30/05/2011, 00.00
SRI LANKA
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Colombo: scuole di religione nelle carceri, per riabilitare i detenuti

di Melani Manel Perera
Il progetto del ministero per la Riabilitazione e le Riforme nelle carceri prevede corsi di buddismo, cristianesimo, islam e induismo. I leader religiosi e spirituali avvertono: “Iniziativa lodevole, ma di grande responsabilità: gli insegnanti devono essere ben istruiti”.

Colombo (AsiaNews) – Creare delle “scuole di religione” in tutte le prigioni dello Sri Lanka, per educare, riabilitare e preparare i detenuti al mondo esterno, quando saranno rilasciati. Il programma del ministero per la Riabilitazione e le Riforme nelle carceri, lanciato lo scorso 13 maggio, prevede l’istituzione di corsi di buddismo, cristianesimo, islam e induismo in 33 prigioni e centri correttivi per giovani detenuti. I leader religiosi e spirituali lodano l’iniziativa, ma sottolineano che si tratta di un incarico di grande responsabilità, “non di solo insegnamento”.

“I docenti che andranno a insegnare nelle carceri dovranno essere ben istruiti”, afferma il ven. Weligama Dhammissara Thero, del monastero di Sri Senevirathnaramaya, a Wellampitiya. “I detenuti devono riconquistare le loro vite”.

Per p. Noel Dias, cattolico ed ex cappellano delle prigioni della diocesi di Colombo, la proposta risponde a un bisogno attuale e prezioso: “La società ha bisogno di gente onesta e corretta. Formare persone di questo tipo è un dovere delle autorità”.

“In carcere ci sono persone di ogni tipo – dichiara Ramachandra Kurukkal Babusharma, segretario dell’International Hindu Religious Federation – ma qualunque siano le loro colpe è nostro compito aiutarli a espiarle. La religione rende l’essere umano migliore”.

Il moulavi di Colombo Seyed Hassan Moulana, copresidente dell’Inter Religious Alliance for National Unity, sottolinea però che per attuare al meglio il programma è necessario modificare l’orario dell’intera giornata. “La religione non può essere insegnata di corsa e in poco tempo – spiega Hassan –; per prima cosa, dobbiamo capire la loro mentalità: l’incontro con la fede non deve essere un altro peso nelle loro vite”. 
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