10/01/2005, 00.00
GIAPPONE – ASIA
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Il 2005: l'anno della Grande Asia?

di Pino Cazzaniga

È il sogno dell'unità asiatica, accarezzato da oltre un secolo. Ma Cina e Giappone lottano per l'egemonia e rischiano di bloccarne lo sviluppo.

Tokyo (AsiaNews) - Nei media dell'Asia si diffonde sempre più l'espressione "Comunità dell'Asia orientale", sintetizzata nella sigla EAC (East Asia Community). Il prossimo novembre 2005 i leader delle 10 nazioni del gruppo ASEAN (Association of South East Asian Nations), della Cina, del Giappone e della Corea del sud si raduneranno a Kwala Lumpur (Malaysia) per il "primo" vertice dell'Asia orientale. Il meeting è talmente significativo che alcuni media già definiscono l'anno 2005 come il primo anno dell'EAC. In realtà sul piano istituzionale tale comunità non esiste ancora ma molti indizi fanno pensare che il sogno di una unità asiatica, vecchio di almeno cento anni, stia per diventare realtà.. Ne indichiamo lo sviluppo.

Speranza e delusione

L'1 gennaio 1905 il generale Anatolii Stessel, comandante dell'esercito russo a Port Arthur si arrese alle truppe giapponesi. Sei mesi più tardi il Giappone confermava la vittoria sulla Russia distruggendone la potente "flotta del Baltico" nel Mar del Giappone. Sun Yat-sen, il rivoluzionario cinese che rovesciò la Dinastia Qing, fu informato della vittoria dell'esercito nipponico mentre si trovava in Europa. Nel viaggio di ritorno in patria , sostando in alcuni stati arabi, fu accolto con giubilo dai rispettivi leaders. "Una nazione asiatica, dissero, ha sconfitto una potente nazione occidentale. Dobbiamo seguirne i passi".

Agli occhi dei nazionalisti asiatici il Giappone era apparso come il portabandiera del movimento di riscossa dell'Asia contro l'imperialismo dell'Occidente. Non ci è voluto molto tempo per rendersi conto del tragico abbaglio. Nel novembre dello stesso anno il Giappone privava la Corea del diritto di svolgere una propria politica internazionale e cinque anni dopo se l'annetteva.. Con l'incidente di Manciuria (1931) e con quello del "ponte di Marco Polo" a Nanchino seguito dal nefando massacro nella città (1937), il Giappone si assicurò le basi di partenza per realizzare il folle piano della conquista della Cina.

Rinasce la speranza nel sud-est

Per opera di una nazione orientale il sogno dell'unità dell'Asia sembrava distrutto ma era solo assopito. Alla fine degli anni sessanta esso è tornato alla ribalta per merito di quattro nazioni del sud-est, Tailandia, Indonesia, Filippine e Singapore, che decisero di associarsi per rendere robusta la loro economia e stabile la sicurezza nazionale. mantenendo la loro indipendenza dei confronti delle potenze sia occidentali (USA) che asiatiche (Cina e Giappone).  È così nata l'ASEAN. Ma poi si è verificata un'eterogenesi dei fini. Al di là delle previsioni l'associazione è divenuta il nucleo della costituenda Comunità dell'Asia orientale. incorporando alcuni paesi come il Vietnam, il Laos e la Cambogia, dai quali all'inizio l'associazione intendeva difendersi. Ma c'e' di più. Cina e Giappone vi si sono inserite costruttivamente tanto che durante i vertici annuali dell'Associazione oggi si parla sempre di ASEAN+3 (compresa la Corea del Sud).

In questo settore va preso atto di una sostanziale conversione del Giappone. Circa 70 anni fa il governo imperialista di Tokyo, sfruttando il sogno dell'unità dell'Asia, aveva proposto alla regione il piano "Sfera di co-operazione della grande Asia", che in realtà era un programma d'imperialismo. Oggi l'atteggiamento è sostanzialmente  mutato. Un esempio: nel 1997 l'ASEAN arrischiava di sfasciarsi in seguito alla grave crisi economica che l'aveva colpita . La crisi è stata risolta grazie al contributo finanziario e all'assistenza tecnica del Giappone.

Il cancro dell'egemonismo

Sun Yat-sen in una conferenza tenuta a Kobe (Giappone) nel 1924 aveva contrapposto la "legge del diritto" alla "legge della forza" aggiungendo che la prima è caratteristica dell'Oriente e la seconda dell'Occidente e mettendo in guardia il Giappone. contro il pericolo di cadere nella trappola della filosofia politica occidentale. Il Giappone vi è cascato. L'avvertimento del padre della nuova Cina  è tutt'altro che superato e questa volta dovrebbe essere rivolto non solo al Giappone ma anche e soprattutto alla Cina. Senza la loro partecipazione la Comunità dell'Asia orientale non potrà mai decollare. Ma la collaborazione difficilmente può continuare se i due colossi non sono in armonia tra loro. Purtroppo non lo sono. Pechino non perde occasione per ricordare al Giappone il suo passato delittuoso, e Tokyo è altrettanto zelante nel presentare la Cina come una minaccia alla sicurezza dell'Asia dato il suo arsenale militare in aumento. La Cina fatica a liberarsi dal complesso del "regno del centro" e il Giappone da quello di "primo della classe", almeno in Asia.

Di fronte a queste e altre difficoltà parecchi vanno sussurrando che la formazione della comunità dell'Asia orientale e' una bella utopia senza futuro. L'editorialista dell'Asahi Shimbun reagisce vivacemente al pessimismo disfattista. "Ogni grande evento storico, scrive citando un filosofo, è sempre iniziato con un' idea utopica che poi è finita per diventare realtà". E, indicando l'istituzione della Grande Europa ritenuta pura utopia sessant'anni fa, esorta gli asiatici a non desistere dal sognare.

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