08/06/2010, 00.00
TURCHIA-ASIA
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La controversia tra Turchia e Israele rischia di condizionare il vertice CICA

di NAT da Polis
Aperto a Istanbul il terzo summit dell’organizzazione, che comprende 20 Stati asiatici. Il primo ministro turco Erdogan mostra di voler indirizzare i lavori in senso anti-israeliano. Il premier all’attacco anche sul fronte interno. Giornalisti turchi ipotizzano cge potrebbe anche decidere di salire personalmente su una nave diretta a Gaza.
Istanbul (AsiaNews) - I contrasti tra Turchia ed Israele, causati dall’attacco alla flottiglia diretta verso Gaza, rischiano di condizionare il 3° summit della CICA (Conference on Interaction and Confidence Building Measures in Asia), iniziato ieri ad Istanbul. Questa organizzazione è stata creata, su proposta del presidente del Kazakistan, Nazarbaiev, nel 1992 e ha assunto la sua forma attuale nel 2002. La CICA comprende 20 Stati, che per statuto devono far parte del continente asiatico - 3,2 miliardi di abitanti, il 45% della popolazione mondiale – dei quali solo la Russia è di religione cristiana, e viene considerata l’equivalente dell’OCSE per l’Asia, mentre alcuni giornalisti turchi è “il vertice dei non allineati del 21mo secolo”.
 
Al summit i 20 Stati membri sono rappresentati dai ministri degli esteri, con l’unica assenza di Israele, che ha dichiarato che sarà ripresentato dal suo ambasciatore ad Ankara, mentre saranno presenti oltre al presidente turco Gul e al primo ministro Erdogan, il primo ministro russo Putin, Mahmoud Abbas (Palestina) e i presidenti Ahmadinejad (Iran), Aliev (Kazakhstan), Karzai (Afganistan) e Assad (Siria) più 7 Paesi osservatori, come USA, Giappone, Vietnam, Indonesia, Ucraina, Malaysia e chiaramente ONU e varie altre organizzazioni internazionali. Attualmente l’organizzazione è presieduta dal Kazakhstan , mentre la Turchia assumerà la presidenza per i prossimi due anni.
Già dalle prime dichiarazioni del ministro degli esteri turco, fatte l'altro ieri durante il vertice della Conferenza islamica a Gedda, in Arabia Saudita, si percepisce il clima dei lavori, quando ha dichiarato: che l’attacco di Israele contro il convoglio diretto a Gaza costituisce “il nostro 11 settembre”, motivo per cui il summit sarà incentrato sugli ultimi avvenimenti.
 
Sullo stesso tono ha continuato anche Erdogan, il quale insiste nel chiedere l’attivazione di una commissione dell’ONU per esaminare l’accaduto e dal cui esito dipenderanno le relazione turco-israeliane. E poi, rivolgendosi ai sostenitori interni di Israele ha detto: “è tempo di smetterla di diffondere notizie false per sostenere le posizioni di Israele”. Circoli diplomatici di Istanbul ritengono che Erdogan si riferisse a due giornali: Hurriyet, su posizioni vicine ai turchi “donmè” (cosi sono chiamati i turchi di origine ebraica, per la maggiore parte seguaci del falso messia Sabbatai Sevi, convertiti nel 1660 su pressione del sultano - pena la morte - alla regione islamica, divenuti parte dell’elite turca e sicuramente di orientamento kemalista . Ultima eminente figura politica di tale gruppo, il defunto ministro degli esteri Ismail Cem. Hurriyet ha sostenuto le tesi di Israele, secondo cui sulla nave, gli attivisti erano dei terroristi. L’altro giornale è Cumhurriyet, il giornale per definizione dei kemalisti.
 
Sempre gli stessi ambienti notano che esiste un forte ricompattamento del partito AKP attorno il suo leader Erdogan, mentre alcuni suoi quadri fanno ricordare che non bisogna dimenticare l’affare Balyoz (portato alla luce nel novembre del 2009 e non disgiunto dall’affare Ergenekon, secondo cui lo Stato profondo aveva progettato assassini di elementi cristiani addossandone la colpa agli islamici). D’altra parte non va dimenticato che la Turchia vive la sua transizione politica interna, sostenuta da una forte crescita economica e da una sempre crescente importanza geopolitica e che sta andando verso un referendum per la revisione di alcuni articoli della carta costituzionale, programmato per il 12 settembre. Esattamente lo stesso giorno del golpe di militare di 29 anni fa. Il referendum mira a mettere fine all’asfissiante controllo della Corte suprema, ultimo baluardo dell’establishment kemalista, dopo che l’esercito è alle strette, sia per l’affare Ergenekon (la Gladio turca) sia per la cattiva gestione dell’affare curdo. Affare, quest’ultimo, che costituisce la patata bollente del pianeta turco, a causa anche la nascita de facto del Kurdistan al Nord del Iraq, nel quale c’è una influenza israeliana, cosa che irrita assai Ankara.
 
Tutto ciò manda in escandescenza lo stesso Erdogan, che l’altro ieri, ad Iconio, ha superato se stesso quando, con irruente impeto, rivolgendosi ad una grande folla, facendo riferimento al comandamento “non uccidere”, ha detto : “per noi la sorte di Gerusalemme è la stessa di Istanbul, come la sorte di Gaza è la stessa di Ankara. Se il mondo ignora le stragi noi non ce lo permetteremo”. Ha denunciato “quei loro atteggiamenti da bravi. E poi ci parlano di Hamas di al Qaeda e di antisemitismo. Queste sono cose, prosegue Erdogan, che non vanno più. Israele segue una politica aggressiva e sa ammazzare bene. Con questa sua politica mette in crisi sia i palestinesi che il popolo ebraico. E non c’è confronto tra PPK e Hamas. Hamas è una organizzazione di resistenza e sta lottando per proteggere i propri territori. I membri di Hamas, benché eletti, marciscono nelle carceri. E per concludere ha detto che Hamas non è un organizzazione terroristica.
 
Dopo queste dichiarazioni che secondo alcuni potrebbero spingere Erdogan a salire su un convoglio diretto a Gaza, sia Gul che lo stesso premier si stanno attivando per ottenere alla fine dei lavori un comunicato di condanna per Israele, ma anche di sostegno alla iniziativa di Brasile e Turchia per la controversia sul nucleare iraniano.
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