12/11/2025, 13.42
SRI LANKA
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Cristiani e buddhisti ricordano p. Mike, martire per i poveri

di Melani Manel Perera

Nel villaggio di Buttala, dove era andato a vivere per difendere i diritti degli ultimi, resta viva la memoria del missionario degli Oblati di Maria Immacolata ucciso il 10 novembre 1987. I monaci: 'Gli anziani ricordano la luce che portò tra noi'. Il confratello p. Shanil: "Riscopriamo che cosa lo spingeva a vivere in quel modo, con una testimonianza che resta attualissima oggi". 

Colombo (AsiaNews) - “L’incarnazione non è solo un concetto teologico. Dare la vita per la propria gente non sono solo parole. P. Mike ce lo ha insegnato con la sua testimonianza che rimane viva”. Con queste parole gruppi cristiani, sacerdoti degli Oblati di Maria Immacolata, religiosi della zona e non cristiani del villaggio di Buttala hanno ricordato e commemorato in questi giorni la figura di p. Michael Paul Rodrigo, un sacerdote cattolico ucciso a colpi di arma da fuoco il 10 novembre 1987. Una testimonianza attualissima alla vigilia ormai della Giornata mondiale dei poveri che la Chiesa vivrà in tutto il mondo domenica 16 novembre.

Missionario degli Oblati di Maria Immacolata, p, Mike fu assassinato nella sua abitazione, conosciuta come Suba Seth Gedara - la “Casa di chi desidera il bene" - per la sua opera in difesa della giustizia tra la gente poverissima di Buttala, nell’area di Uva-Monaragala. Vivendo fino in fondo il suo ministero di sacerdote, scelse di condividere la vita con i più sfortunati e gli oppressi: non aveva paura di parlare contro abusi e ingiustizie, mostrando “un nuovo modo di essere cristiani”.

Il villaggio di Butalla ospitava una numerosa popolazione buddhista, ma p. Michael offrì un servizio straordinario a tutti senza alcuna discriminazione religiosa. Un atteggiamento che anche i monaci del Buttala Purana Raja Maha Viharaya hanno voluto ricordare, eseguendo rituali e recitato il Pirith (una preghiera buddhista) in sua memoria. “Anche se non lo abbiamo conosciuto personalmente, sappiamo dai genitori e dagli anziani del villaggio quanto servizio abbia reso alla nostra gente durante la sua vita, portando luce al villaggio”, ha detto l’abate.

“Ho incontrato p. Mike quando eravamo studenti nel Seminario nazionale. Abbiamo imparato da lui, non in una aula, ma attraverso la vita. La sua vita ci sfida ancora oggi ogni giorno”, ha raccontato ad AsiaNews, Ajith Hadley Perera che fu suo studente e oggi è un attivista sociale laico.

P. Rodrigo difese i diritti dei contadini durante l’esproprio delle terre da parte della Pelawatte Sugar Factory. Per questo iniziarono minacce di morte nei suoi confronti. Nel 1987 lo Sri Lanka era ferito dal terrore diffuso: un momento perfetto per zittire la sua, perché era facile attribuire l’omicidio a ribelli o a sconosciuti armati. Lui decise di non abbandonare comunque i poveri. Un sicario sconosciuto lo colpì alla testa attraverso una finestra. “Quella dedizione così straordinaria ha dato alle nostre vite una forza e un potere immensi”, ricorda Ajith Hadley.

P. Shanil, sacerdote degli Oblati di Maria Immacolata, ricorda che quando il suo confratello p. Mike iniziò la sua vita a Suba Seth Gedara a Buttala il dialogo buddhista-cristiano o il “dialogo della vita” non erano termini comuni. Tuttavia, lui compì un passo coraggioso in quella direzione - non limitandosi a restare un intellettuale (cosa che certamente era già a quel tempo) a discutere somiglianze e differenze dottrinali - ma decidendo di vivere in un villaggio buddhista remoto condividendone le difficoltà quotidiane.

Insieme alle suore Milburga e Benedicta e ad altri volontari, p. Mike organizzò campagne sanitarie, reinserì scolari abbandonati a scuola, costruì strutture Montessori, avviò una biblioteca, formò infermiere senza scarpe e introdusse medicine tradizionali prodotte nel villaggio. “Se noi sacerdoti e religiosi dello Sri Lanka oggi vogliamo trarre ispirazione dalla sua vita e dalla sua missione – riflette p. Shanil - non possiamo limitarci a fare il lavoro che lui faceva. Dobbiamo invece riflettere su che cosa lo spingesse a vivere in quel modo”.

Immaginava una Chiesa profondamente radicata in questa terra, condividendo le difficoltà della gente - cattolici o buddhisti, singalesi o tamil - e lavorando davvero per migliorare le loro vite. Questo è ciò che chiamava “dialogo della vita”. “Questa visione di p. Mike - conclude il confratello - resta necessaria ancora oggi, e lo sarà per molte generazioni a venire in questo Paese multireligioso e multietnico dove la maggior parte della gente vive ancora sotto la soglia di povertà”.

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