13/10/2012, 00.00
LIBANO - TURCHIA
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Cristiani libanesi contro un film turco che fomenta l'odio interreligioso

Costato 17 milioni di dollari e acclamato in patria, Fetih 1453 parla della caduta di Costantinopoli. Per molti libanesi il film è una provocazione piena di falsità. Chiesa e partiti religiosi hanno organizzato diverse manifestazioni per chiederne il boicottaggio. Il regista mostra un cristianesimo come una religione corrotta e violenta. Silenzio sui massacri compiuti dai turchi durante l'assedio della città.

Beirut (AsiaNews/Agenzie) - Il film sulla caduta di Costantinopoli "Fetih 1453" sarebbe pieno di falsità storiche che incitano allo scontro fra cristiani e musulmani. In programma per lo scorso 27 settembre nei cinema di Beirut, il lungometraggio ha scatenato dure critiche da parte della comunità cristiana libanese che ha chiesto di boicottare l'uscita del film, che ora rischia la censura. Il 29 settembre il partito al-Machreq, formazione dei giovani cristiani ortodossi, e altre associazioni cristiane hanno organizzato una manifestazione contro l'uscita del kolossal turco, costato l'enorme cifra di 17 milioni di dollari.

Diretto dal regista turco Faruk Aksoy,  "Fetih 1453"  descrive la presa di Costantinopoli da parte degli ottomani nel 1453. Lungo circa 160 minuti, il film si apre con un "flashback" in cui Maometto, in esilio a Medina, promette felicità a chi dei suoi seguaci conquisterà la città bizantina, poi rinominata Istanbul. Il sultano ottomano Maometto II raccoglie simbolicamente l'appello fatto dal profesta 800 anni prima e si lancia alla conquista della città.  Questo episodio storico che vede la presa dell'impero bizantino legata a un detto del profeta è un motivo di orgoglio per molti turchi che a febbraio hanno affollato le sale per gustare il film. Tuttavia molti critici sostengono che esso sia ricco di errori storici macroscopici, che servono solo ad esaltare l'islam e la figura di leader politico-religioso del sultano.

Rodrigue Khoury, fondatore di al-Machreq, è stato fra i primi ad aver visto il film in anteprima ed è rimasto scioccato dalla menzogne che propone. Khoury ha inviato una lettera critica dettagliata di riferimenti storici al generale Surete, responsabile della censura in Libano, attirandosi le ire di molti giornalisti che invece ritengono più opportuno far proiettare il video in nome della libertà di espressione.  "Il film - afferma Khoury - non racconta la battaglia fra due imperi, come recita il sottotitolo, ma mostra una lotta fra due civiltà: quella cristiana e quella musulmana. La prima è descritta in modo grottesco come l'origine di tutti i mali, la seconda è mostrata come perfetta e incorruttibile".

Per i giovani libanesi, questo film non è altro che una operazione di propaganda politico-religiosa che inasprisce il conflitto tra cristiani e musulmani. Secondo p. Abdo Abou Kassem, responsabile dell'informazione cattolica per la Chiesa libanese, "le falsità mostrate dagli autori di "Fetih 1453" denigrano la religione cristiana, presentata come fede corrotta". Il sacerdote spiega che in una scena Maometto II entra nella basilica di Santa Sofia, facendosi spazio fra migliaia di fedeli che fuggono terrorizzati. In segno di protezione il sultano abbraccia e tranquillizza un bambino, dicendo il conquistatore ti proteggerà. "Sappiamo  che tutto ciò non è assolutamente vero - commenta il sacerdote  - quando il sultano entrò nella basilica diede ordine di massacrare tutti i fedeli cristiani - oltre 3mila - e fece stuprare ai suoi soldati le donne e in seguito la trasformò in moschea". P. Kassem spiega che questa versione è sostenuta da documenti storici e non può essere travisata a fini propagandistici.

La polemica su "Fetih 1453" giunge a poche settimane dalle manifestazioni contro il film blasfemo su Maometto e le vignette satiriche pubblicate dal giornale francese Charlie Hebdo. Le proteste si sono diffuse in tutto il mondo provocando oltre 50 morti e centinaia di feriti. Dopo questi fatti le autorità religiose musulmane, ma anche quelle di altre fedi, hanno lanciato un appello all'Onu affinché si ponga un limite alla libertà di espressione nei confronti delle religioni. Tuttavia, molti fra giornalisti e critici cinematografici libanesi sono contrari alla censura proposta dai partiti cristiani più conservatori e premono per un confronto laico sul tema.  L'associazione "giornalisti contro la violenza" ha affermato  chiesto in un comunicato il rilascio incondizionato del film. "Se alcuni credono che vi siano pregiudizi o errori storici - dichiara l'associazione- devono ricorrere in tribunale e denunciare le parti interessate, comprese le autorità turche". "Il dibattito - continua - deve avvenire dopo la visione di un film, non prima, e le parti devono rispettare la libertà di espressione".

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