29/12/2007, 00.00
PAKISTAN
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La Chiesa pakistana piange la perdita della Bhutto

di Qaiser Felix
Crescono le critiche contro il governo, mentre al Qaeda smentisce ogni responsabilità. Cordoglio, solidarietà e inviti all’unità da vescovi e fedeli in tutto il Paese. Il desiderio di continuare la marcia verso la libertà e la democrazia e il timore per le immediate conseguenze.

Lahore (AsiaNews) – L’Arcivescovo Lawrence Saldanha, presidente della Conferenza episcopale pakistana, ha espresso ieri “il profondo shock e dolore” suo e della Chiesa pakistana per l’assassinio della leader dell’opposizione Benazir Bhutto, definita “un leader coraggioso, liberale e progressista” molto impegnata a favore dei poveri e degli oppressi. Ha condannato con forza gli estremisti autori dell’omicidio, avvenuto due giorni fa durante un comizio elettorale a Rawalpindi.

 “Preghiamo per la sua anima – prosegue il documento - e offriamo sincere condoglianze alla famiglia in questo momento di dolore. Possa la sua anima riposare nella pace”.

“Lei – ha detto – ha dato voce a chi non l’aveva. Era immensamente popolare nella minoranza cristiana”. “Speriamo che la sua lotta per la pace, la giustizia, la democrazia e la libertà dell’uomo comune sia continuata da tutti i pakistani. Lavoriamo insieme per realizzare il suo sogno per un Paese giusto e prospero”.

“Profondo dolore” è stato espresso anche dal Papa Benedetto XVI, in un messaggio inviato a mons. Saldanha e indirizzato alla famiglia della Bhutto e all’intera Nazione (vedi AsiaNews del 28 dicembre).

Sempre ieri, la Commissione nazionale Giustizia e Pace della Chiesa cattolica pakistana ha condannato l’assassinio, definito “un atto contro l’intera Nazione”.

Nel documento emanato da mons. Saldanha e da  Peter Jacob, segretario della Commissione, oltre a esprimere il profondo dolore del Paese, ci si interroga sull’effettivo impegno dello Stato contro l’estremismo e si invita il governo a rivedere la propria politica, in quanto non è possibile combattere il terrorismo senza riconoscere la dovuta libertà alla società civile. A questo fine occorre stabilire uno stato di diritto, nel quale anche le forze di sicurezza rispondano per gli errori e le omissioni.

La reiterazione degli attentati esplosivi – prosegue la dichiarazione - dimostra la pretesa di impunità dei terroristi che uccidono persone innocenti. E’ espressa l’esigenza che ci siano sollecite indagini su questo tragico attentato e sia assicurata giustizia contro chi lo ha organizzato.

“Porgiamo le nostre più sentite condoglianze alla famiglia di Benazir Bhutto e al suo partito e auguriamo loro di vivere questi tempi difficili con coraggio e perseveranza. Siamo convinti che la società civile pakistana e la Commissione Giustizia e Pace affronteranno unite gli abusi dei diritti umani e lavoreranno insieme per realizzare nel Paese lo stato di diritto e la democrazia. Invitiamo la popolazione a rimanere pacifica e unita per rispetto di una persona che ha combattuto con coraggio contro l’odio e la divisione”.

Nell’intero Paese i cattolici offrono messe e preghiere per la Bhutto e la Nazione. A Toba Tek Singh, centro vicino a Faisalabad, circa 400 cattolici hanno partecipato a un momento di preghiera in commemorazione e molti altri non hanno potuto andarci per i problemi dei trasporti; i fedeli sono sfilati in processione per le vie, cantando inni. Padre Bonnie Mendes, che ha tenuto il servizio, ha detto ad AsiaNews che il governo deve ora pensare a garantire la sicurezza dei cittadini, piuttosto che alle elezioni dell’8 gennaio, perché se nemmeno è riuscito a garantirla alla Bhutto, ci si deve chiedere quanto sia sicuro ogni cittadino. “La scorsa notte – ha aggiunto – sono stato in una campo del Partito della Bhutto a Toba. La gente piangeva e mi ha abbracciato, chiedendomi di pregare per tutti noi e di fare qualcosa per il Pakistan”.

Padre Aftab James Paul, direttore del dialogo interreligioso a Faisalabad, ricorda che la Bhutto era un simbolo di speranza per l’intero Paese e soprattutto per le donne, per le quali è sempre stata anche un modello di vita. La sua perdita è grave per il Paese anche perché non ha molti politici di simile statura. Inoltre la disperazione e il dolore per questo omicidio hanno scatenato violenze che aumentano le difficoltà interne. Infine, osserva che il Pakistan si ritrova preda di estremismo e terrorismo, che ancora ostacolano il lento cammino verso la democrazia che sembrava potersi realizzare.

Negli scontri seguiti alla morte della Bhutto si sono avuti almeno 33 morti, compresi 4 poliziotti. Nell’intero Paese proseguono episodi di violenza, incendi, scontri e danneggiamenti. Ieri in molte grandi città sono stati sospesi i servizi internet e telefonici, dopo un danneggiamento ai cavi a fibre ottiche vicino Nawabshah.

Hina Jillani, presidente nel Punjab della Commissione del Pakistan per i diritti umani, ha parlato de “l’ora più oscura nella storia pakistana” e ha chiesto  un rinvio delle elezioni, perché l’omicidio dimostra una grave carenza del sistema di sicurezza pubblica.

“Al momento dell’attentato – osserva - non c’erano poliziotti o forze di sicurezza vicino al veicolo della Bhutto o nelle vicinanze”. “Ci sono seri dubbi sulle carenze della sicurezza e il governo deve dare risposte al Pakistan e anche al mondo”. Osserva che, invece, le misure di sicurezza sono sempre state adeguate per il presidente Pervez Musharraf e gli altri leader del governo, mai vittime di attentati.

Intanto cresce la polemica su chi siano gli autori dell’attentato. Ieri Javed Iqbal Cheema, portavoce del ministro degli Interni, ha dichiarato che “intercettazioni dei servizi segreti indicano che il leader di al Qaeda Baitullah Mehsud è dietro l’omicidio”. Mehsud è ritenuto avere base nella regione pakistana del Waziristan meridionale, vicino al confine afghano. Ma in seguito Maulvi Omar, portavoce di Mehsud, telefonando da una località ignota ha smentito l’accusa “con forza. Abbiamo i nostri costumi tribali. Noi non colpiamo le donne”. Il Partito pakistano del popolo della Bhutto pure risponde che il governo deve mostrare “prove sicure” e lo accusa di volere solo “coprire il proprio fallimento” nel garantire alla donna la necessaria sicurezza.

Manca persino una versione ufficiale dell’attentato. Cheema ha smentito che la Bhutto sia stata uccisa da proiettili aggiungendo che “ha battuto la testa contro la leva del tetto apribile della sua auto, con probabilità quando ha tentato di ripararsi dentro il veicolo”.

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