04/03/2010, 00.00
PAKISTAN
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Islamabad, jihad in internet: accuse di terrorismo per cinque studenti Usa

di Fareed Khan
I giovani provengono dalla Virginia e sono di origine pakistana, yemenita, egiziana ed eritrea. Essi sono incriminati per “cospirazione con finalità terroristiche”. Se riconosciuti colpevoli, rischiano l’ergastolo. Il 10 marzo il tribunale di Sargodha si pronuncerà sul rinvio a giudizio. Esperti pakistani: internet è un salto di qualità nella guerra dei fondamentalisti.
Islamabad (AsiaNews) – Il 10 marzo prossimo compariranno in tribunale cinque giovani statunitensi, accusati di “cospirazione con finalità terroristiche”. Gli studenti, tutti sulla ventina e provenienti dalla Virginia, sono rinchiusi dal dicembre scorso nel carcere di Sargodha, città 190 km a sud-est di Islamabad. Secondo il fascicolo di indagine aperto dalla polizia pakistana, essi avrebbero contattato gruppi di militanti via internet, al fine di organizzare un attentato.
 
Hassan Dastagir, legale degli studenti, precisa al quotidiano pakistano The Dawn che al momento, nei loro confronti, non è stata ancora emesso un capo di imputazione formale. Tuttavia, le forze dell’ordine hanno depositato un documento dettagliato al tribunale di Sargodha, in attesa del pronunciamento dei magistrati. Nel rapporto si parla di “cospirazione con finalità criminali”, aggiunge l’avvocato, con il proposito di spostarsi nei Paesi confinanti “per rovesciare il governo” in carica e “raccogliere denaro” per finanziare attentati.
 
I giudici dovrebbero accogliere l’accusa formale – e decretare il rinvio a giudizio – il prossimo 10 marzo. In precedenza i giovani, davanti ai magistrati, avevano affermato di voler fornire medicine e aiuti economici ad amici musulmani che vivono in Afghanistan. Se riconosciuti colpevoli, avverte Hassan Dastagir, rischiano la condanna all’ergastolo.
 
La polizia ritiene invece che il gruppo era diretto oltreconfine per unirsi alla guerriglia talebana, nella lotta contro il governo di Kabul e le forze della coalizione. Essi sono cittadini americani, ma di origini diverse: due pakistani, un egiziano, uno yemenita e un eritreo. Le e-mail inviate dai giovani, rivelano gli investigatori, mostrano “contatti con militanti pakistani, che avevano intenzione di utilizzarli per pianificare attacchi in Pakistan”.
 
I cinque imputati accusano la polizia pakistana e il Federal Bureau of Investigation Usa (Fbi) di torture. Un’accusa smentita con fermezza dalle autorità di Islamabad, che negano qualsiasi maltrattamento.
 
Ahmed Rashid, autore del libro “Discesa nel Caos” sui fatti pakistani ed esperto di talebani, sottolinea come la vicenda rappresenti “un impressionante sviluppo” della strategia dei terroristi, che usano le moderne tecnologie per reclutare nuovi adepti. Pervez Hoodhbhoy, docente di fisica pakistano, punta il dito contro le scuole religiose, le madrassa, alcune delle quali sono “terreno fertile per l’estremismo”. Egli ha ricevuto minacce di morte dai fondamentalisti, ma non si scompone e rilancia: “internet ha fornito loro nuovi legami per gruppi jihadisti di tutto il mondo”.
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