21/02/2006, 00.00
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Gao: "La persecuzione contro i cristiani distrugge i nostri valori più puri"

Dopo due anni di lavoro nella provincia settentrionale del Xinjiang, Gao Zhisheng, avvocato ed attivista per i diritti umani, pubblica un lungo rapporto sulla brutale persecuzione dei cristiani non ufficiali e ne abbraccia la fede. Questo è il terzo articolo di una serie su Gao Zhisheng, impegnato in queste settimane in uno sciopero della fame a favore dei diritti umani in Cina.

Pechino (AsiaNews) – "E' tempo di svegliarsi", scrive Gao Zhisheng, famoso avvocato ed attivista per i diritti umani, al termine del suo lungo rapporto sulla persecuzione dei cristiani non ufficiali del Xinjiang dove "ancora una volta" ha visto alzarsi "le pesanti tenebre di una polizia divenuta casta sociale, che usa una brutalità senza scrupoli e distrugge da sola l'ordine sociale".

Il rapporto è frutto di cinque giorni di colloqui con i cristiani non ufficiali di Urumqi e di altre città della provincia - fra il 20 ed il 25 novembre del 2005 - ma nasce nei due anni che Gao passa nel Xinjiang, all'inizio della sua carriera legale. In questo periodo egli, nato povero, diventa avvocato: è qui che presta la sua assistenza legale gratuitamente alla popolazione del posto ed inizia ad interessarsi della condizione dei cristiani, perseguitati dalle autorità perchè non iscritti all'Ufficio Affari religiosi.

"Anno dopo anno – prosegue l'avvocato – l'unica attività che vedo svolgere dalla polizia nei confronti di questa gente è l'interrogatorio tramite tortura, arresti, soppressione". "Chi potrebbe immaginare – si chiede – che questa attività possa essere svolta da adulti civili".

"Il rapporto – spiega – non serve per ricordare a loro stessi la crudeltà che li anima, oramai troppo radicata. Serve a ricordare al mondo il pericolo che si annida nel continuare a tollerare questo gruppo di macellai ed i loro padroni, che distruggono i nostri valori più puri". Nel documento "non sono presenti le testimonianze peggiori, quelle che mi hanno convinto della purezza dei valori cristiani". Molti di coloro che hanno parlato con Gao, infatti, sono "spariti in circostanze misteriose" ed ora l'avvocato "non se la sente di parlare di casi riconoscibili dalle autorità senza l'esplicita autorizzazione degli interessati". "Un accademico – conclude - mi ha ricordato che le sofferenze dei cristiani durano da 56 anni".

Riportiamo di seguito una serie di testimonianze presenti nel documento.

Lianru Ma, cristiano, arrestato nel novembre 2003

"Ci eravamo riuniti, circa 12 persone, nella casa di un anziano membro della comunità per celebrare il Natale e stavamo intonando dei canti. Mentre cantavamo, sono entrati alcuni poliziotti locali, membri dell'Ufficio pubblica sicurezza della contea di Qitai e membri del Dipartimento affari religiosi. Dopo il loro arrivo, ci hanno ordinato di interrompere i canti e ci hanno chiesto chi fosse il leader della comunità. Quando ho dichiarato di essere io il capo, hanno iniziato a fotografare i versetti della Bibbia che avevamo scritto su di una lavagna. Dopo le foto, hanno preso tutti i presenti e li hanno chiusi in una stanza, uno ad uno, per redigere dei verbali scritti. Dopo i verbali, hanno preso me ed un mio fratello e ci hanno chiusi in una camionetta della polizia: nel frattempo, ci hanno levato le cinture dei pantaloni. Arrivati alla stazione di polizia, ci hanno chiusi in una sala conferenze per una perquisizione. Mi hanno interrogato, registrando tutto con una telecamera. Spenta la telecamera, mi hanno fustigato con una cinghia.

Ho risposto a tutte le loro domande mentre sanguinavo ed alla fine mi hanno detto che quello in cui crediamo non è che un culto e che la nostra fede non ha la loro approvazione. Non capisco come sia successo né di cosa sono stato accusato. Da allora mi hanno arrestato senza preavviso diverse volte: ogni giorno mi sveglio pensando di poter, da un minuto all'altro, tornare in prigione.

Lingzhi Xia, cristiana, 63 anni:

Il 5 agosto del 2005, intorno alle 15, mi sono recata ad un incontro di preghiera a Xishan Road. Prima ancora di riuscire a sedermi, un gruppo di poliziotti è entrato nella stanza ed ha iniziato a perquisirci: nessuno poteva uscire dalla stanza. Dopo questa operazione, mi hanno portata via, nel centro di detenzione femminile di Liudaowa, ad Urumqi. Mi è stata notificata una condanna a 15 giorni di carcere per "aver messo in pericolo la sicurezza dello Stato". Mi hanno interrogato 10 volte. Ero confusa ed impaurita, preoccupata per mio marito e mio figlio, a casa senza notizie. Ho sofferto di disagi alle coronarie e pressione alta.

Il 31 agosto mio figlio si è recato nell'ufficio della brigata Guobao, dove un ufficiale gli ha detto che ero nella lista ricercati del ministero della Pubblica sicurezza statale: al suo ritorno a casa, era terrorizzato. Soffrendo di alta pressione, come me, questa notizia gli ha provocato un'emorragia cerebrale: trasportato di corsa all'ospedale, è morto. Sono stata rilasciata il 2 settembre.

Qimiao Tong, cristiano

La mattina del 28 settembre del 2005 sono stato chiamato dal Ministero cinese per la sicurezza statale che mi ha imposto di recarmi immediatamente nel loro ufficio locale. Non avevo alcuna idea sul motivo della convocazione, pensavo di dover fornire qualche testimonianza pubblica. Sono arrivato ai cancelli dell'ufficio intorno alle 11 del mattino ed Ai, l'uomo che mi aveva telefonato, mi ha portato al secondo piano di un edificio sul retro dell'isolato. Appena entrato, ho visto due uomini, un uighuro [etnia della regione settentrionale del Xinjiang ndr] ed un Han, entrambi di circa 30 anni, che mi aspettavano.

Stringendo loro la mano, mi sono scusato per il ritardo ed uno di loro mi ha risposto: "Chi ti credi di essere? Ti abbiamo salvato la faccia convocandoti qui, quando potevamo venirti a prendere con una camionetta e metterti una cuffia per le orecchie [metodo di arresto tradizionale per i terroristi ed i pericolosi criminali ndr] davanti a tutti! Ti seguiamo da più di un anno per i tuoi crimini". Io ho risposto che, davanti a delle prove, avrei subito l'arresto anche subito: Wang, l'uomo di etnia Han, dopo questa risposta mi ha dato un calcio nel torace. Il dolore era talmente forte che non riuscivo a parlare.

I miei inquisitori mi hanno portato in un centro di detenzione dove ho chiesto una visita medica, che mi è stata negata. I tre uomini mi hanno chiuso in una stanza dove non riuscivo neanche a rimanere sdraiato per il dolore. Dopo non so quanto tempo, mi hanno riportato nell'ufficio per la sicurezza statale, dove – dopo aver parlato fra di loro – mi hanno detto: "Bene, è quasi festa nazionale [il National day ndr] e quindi ti lasceremo andare. Se avremo ancora bisogno di te, verremo a prenderti". Sono uscito quasi strisciando per il dolore, ed ho chiamato mia moglie per farmi portare al Pronto soccorso. Il calcio mi aveva spezzato alcune costole.

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