04/03/2008, 00.00
IRAQ
Invia ad un amico

I rapitori del vescovo di Mosul alzano la posta in gioco

Ieri sera, in una nuova telefonata, hanno aumentato il prezzo del riscatto e indicato condizioni “che complicano il caso”. Della buona salute del vescovo, sequestrato il 29 febbario, continuano a non esserci garanzie. Il nuovo scenario fa pensare che non si tratti di semplici criminali interessati al denaro. Messaggio del premier iracheno al Patriarca caldeo.
Mosul (AsiaNews) – Alzano il prezzo del riscatto e dettano “condizioni politiche” gli uomini che hanno in mano, dallo scorso 29 febbraio, l’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Paulos Faraj Rahho. Lo riferiscono ad AsiaNews fonti irachene vicine ai mediatori, che stanno trattando per il rilascio. Ieri nel tardo pomeriggio è arrivata una nuova telefonata. Il gruppo, che tiene ostaggio il vescovo, usa il cellulare di mons. Rahho per comunicare, ma del suo stato di salute non ha ancora dato prove. “Sembra quasi che la liberazione  – dicono in forma anonima da Mosul – sia passata in secondo piano nelle loro richieste e le condizioni che hanno posto complicano molto il caso, facendoci pensare che non si tratti di semplici criminali interessati al denaro”. Aumenta l’apprensione per l’ostaggio, che a 67 anni soffre di diversi disturbi, che lo obbligano a cure mediche quotidiane.
 
Nella diocesi e in tutto l’Iraq si continua a pregare per la salvezza di mons. Rahho, mentre le tv locali trasmettono in continuo gli appelli dei leader cristiani e del Papa per il suo rilascio. Ampio spazio è dato pure alle condanne di esponenti sciiti e sunniti del sequestro, “contrario ad ogni principio dell’islam”. Oggi il primo ministro iracheno, Nuri al Maliki, ha specificato che “attaccare i cristiani significa attaccare gli iracheni stessi”. In un messaggio inviato al card. Emmanuel III Delly, patriarca dei caldei, il premier riferisce di aver dato istruzione “al ministero dell’Interno e alle agenzie di sicurezza nella provincia di Niniveh di lavorare duro per garantire il prima possibile la liberazione dell’arcivescovo di Mosul”. Il card. Delly è da poco rientrato a Baghdad da Amman.
 
L’arcivescovo è stato rapito venerdì scorso, dopo avere celebrato la Via Crucis nella chiesa dello Spirito Santo, nella parte orientale della città. Nell’agguato sono stati uccisi tre uomini che viaggiavano con lui in auto. Roccaforte sunnita nel nord del Paese, Mosul è praticamente sotto il controllo di terroristi e milizie religiose. Solo da poche settimane il governo di Baghdad e le forze Usa hanno deciso di lanciare un’operazione militare per “ripulire” la zona. Della situazione la gente soffre indipendentemente dall’appartenenza religiosa. Ma i cristiani vengono messi ancora davanti a scelte ben precise, oltre alla fuga: la conversione all’islam; il pagamento della jizya - la tassa di "compensazione" chiesta dal Corano ai sudditi non-musulmani - o la morte.
 
Foto credit: p. Amer Youkhanna
TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Non cali il silenzio sul vescovo di Mosul
11/03/2008
Mosul, attesa per nuovo contatto con i rapitori del vescovo
06/03/2008
Anche i leader musulmani chiedono il rilascio del vescovo di Mosul
03/03/2008
Arcivescovo di Mosul, i rapitori ribadiscono le loro condizioni
07/03/2008
Sepolti a Karamles i tre cristiani uccisi nel rapimento del vescovo di Mosul
01/03/2008


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”