verità ha i suoi diritti e non posso disertare il mio dovere di offrire alcuni chiarimenti.

 

1.L’APPELLO MIO IN CAUSA

 

Anzitutto lo “status quaestionis”. Si tratta di un breve appello che ho fatto dal mio blog ai miei fratelli della Cina continentale. Valente vi ha trovato finalmente il corpo del delitto e grida allo scandalo, senza nascondere un certo compiacimento.

Il titolo del mio appello viene tradotto: “Fratelli e sorelle, facciamoci onore!” Non critico il traduttore dal mio cinese. Non saprei neanche io come tradurre esattamente il mio cinese. È difficile (è cinese!).

Le parole da me usate sono, letteralmente, “conteniamo il fiato!” Qui il “fiato” corrisponde proprio al “fiatare” italiano e specificamente si tratta dell’ultimo “fiato”, l’ultima parola. Poter tirare il fiato è segno di dignità, mentre è grande vergogna dover trattenere il fiato e stare zitto, perché uno si trova dalla parte del torto.

Ma l’ironia vuole che qui nel caso nostro l’ultima parola sarà proprio un sonoro silenzio. Ecco, il contenuto reale del mio appello sarebbe: “Ritiriamoci in silenzio con dignità”.

Non è una chiamata a battaglia come vuole Valente. “... Ignorate! Non prendete in considerazione! Dissociatevi!” No. È casomai un ordine di ritirata, è un invito alla calma, ad accettare la sconfitta, senza darsi a reazioni insensate. (Non facciamo profeti i nostri nemici i quali dicono che da papisti diventeremo apostati!)

 

2.QUALE SCONFITTA? ORDINE DI CAMBIARE ROTTA

 

Ma di che sconfitta si tratta? Si sa che in Cina il regime ateo ha sempre voluto controllare totalmente le religioni. Finora gruppi consistenti di cattolici, tanto in clandestinità come nella ufficialità, con grandi sacrifici rimangono fedeli alla Chiesa fondata da Gesù su Pietro e sugli Apostoli. Ma oggi si presenta loro lo spettro di una dichiarazione proveniente proprio dalla autorità della Chiesa che dice loro di cambiare rotta. Quello che era dichiarato contrario alla dottrina ed alla disciplina della Chiesa diventerà legittimo e normale, tutti dovranno sottomettersi al Governo che gestisce la Chiesa, tutti dovranno obbedire a vescovi che fino ad oggi sono illegittimi e perfino scomunicati. Allora, hanno sbagliato per decenni questi poveri “confrontazionisti”?

Ecco, il mio appello è per preparare gli animi ad una tale eventualità, la quale una volta sembrava impossibile, ora ci si presenta molto probabile. Come fare? Accettare di tornare, come dice Valente, alla condizione catacombale. Condizione catacombale non è condizione ordinaria. Ma quando l’ordinario è illegittimo ed il legittimo non è permesso, non c’ è altra scelta che tenere fermo al legittimo in una condizione non ordinaria.

Gianni Valente menziona una “pax sino-vaticana”, questo mi fa pensare alla famosa “Pax Romana”, una pace costruita e mantenuta con il ferro e il fuoco, il cui simbolo è il trionfale ritorno delle truppe conquistatrici tirandosi dietro schiere di schiavi.

Dunque, il mio è un appello pieno di tristezza e di dolore. Qui potrei finire il mio discorso, pregando Valente di avere misericordia di noi, di rispettare almeno il nostro dolore e lasciarci piangere in pace nel silenzio.

 (Mi ricordo di una espressione apparsa già molto tempo fa su un sito Internet cattolico in Cina: “Da tanti anni i nostri nemici non sono riusciti a farci morire. Ora ci tocca morire per mano del nostro Padre. Va bene, andiamo a morire”). (Non avete mai notato che il bambino, anche quando riceve qualche sculacciata dalla mamma, non scappa, ma si aggrappa alla gamba della mamma, magari piangendo e gridando. Non ha dove andare lontano dalla mamma).

 

3.ACCETTAZIONE DELL’ACCORDO E OBIEZIONE DI COSCIENZA. FEDELTÀ AL PAPA NONOSTANTE IL PAPA

 

Sono sicuro che Valente non mi lascerà in pace così facilmente. Dirà: “E la sua perentoria proibizione di entrare nell’Associazione Patriottica?”

La mia prima affermazione è: “Non è necessario seguire (quell’accordo fino in fondo)”. Sì, nella nostra accettazione delle disposizioni da Roma, c’ è un limite, il limite della coscienza. Non possiamo seguire quell’eventuale accordo in ciò che alla coscienza appare come chiaramente contrario all’autentica fede cattolica. Papa Francesco ha sovente difeso il diritto all’obiezione di coscienza; lui poi, un gesuita che affida anche le cose più delicate al discernimento personale, non negherà ai suoi figli questo diritto.

Questo limite della nostra accettazione la rende ancora più dolorosa. Sarà per me una vera lacerazione del cuore, tra l’istinto salesiano di devozione al Papa (sì, devozione la chiamiamo; le tre devozioni: al Santissimo Sacramento, alla Madonna e al Papa) e l’impossibilità di seguirlo fino in fondo nel caso, per esempio, che incorraggiasse ad abbracciare l’Associazione Patriottica ed entrare in una Chiesa totalmente asservita ad un Governo ateo.

Dovremo rifiutare di fare quel passo proprio perché esso è formalmente in contraddizione con l’autorità petrina. Sì, nel caso contemplato (e in questo momento speriamo ancora fortemente che non si verifichi), noi vogliamo essere fedeli al Papa (al Papato, all’autorità del Vicario di Cristo) nonostante il Papa. Se Gianni Valente si scandalizza, vuol dire che egli è digiuno della storia della Chiesa.

Nella parte finale del suo articolo, Valente parla della “comunione reale con il Vescovo di Roma”. Affidiamo al Giudice eterno di giudicare se la vera comunione reale col Papa sia la nostra o quella di coloro che oggi gridano ad alta voce (come, per esempio, qualcuno intervistato da L’Eglise d’Asie ha detto): “Su, pronti, tutti quanti, ad obbedire al Papa, qualunque cosa egli decida!” (ovviamente questo tale ha grande speranza che il Papa confermerà lo stato attuale anomalo, in cui costui potrà continuare a godere i suoi vantaggi acquisiti).

 

4.NON ENTRARE NELL’ASSOCIAZIONE PATRIOTTICA. INSEGNAMENTO AUTOREVOLE DEI PAPI

 

Valente incalzerà: “C’è nel suo appello la proibizione perentoria di entrare nella Associazione Patriottica”. Sì, ho detto: “Assolutamente non si deve entrare nella Associazione Patriottica”. Ma non ho detto questo di mia autorità. È l’autorità di Papa Benedetto, confermata da Papa Francesco che ha detto che la Lettera di Papa Benedetto è ancora pienamente valida e va letta da tutti.

Io ho detto: “Secondo la Lettera di Papa Benedetto, il principio di una Chiesa indipendente, cioè, il modo di lasciare al Governo di gestire la Chiesa, non si armonizza con la nostra fede.” Valente avrebbe ragione di dire che non è una esatta citazione, ma nego che sia “non collimante con il testo originale”. Chiunque conosce la realtà della Chiesa in Cina, troverà che l’espressione “lo Stato gestisce la Chiesa” è una esatta sintesi di ciò che Papa Benedetto descrive nella sua Lettera con altre parole:

“(Capitolo VII Paragrafo I): ... La dolorosa situazione di forti contrasti che vede coinvolti fedeli laici e pastori mette in evidenza, tra le varie cause, il ruolo significativo svolto da organismi che sono stati imposti come principali responsabili della vita della comunità cattolica. Ancor oggi, infatti, il riconoscimento da parte di questi organismi è il criterio per dichiarare una comunità, una persona o un luogo religioso, legali e quindi ufficiali.

(Paragrafo V): ... Risulta evidente che la pretesa di alcuni organismi, voluti dallo Stato ed estranei alla struttura della Chiesa, di porsi al di sopra dei vescovi stessi e di guidare la vita della comunità ecclesiastica non corrisponde alla dottrina cattolica.

(Paragrafo VI)... La dichiarata finalità di suddetti organismi di attuare “i principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa” è inconciliabile con la dottrina cattolica. (Il nome dell’Associazione Patriottica è espressamente menzionato nella Nota).

(Capitolo VIII, Paragrafo II): ... Persone “non ordinate” e a volte anche non battezzate, controllano e prendono decisioni circa importanti questioni ecclesiali, inclusa la nomina dei vescovi, in nome di vari organismi statali. Di conseguenza, si è assistito ad un avvilimento dei ministeri petrino ed episcopale...”

Il Governo dice che la Chiesa “ufficiale” è governata da “una Associazione e una Conferenza” (l’Associazione Patriottica e la Conferenza Episcopale), ma chi conduce questo organismo “due-in-uno” è il Governo nella persona dell’ufficiale della S.A.R.A. (Agenzia Statale Affari Religiosi), che presiede le sue riunioni. (Il Governo non sente neanche il bisogno di mascherare questa realtà, ostentando fotografie dove il direttore della SARA dirige le riunioni, mentre il presidente dell’Associazione Patriottica e il presidente della Conferenza Episcopale alla sua destra e sinistra, a capo chino, ricevono le sue istruzioni).

L’autorità suprema, poi, di quella Chiesa risiede nella Assemblea dei Rappresentanti dei Cattolici Cinesi che si raduna ogni cinque anni. Ma questa Assemblea era sempre presieduta dal Sig. Liu Bai Nian con al tavolo di presidenza i presidenti e vice-presidenti dell’Associazione e della Conferenza che verrebbero “eletti” durante l’Assemblea. Liu Bai Nian è stato dichiarato, nell’ultima Assemblea, presidente onorario, cioè, già in pensione, ma in realtà lavora ancora in pieno e corre dal nord al sud della Cina. Vedremo chi presiederà la prossima Assemblea.

Io penso di essere riuscito a provare sufficentemente che ciò che dico collima perfettamente con la Lettera di Papa Benedetto. Ma Valente non sembra altrettanto sicuro di quel che afferma. Egli riferisce a quell’eventuale accordo, che secondo me contraddice l’insegnamento dei Papi, in termini così astrusi, che con tutti i miei studi filosofici e teologici e colla mia conoscenza della lingua italiana faccio fatica a capire. Presenta quell’accordo così: “... misure e prassi... come extrema ratio per dribblare le implicazioni di un possibile, futuro inizio di intesa tra Pechino e la Sede Apostolica” (beato chi lo capisce!)

 

5.SIAMO NEL BUIO E LE CONGETTURE NON LASCIANO TRANQUILLI

 

Ho detto che l’eventualità di un accordo inaccettabile si presenta probabile. Ho detto che ancora addesso scongiuriamo che il fatto non si verifichi. Dunque non c’è niente di certo ancora. Allora, perché, mi si dirà, tanta eccitazione?

È proprio vero, non sappiamo niente di sicuro, siamo tenuti completamente all’oscuro. Sappiamo che i contatti si stanno moltiplicando, ma non sappiamo niente di ciò che trattano in quei colloqui.

I contatti non ufficiali esistevano anche prima. Ai tempi del Card. Tomko come Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, cioè fino al 2000, [quando] non c’era ancora la Commissione per la Chiesa in Cina, ma si tenevano riunioni periodiche sugli affari della Chiesa in Cina, riunioni congiunte e allargate (“congiunte”, cioè, la Segreteria di Stato e la Congregazione per l’Evangelizzazione insieme; “allargate”, cioè con la partecipazione di esperti). Come presidente dell’Unione dei Superiori Religiosi a Hong Kong, poi come insegnante nei Seminari in Cina, ed infine come Vescovo Coadiutore di Hong Kong, ero invitato a quelle riunioni in cui Mons. Celli, allora Sotto-Segretario della Segreteria di Stato e principale negoziatore con la Cina, ci ragguagliava su ciò che trattavano in quegli incontri.

Durante gli anni del successore del Card. Tomko tutto era fermo. Con il successore del successore, poi, nonostante la costituzione di una Commissione vera e propria, le trattative con la Cina sono diventate affari strettamente riservati alla Curia Romana, non una minima informazione veniva fornita ai membri della Commissione.

Oggi poi anche la Commissione è silenziosamente sparita. Dopo l’elezione di Papa Francesco ci viene comunicato che la Commissione riprenderebbe il suo lavoro (l’ultima riunione plenaria del triennio) nella primavera del 2014; poi non più una parola viene da Roma, non un certificato di morte, non un annuncio funebre. Estrema sgarbatezza nei confronti dei membri della Commissione e di chi l’ha costituita a suo tempo! Estrema deviazione perfino dalla tradizione di correttezza della Curia Romana!

Il fatto è che adesso ad uno dei due Cardinali cinesi ancora viventi e non ancora senili, non è permesso di interessarsi di come stanno negoziando le cose della Chiesa in Cina. C’ è ancora un cinese “a Roma”, ma sembra che sia di disturbo. Lo hanno esiliato a Guam. È triste constatare che i grandi promotori del dialogo lo eliminano all’interno della Chiesa.

In questa mancanza assoluta di comunicazione, si cerca di congetturare e indovinare, mettendo insieme frammenti di notizie da qua e là. C’è il Padre Heyndrickx che sembra sappia tutto perché è amico di Roma e di Pechino. A distanza c’ è AsiaNews che solitamente è abbastanza bene informata. Il quadro che si riesce a tratteggiare non incoraggia per niente. Sembra proprio che la direzione è quella che temiamo.

 

6.LOTTA CONTINUA? MI FACCIO VOCE DEI SENZA VOCE

 

Fin qui stiamo parlando di una situazione attuale di particolare drammaticità. Ma Valente vuole allargare la vista e mi vuole incoronare con il titolo di “lottatore continuo” (o del “gladiatore” nel linguaggio di qualche illustre eminenza).

Valente mi accusa di “una ventennale mobilitazione contro tutti i passi intrapresi dalla Sede Apostolica... che non rientravano nella sua griglia di pensiero”. Ancora più: “Una rappresentazione fissa e preconfezionata delle vicende del cattolicesimo cinese degli ultimi settant’anni, intento a occultare tutti i dati di realtà che non sono funzionali alla lotta continua”.

Settant’anni sono tanti. Settant’anni fa i comunisti cinesi non avevano ancora conquistato il potere. Dunque, io avrei distorto tutta la storia della realtà della Chiesa in Cina fin dall’inizio del regime comunista!? Come faccio a rispondere ad una accusa di tali dimensioni?

Parliamo piuttosto dei vent’anni. Vent’anni fa, cioè attorno al 1996, alla fine di quell’anno sono stato fatto Vescovo Coadiutore di Hong Kong. Se non mi sbaglio, Gianni Valente era molto mio amico. Certamente non mi avrebbe qualificato come “lottatore”. Sapeva ed apprezzava che, subito dopo i fatti di Tiananmen Square, ero entrato in Cina e per sette anni avevo insegnato nei Seminari “ufficiali” in Cina (Shanghai, Xi’an, Wuhan, Shijiazhuang, Beijing, Shenyang) spendendo sei mesi all’anno, cioè, in continuo dialogo con quei fratelli nostri ed i loro persecutori. È stata una lunga convivenza. Le autorità mi trattavano coi guanti, per cui non ho nessun motivo di risentimento personale contro i comunisti. Se non mi avessero fatto Vescovo Coadiutore alla fine del 1996, avrei continuato ad essere insegnante di filosofia e teologia in quei Seminari, “apprezzato dalle autorità per la mia buona condotta”.

Ma durante quella lunga convivenza ho visto da vicino l’umiliazione dei nostri Vescovi, la sofferenza di tanti fratelli fermi nella fede, ed un sensus Ecclesiae che mi faceva sentire piccolo piccolo.

La “mobilizzazione” casomai è cominciata quando Papa Benedetto mi ha fatto Cardinale nel 2006, cioè, dieci anni più tardi. Se da allora faccio il lottatore, non lo faccio per mio gusto personale. Parlo perché sono la voce dei senza voce. La realtà è che in Cina non c’è la libertà di parola!

Faccio una digressione. Non riesco a credere che Gianni Valente non sappia il fatto che in Cina non c’è libertà di parola. Come fa a dire in giro che i vescovi intervistati da lui in Cina hanno potuto parlare come hanno voluto? (specialmente quelli che sono metà sotto e metà sopra, cioè, quelli che stanno tentando di venire fuori dalla clandestinità ed ottenere il riconoscimento dal Governo) Possono solo dire ciò che piace al Governo. Uno di loro ha detto a Valente che nella sua Diocesi non ha l’Associazione Patriottica. Il giorno dopo viene l’ufficiale del Governo e gli dice: “Ah sì! Ti vanti di non avere l’Associazione Patriottica? Da oggi devi averla.” Questo Valente probabilmente non lo sa.

Sono la voce dei senza voce non solo per protestare contro le autorità comuniste. Lo sono anche per fare certe domande alle autorità romane. In questi anni, continuamente sono stati posti atti direttamente contro la dottrina e la disciplina della Chiesa: vescovi illegittimi e scomunicati che pontificano solennemente, che conferiscono l’ordine sacro anche più di una volta; vescovi legittimi che prendono parte a consacrazioni episcopali illegittime fino a quattro volte e la partecipazione quasi totale dei vescovi della comunità ufficiale all’Assemblea dei Rappresentanti dei Cattolici Cinesi. Non si è sentita la voce da Roma. I nostri fratelli in Cina non hanno forse il diritto di meravigliarsi e fare domande?

 

7.LOTTA INTERNA? NEGO IO IL DIALOGO? IL DIALOGO DEVE RIUSCIRE AD OGNI COSTO?

 

Valente mi accusa non tanto di una lotta contro i comunisti cinesi, ma sottolinea piuttosto la lotta interna tra me e quelli che a Roma hanno in mano il manico del coltello degli affari della Chiesa in Cina.

Certo, questo è grave, ma dov’è il problema? Mi si accusa di essere contro il dialogo. Per carità! Come possono pensare così? Io sono fermamente d’accordo con quello che dice il Papa Benedetto nella sua Lettera al Capitolo IV Paragrafo VII: “... la soluzione dei problemi esistenti non può essere perseguita attraverso un permanente conflitto con le legittime autorità civili. (Ovviamente, le soluzioni dei problemi si concretizzano nelle conclusioni dei dialoghi, ma Papa Benedetto continua a dire): ... Nello stesso tempo però non è accettabile un’arrendevolezza alle medesime (le autorità civili) quando esse interferiscono indebitamente in materie che riguardano la fede e la disciplina della Chiesa”. È la stessa verità di quando Papa Francesco dice, in Corea ai Vescovi asiatici, che la prima condizione di un vero dialogo consiste nella “coerenza alla propria identità”.

Allora, il fondamento della speranza di un dialogo riuscito è che tutte e due le parti rispettino l’identità di sé e della controparte. Ora c’è questo fondamento nel caso nostro? Può un Governo dittatoriale rispettare l’identità di un gruppo religioso il quale afferma che l’autorità suprema interna appartiene al gruppo stesso? E può una religione sottomettersi al controllo completo di un Governo ateo?

Dunque, anzitutto dobbiamo riconoscere che il comunismo è una vera dittatura. Quando facevo l’esempio di San Giuseppe che andasse a dialogare con Erode, sembrava una battuta, ma non è molto lontana dalla verità. I nostri signori della Curia Romana hanno mai studiato il Marxismo-Leninismo? Sì, non dimentichiamo Lenin, è lui che ha dato una organizzazione “eterna” a quella che, secondo Karl Marx, doveva essere una “provvisoria” dittatura del proletariato dopo la vittoria della lotta di classe.

Cari italiani, ringraziate il Signore che vi ha risparmiato le moderne forme di dittatura: il nazismo e il comunismo (il fascismo di Mussolini è una dittatura all’acqua di rose, a base di manganello ed olio di ricino). Chi non ha provato le dittature sulla propria pelle fa fatica a misurarne tutto l’orrore.

Nelle dittature non c’è il compromesso, c’è solo l’assoluta sottomissione, schiavitù ed umiliazione.

I comunisti cinesi, dopo aver ucciso centinaia di migliaia, magari non hanno più bisogno di ucciderne tanti. Regna lo “stato di violenza”, completo diniego dei più fondamentali diritti umani. C’è qualcuno che non è informato di come oggi i comunisti cinesi siano sempre più prepotenti all’estero ed oppressori all’interno? (Un recente articolo di George Weigel su First Thing può aiutare chi non è aggiornato). Questo stesso Governo userà gentilezza con il Vaticano? Con tutti i fatti recenti che capitano (rimozioni di croci e demolizioni di chiese) e tutti i discorsi e corsi di indottrinamento sul diritto dello Stato di guidare le religioni, come può il nostro eminentissimo Segretario di Stato dire che “le prospettive del dialogo sono promettenti”?

Un prete della comunità clandestina, quarantenne, di nome “Pace”, molto dotto e zelante, stimato ed amato da tutti quelli che lo conoscono, è morto misteriosamente ai primi di novembre 2015. La pubblica sicurezza del Governo dice di aver trovato il suo cadavere in un fiume ed affermano che lui si è suicidato, ma non forniscono nessun indizio che possa chiarire la vera causa della morte.

Questo prete aveva scritto: “Come si può sperare che, mentre tutte le religioni sono governate dalle autorità comuniste attraverso l’Associazione Patriottica, la Chiesa Cattolica ne sia esente? Come si può sperare che, mentre la libertà di parola è negata in tutta la Cina, sia a noi concessa?”

Allora, negare il dialogo? No, ma bisogna andare al tavolo del dialogo disposti ad ammettere alla fine, magari per la centesima volta, che il dialogo non è ancora possibile. Come si può ragionevolmente sperare in una buona conclusione del dialogo? I comunisti cinesi rinunceranno un pochino del completo controllo sulla Chiesa ufficiale che oramai sicuramente tengono nelle loro mani? Nel caso di un dialogo fallito, non perdono niente. Vengono però volentieri al dialogo nella speranza di portare a casa una firma, una benedizione finale del Papa sull’attuale stato anormale di quella Chiesa che è già oggettivamente scismatica. I Papi hanno preferito evitare la parola “scisma” solo perché sanno che molti vi hanno aderito sotto grave pressione. Per riuscire a concludere il dialogo ad ogni costo, si è disposti a pagare il prezzo di canonizzare una Chiesa scismatica?

Come si può limitare la discussione alla nomina dei vescovi, lasciando fuori altre enormità? Anche sul solo argomento della scelta dei vescovi, si può accettare quello che è la situazione presente? L’elezione “democratica”? (non c’è nessuna elezione in Cina che non sia predisposta dal Governo); approvazione dalla Conferenza Episcopale? (la Conferenza semplicemente non esiste, c’è solo il nome); finale consenso del Papa? (sarà semplice formalità senza vera autorità decisionale); dopo di che tutte le comunità clandestine devono venire all’aperto, soggette a questa “Chiesa cinese”, non più Chiesa Cattolica in Cina? (in cinese la Chiesa Cattolica si dice “Chiesa di Dio”, così non si nota tanto la contraddizione nell’espressione “Chiesa di Dio cinese”, come invece risulterebbe evidente nell’espressione “Chiesa Cattolica cinese”).

 

8.OSTPOLITIK

 

A questo punto non si può evitare di menzionare la Ostpolitik. Ma mi si dice: “Perché va sempre a rivangare nella storia?”

Appunto perché non è storia. I nostri dirigenti vivono ancora nell’illusione di quel “grande miracolo” del loro maestro Casaroli (non mettiamo in discussione la sua santità personale).

L’Ostpolitik politica aveva un senso, perché lì si trattava di interessi che si possono contrattare, si possono scambiare interessi economici con concessioni politche. Ma noi che cosa abbiamo da scambiare con coloro che capiscono solo ragioni di danaro e potere? L’unica cosa che aspettano è che cediamo il nostro potere (spirituale). Ma possiamo fare questo?

L’Ostpolitik è cominciata già sotto Papa Giovanni XXIII e Papa Paolo VI. Era una situazione disperata da cui si cercava di trovare una via di uscita. Ma c’è stata una vera via di uscita? I Papi e le Commissioni Cardinalizie, nella quasi completa mancanza di informazioni (la cortina di ferro), si dovevano fidare di Casaroli dandogli carta bianca, ed egli, poverino, doveva nuotare nel buio (mentre i nemici avevano reti di informazioni – spie – fin dentro il Vaticano (vedi The End and the Beginnig di George Weigel).

I grandi risultati? “Assicurata la gerarchia ecclesiastica!” Quale gerarchia? Vescovi fantocci, non pastori del gregge, ma lupi rapaci, funzionari del Governo ateo). “Si è cercato un modus non moriendi!” La Chiesa in quei Paesi è stata salvata non dalle manovre della diplomazia vaticana, ma dalla fede indefettibile del semplice popolo fedele!

Allora, “scegliete la confrontazione invece del dialogo?” Ma come potete chiamare “confrontazione” quando un agnello rifiuta di essere mangiato dal lupo?

Valente ha scritto tempo fa che perfino il Card. Stefan Wyszynski avrebbe sostenuto la Ostopolitik di Casaroli. Quanto mai ridicolo! Si aspetta forse che il compitissimo Cardinale avrebbe criticato il Segretario di Stato nominato da Papa Giovanni Paolo II?

Allora, si domanda: “Perché Papa Giovanni Paolo II ha fatto quella nomina?” In un cinema su Giovanni Paolo II fanno dire a lui: “Caro Casaroli, noi due la pensiamo in modo diverso. Ti nomino Segretario di Stato perché ci possiamo completare a vicenda.” Può essere molto vero. Non pochi storici, però, pensano (maliziosamente? Non mi pare) che il Papa ha voluto così tranquillizzare i suoi nemici. Casaroli avrebbe potuto servire da “cortina di fumo”, mentre lui dirigeva dal suo studio la sua politica di liberazione della Polonia dalla dittatura comunista.

 

Verso la fine di novembre 2008, ricevo una notizia, non pubblica, che la Chiesa ufficiale in Cina stava per festeggiare il 50° della prima ordinazione episcopale illegittima. Corro a Roma, vengo ricevuto dal Papa Benedetto, c’era anche il Cardinal Bertone. Io dicevo che quello era un atto di sfida, specialmente quando si sa che c’erano già i contatti informali fra le due parti. Aggiungo che il Governo osa continuare a sfidare il Vaticano perché ha visto che qui si stava giocando all’Ostpolitik. A quel punto Papa Benedetto, rivolto al Card. Bertone dice: “Ti ricordi, quando venne qui Giovanni Paolo II ha detto: “Basta (all’Ostpolitik)!” Non ho bisogno di aggiungere altro.

 

9.PAPI APPROVANO VESCOVI DELL’ASSOCIAZIONE PATRIOTTICA SENZA CHIEDERE LORO DI USCIRNE.  ALLORA?

 

Finisco rispondendo a quello su cui Valente sembra sentirsi tanto forte. Dice che i Papi hanno approvato molti vescovi che erano nell’Associazione Patriottica, che anzi vi occupavano posizioni di importanza. Dunque, “l’appartenenza formale di quei vescovi all’Associazione Patriottica... non è mai stata di per sé un impedimento della piena e riconosciuta comunione sacramentale e gerarchica tra quei vescovi ed il Successore di Pietro.” Inoltre, i Papi non hanno mai imposto a loro l’uscita dall’Associazione “come condizione per ottenere il mandato pontificio al proprio ministero episcopale.”

Certo, quando il Papa li nomina o li riconosce vescovi, concede loro il potere sacramentale e giurisdizionale, ma questo non prova che di per sé ciò non faccia a pugni con la loro appartenenza all’Associazione Patriottica, la sostanza della quale, Papa Benedetto afferma, non è conciliabile con l’ecclesiologia cattolica.

I fedeli in Cina sovente mettono il dito su questa contraddizione. Il Vaticano non usa rispondere ai dubbi. Nel mio “Sussidio per leggere la Lettera di Papa Benedetto alla Chiesa in Cina”, che è stato attentamente letto dal Papa ed approvato (stampato poi solo in cinese), citavo anzitutto la Lettera del Papa il quale a proposito dei casi di legittimazione (e analogamente di approvazione, perché sono dello stesso genere), al Capitolo VIII Paragrafo XI, osservava che ci sono stati due inconvenienti: 1° (alle volte) “i sacerdoti e i fedeli non sono stati adeguatamente informati dell’avvenuta legittimazione”, 2° “... alcuni vescovi legittimati non hanno posto gesti, che comprovassero chiaramente l’avvenuta legittimazione”. Di qui la duplice raccomandazione che 1° “L’avvenuta legittimazione possa essere resa di pubblico dominio a tempi brevi”, e che 2° “I Presuli legittimati pongano sempre di più gesti inequivocabili di piena comunione con il Successore di Pietro”. E commentavo: “Dunque, nella Lettera del Papa non c’è contraddizione; ma c’è contraddizione, cioè, incoerenza, in certi vescovi legittimati o approvati, i quali, dalla generosità del Santo Padre sono stati ricevuti nella comunione gerarchica, ma non la vivono con coerenza. Come può considerarsi in comunione con la Sede Apostolica uno che tutti i momenti grida in supporto di una Chiesa indipendente?”

 

10.BISOGNA VENIRE ALLA CHIAREZZA

 

Quando il successore del successore del Card. Tomko ha avuto pure il suo successore, nella riunione del Comitato Permanente della Commissione per la Chiesa in Cina da lui presieduta, si è avuto il consenso circa la necessità di chiarire questo punto. Dopo una lunga tolleranza di una situazione di incoerenza (risultato ovviamente fallimentare) si doveva finalmente cambiare tattica e venire alla chiarezza, cominciando con una vasta catechesi per far sapere a tutti che l’Associazione Patriottica non è accettabile. Quella è stata l’ultima riunione della Commissione. Non so che cosa sia stato fatto sulla linea di questa nuova strategia.

La coincidenza dei tempi permette di credere che questo consenso della Commissione sia in qualche modo stato comunicato alla diocesi di Shanghai, per cui Mons. Thaddeus Ma, alla fine della sua ordinazione episcopale, ha fatto quella dichiarazione accolta da un prolungato fragoroso applauso del popolo di Dio.

Il 7 Luglio di 4 anni fa ha mostrato al mondo l’assurdo principio della politica religiosa in Cina: “Chi vuol amare la patria deve rinnegare la sua coscienza religiosa.” Il grande, rispettato Vescovo Aloysius Jin, S. J. di Shanghai doveva rinnegare la sua coscienza, accettare di concelebrare con un vescovo illegittimo e, per di più, durante l’ordinazione episcopale del suo successore, per provare la sua fedeltà alla Patria! Egli non si è sentito di sottomettersi a questa ulteriore umiliazione.

Ma oggi risulta che in tutti i simili casi il consiglio dato dall’alto è di umiliarsi, di accondiscendue, di cedere, di arrendersi...

Alle voci che sospettano di un intervento di Roma nel caso del “volta faccia” di Mons. Thaddeus Ma il Vaticano risponde: “Ogni speculazione è fuori luogo”, io direi “è inevitabile”. Tutti attendono una chiarificazione precisa.

O Signore, non hai detto a Pietro “confirma fratres tuos!”?

P.S. Caro Gianni, questo scritto a me, convalescente, è costato non poca fatica. Risparmiamela in futuro, per favore!

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“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”