24/07/2017, 08.51
RUSSIA
Invia ad un amico

Ha compiuto 90 anni Ljudmila Alekseeva, la ‘madre dei diritti umani’

di Vladimir Rozanskij

È la fondatrice del “Gruppo di Helsinki” a Mosca, per difendere i diritti umani nell’Unione sovietica. Ha collaborato con il nuovo corso, ma si è poi dimessa. La sua posizione critica verso l’invasione della Crimea. Difende la libertà religiosa anche per i Testimoni di Geova. Vladimir Putin le ha fatto visita il giorno del suo compleanno. Lei gli ha chiesto la liberazione di Igor Izmestev, in carcere da 12 anni.

Mosca (AsiaNews) - Il 21 luglio ha compiuto 90 anni una delle personalità leggendarie del dissenso del ‘900 in Unione Sovietica: la fondatrice e leader del “Gruppo di Helsinki” di Mosca, Ljudmila Alekseeva. La “madre dei diritti umani”, come è stata nominata, ha festeggiato il giubileo con la cerchia degli amici più stretti, per lo più collaboratori del movimento dei “difensori dei diritti” (pravozaščitniki).

La Alekseeva è nota per aver fondato, insieme ad altri, il gruppo nato a metà degli anni ’70, dopo la firma del trattato di Helsinki del 1975, che sanciva l’inviolabilità dei diritti dell’uomo alla libertà di espressione, di aggregazione e di confessione religiosa. Il trattato fu firmato anche dall’Urss, in seguito a un delicato lavoro diplomatico in cui s’impegnarono diversi Stati, tra cui il Vaticano, in quella che venne definita la linea della Ostpolitik. Dopo di ciò, i dissidenti russi si appellarono a quegli accordi come base normativa delle loro richieste, aprendo nelle varie repubbliche dell’impero i cosiddetti “Gruppi di Helsinki”.

Nella nuova Russia postcomunista, Ljudmila Alekseeva è stata cooptata nel 2002 come membro della Commissione per i diritti dell’uomo presso la Presidenza della Federazione Russa, divenuta in seguito Consiglio del Presidente per lo sviluppo dei diritti dell’uomo nella società civile, da cui si dimise nel 2012 per contrasti sulle procedure della sua composizione.

La lotta per i diritti umani in Russia rimane fino ad oggi un compito ingrato e piuttosto complicato. Nell’agosto del 2004, Alekseeva e il suo collega Andrej Jurov furono minacciati dal leader della ”Unione slava”, Dmitrij Djomushkin, che inviò loro un foglietto con la figura di un cecchino che fissava tre obiettivi: “Ghirenko, Jurov, Alekseeva”. Nikolaj Ghirenko, professore di San Pietroburgo, fu trovato ucciso nel luglio 2004, all’interno del proprio appartamento. Altri episodi di violenze e minacce si sono susseguiti negli ultimi anni, compresa un’aggressione alla stessa Alekseeva. Nel settembre 2014, dopo le prime avanzate di “volontari” russi in Ucraina, la famosa dissidente ha sottoscritto una dichiarazione con cui chiedeva di “fermare l’avventurismo degli invasori”. Nel marzo di quest’anno è anche intervenuta a “Radio Svoboda” contro le repressioni dei “Testimoni di Geova”, difendendo la libertà di confessione religiosa nel Paese.

Proprio alla storica radio, voce del dissenso sovietico e russo da quasi cinquant’anni, la Alekseeva è intervenuta anche nel febbraio 2016, proponendo alle forze liberali russe di unirsi per costruire una vera opposizione al regime autoritario. Essa ha spiegato che, pur non essendosi mai occupata di politica, oggi sente una forte preoccupazione per il futuro del Paese: “Se questo 14% di democratici russi non fa sentire la propria voce, non so che cosa sarà del Paese e di ciascuno di noi”. Alla domanda da quale statistica avesse tratto quella percentuale, Alekseeva ha ricordato che “l’86% ha dichiarato il proprio appoggio all’annessione della Crimea [allo slogan “la Crimea è nostra”, Krym-nash], quindi il 14% si è rifiutato di farlo… per noi, queste sono persone non infettate dalla sindrome imperiale”.

Il consenso alla politica putiniana, in effetti, viene valutato in dimensioni che una volta si sarebbero chiamate “bulgare”, e oggi vengono definite anche “ortodosse”, visto che anche la percentuale dei fedeli della religione ufficiale viene calcolata al di sopra dell’80% della popolazione. La minoranza restante viene spesso identificata con le minoranze etniche, che spesso sono anche minoranze religiose, di cui si ammettono le “confessioni secondarie” indicate nell’apposita legge: musulmani, buddisti, ebrei, con qualche spruzzata di protestanti e cattolici. Peraltro a livello politico, i seguaci dell’islam e del buddismo tradizionale vengono associati alle posizioni nazionaliste degli ortodossi, mentre i discepoli delle altre comunità religiose sono spesso tacciati di comportamenti sovversivi, in quanto membri di “sette distruttive” come i Testimoni di Geova, ormai fuorilegge nel Paese.

Si tratta di un consenso non necessariamente “gonfiato”, anche se spesso le percentuali sono proclamate con enfasi propagandistica, più che con accuratezza statistica. È il tipico consenso inerte e acritico delle fasi più immobiliste della storia russa, compresa la fase sovietica. Anche la devozione ortodossa, pur alimentata da grandi eventi pubblici e coltivata da volonterosi programmi di formazione spirituale, spesso si riduce a una lealtà puramente esteriore alla Chiesa patriarcale, vista come istituzione di garanzia e di custodia ideologica del potere.

Se il Patriarca ortodosso Kirill (Gundjaev) cerca in ogni modo di sfuggire al ruolo “cesaropapista” di cortigiano e sacerdote dell’impero, affrancandosi dalla politica in nome dell’autentica tradizione evangelica e spirituale, lo stesso presidente Putin non vuole ridursi all’immagine del tiranno e del prevaricatore. Pur impersonando in qualche modo l’eredità dell’autocrazia zarista e sovietica, il presidente cerca anche di sottolineare il suo debito nei confronti degli eroi della libertà e della democrazia, come fu nei confronti del suo mentore, Aleksandr Solženicyn. Anche per questo egli ha voluto onorare Ljudmila Alekseeva, recandosi in visita a casa sua per farle personalmente gli auguri.

La grande madre dei democratici russi ha offerto al sovrano una coppa di champagne accompagnato da frutta e pasticcini, ricordando di “essere ancora cittadina di questo Paese”. Con un gesto simbolico di auto-umiliazione, Alekseeva si è chinata a baciare le mani di Vladimir Putin, implorando la grazia per l’ex-senatore della Bashkiria Igor Izmestev, in carcere da 12 anni, figura scomoda, secondo molti ingiustamente accusato di crimini. Se la democrazia non funziona, la “madre Russia” cerca almeno di appellarsi alla misericordia.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Poso, violenze anticristiane: estremisti incendiano una chiesa protestante
23/10/2012
Avvistata in un porto somalo la petroliera saudita dirottata
18/11/2008
Mosca vuole chiudere anche il Gruppo Helsinki
22/12/2022 08:51
La Religione diventa materia obbligatoria in tutte le scuole russe
14/02/2012
Tibet: giovane monaco 19enne si dà fuoco. La polizia cinese arresta un attivista
14/02/2012


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”