07/11/2016, 13.21
VATICANO
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Curare anche le malattie che non danno “ritorno” economico

Lo ricorderà a istituti di ricerca, responsabili politici ed economici la 31ma conferenza internazionale promossa dal Pontificio consiglio per gli operatori sanitari, che avrà per tema “Per una Cultura della Salute accogliente e solidale a servizio delle Persone affette da patologie rare e neglette”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Ricordare a istituti di ricerca, responsabili politici ed economici la necessità di preoccuparsi anche di malattie che o per la loro rarità o per la povertà degli ambienti nei quali si sviluppano non garantiscono alla ricerca un congruo ritorno economico. E’ un compito che la Chiesa sente suo e porta avanti da sempre e che troverà un momento significativo nella 31ma conferenza internazionale promossa dal Pontificio consiglio per gli operatori sanitari che avrà per tema proprio “Per una Cultura della Salute accogliente e solidale a servizio delle Persone affette da patologie rare e neglette”, presentata oggi in Vaticano.

Le malattie rare colpiscono, ha ricordato mons. Jean-Marie Musivi Mupendawatu, segretario del Pontificio consiglio, circa 400 milioni di persone e quelle “neglette” (definizione quest’ultima di un gruppo di patologie che comprendono lebbra, rabbia, leishmaniosi e Dengue) oltre un miliardo, di cui quasi la metà sono bambini. “La maggior parte di esse – ha detto - ha una causa infettiva e sono diffuse in aree geografiche a clima tropicale dove le popolazioni vivono in condizioni di non accessibilità all’acqua potabile, scarsa igiene, condizioni abitative scadenti ed accesso ai servizi sanitari ridotto o assente, in breve in ‘condizioni di povertà che infliggono gravi oneri sanitari sulle persone povere del mondo’”.

Con l’organizzazione di questa conferenza, che si svolgerà dal 10 al 12 novembre, la Chiesa intende “mettersi al servizio degli ammalati affetti da patologie rare e neglette, offrendo elementi di risposta di natura educativa, culturale e pastorale a questa sfida. L’assistenza e la cura dei malati in generale e di quelli affetti da patologie rare e neglette in particolare, sono una ineludibile opera di misericordia corporale evangelica. Questa urgenza pastorale, con un particolare riguardo agli operatori e ‘decisori’ sanitari, trova nella visione ecclesiale di Papa Francesco un rinnovato slancio, come lo dimostrano le varie iniziative e azioni promosse e realizzate nell’anno del Giubileo straordinario della Misericordia in corso”. In particolare la conferenza vuole “Riformare per fare il punto sullo stato dell’arte delle conoscenze sia in senso scientifico sia clinico-assistenziale; Curare meglio in una logica accogliente e solidale la vita del malato; Custodire l’ambiente nel quale l’uomo vive”.

L’incontro, ha sottolineato padre Augusto Chendi, M.I., sotto-segretario del dicastero, “intende richiamare in particolare due principi fondamentali che, esplicitamente riaffermati dal Santo Padre Benedetto XVI nella sua terza Enciclica Caritas in veritate e ripetutamente fatti propri da Papa Francesco - costituiscono l’alveo nel quale ridefinire le coordinate della sua azione pastorale, soprattutto per quanto attiene all’impegno socio-sanitario sia in terra di missione sia nelle società più avanzate. Si tratta, in specie, del principio di sussidiarietà e di solidarietà, entrambi convergenti al perseguimento del bene comune. A tale riguardo, e relativamente al principio di sussidiarietà applicato al caso meno conosciuto delle malattie tropicali neglette (o trascurate o dimenticate), si deve forse superare proprio un atteggiamento di assistenza che proviene dall’esterno o dall’estero e che cerca, nel limite del possibile, di coprire o di assolvere ad ogni bisogno, anche sanitario, senza chiedere una fattiva collaborazione e responsabilizzazione delle popolazioni colpite. Ne consegue che anche le politiche sanitarie a livello mondiale e nazionale, nelle diverse forme di collaborazione internazionale, sono chiamate a svolgere un ruolo educativo, di informazione e di formazione per le popolazioni alle quali devolvere adeguati aiuti sanitari, incentivando l’apporto che le popolazioni provate dalle malattie tropicali neglette, pur nelle difficoltà in cui versano, possono offrire nell’assecondare o nel coadiuvare, ad esempio, interventi di carattere igienico-sanitari, che possono efficacemente contrastare la proliferazione epidemica di dette patologie”.

“Di più immediata comprensione, il complementare principio di solidarietà richiama in modo esplicito l’idea dell’unità operosa nel condividere le situazioni degli altri, di ogni altro, chiunque esso sia, nel sentirsi responsabili di quanto di penoso accade ai fratelli, nel progettare e nel realizzare un soccorso efficace in quanto legati da una vicendevole integrazione. L’etica della solidarietà non è riducibile, quindi, ai ruoli sanciti dalle istituzioni sociali, né viene adempiuta da chi si limita a compiere il proprio dovere professionale. L’’altro’ è qualcuno che mi riguarda e mi appartiene al di là di ogni mia o sua qualificazione sociale, economica, religiosa… come emblematicamente emerge dalla parabola del Buon Samaritano (cfr. Lc 10, 25-37). Così la solidarietà non si esaurisce nella pratica della giustizia, che si muove prevalentemente sul piano oggettivo, tende alla perequazione dei diritti e al soddisfacimento dei bisogni, ma ignora in gran parte le dinamiche più profonde del desiderio umano. Solo la carità, emblematicamente evidenziata nell’atteggiamento della parabola evangelica lucana, è in grado di conferire pienezza di senso alla vita di relazione: la solidarietà assume, infatti, i contorni della condivisione (essere-con) e del dono totale di sé (essere-per). La solidarietà, in quanto integra in sé le esigenze della giustizia e quelle della carità, è quindi la virtù che più radicalmente interpreta le domande di senso e di integrazione reciproca tra dimensione ‘personale’ e ‘sociale’ nel quadro di una sintesi dinamica a servizio della realizzazione piena dell’uomo, di ogni uomo, come singolo e come collettività nel perseguimento del bene comune”.

“Inoltrandosi in questo terreno ‘inconsueto’, con questa Conferenza internazionale si intende riaffermare un ruolo specifico e singolare nell’ambito di una nuova cultura che si sta aprendo una breccia nell’alveo del mondo socio-sanitario, nel quale la Chiesa con la sua opera pastorale non può assolutamente esimersi da apportare il proprio costruttivo contributo, non solo pratico, per l’encomiabile opera svolta in passato come ancora al presente in tante realtà di missione e in situazione di emarginazione come in aree economicamente più avanzate, ma anche culturale, per una sensibilizzazione a livello politico, economico, della ricerca scientifica e farmacologica… che investe la coscienza dei responsabili del bene comune, nel quale il valore della salute riveste un ruolo non secondario”.

 

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