18/01/2012, 00.00
TURCHIA
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La sentenza per l’uccisione di Hrant Dink non fa luce sui veri mandanti

Un tribunale turco ha condannato all’ergastolo Yasin Hayal giudicato l’istigatore dell’assassinio, ma non ha voluto riconoscere il ruolo di un’organizzazione terroristica responsabile anche dell’uccisione di don Andrea Santoro e di tre cristiani a Malatya. Lo “Stato profondo” dietro i crimini commessi per destabilizzare il Paese.
Istanbul (AsiaNews/Agenzie) - Un tribunale turco ieri ha condannato all’ergastolo Yasin Hayal, uno dei principali sospettati nell’assassinio del giornalista turco-armeno Hrant Dink. Hayal è stato condannato per istigazione all’assassinio. L’autore materiale, Ogun Samast, era stato condannato a 22 anni, in quanto minore al momento del crimine. Il processo è durato cinque anni. I 19 sospettati sono stati riconosciuti non colpevoli dell’accusa di appartenere a un’organizzazione terroristica. Dink, direttore del settimanale “Agos”, pubblicato in lingua turca e in armeno fu ucciso il 19 gennaio 2007 in pieno giorno davanti al suo ufficio. Le prove scoperte da allora, scrive il quotidiano Today’s Zaman, “hanno condotto a pensare che l’assassinio era collegato allo ‘stato profondo’ un termine usato in riferimento con un gruppo di burocrati civili e militari, nell’ombra, con collegamenti con elementi criminali”.

Tuncel uno dei sospettati chiave, in precedenza informatore della polizia, ha dichiarato che l’assassinio era un’azione di Ergenekon, un’organizzazione clandestina che è accusata di crimini tesi a destabilizzare il Paese, e a rendere inevitabile l’intervento dei militari. I legali di Dink hanno chiesto che il tribunale richiedesse i documenti sequestrati nell’inchiesta su Ergenekon. I legali hanno dichiarato che sia l’assassinio di Dink che quello del sacerdote italiano Andrea Santoro a Trebisonda che l’uccisione di tre cristiani a Malatya erano parte di un piano di Ergenekon per destabilizzare lo Stato e rendere indispensabile il ruolo dei militari.

Nel settembre 2011 il procuratore Hikmet Usta ha presentato la sua opinione sul caso, e le richieste. Secondo Usta l’assassinio era opera di Ergenekon, della cellula di Trebisonda, e ha chiesto l’ergastolo per sette persone, con l’accusa di cercare di distruggere l’ordine costituzionale. L’avvocato della famiglia Dink, Fethiye Cetin, ha duramente criticato la sentenza. “Si sono presi gioco di noi per cinque anni. Non sapevamo che si riservavano lo scherzo più grande proprio alla fine. Questa sentenza significa che una tradizione è rimasta intatta, La tradizione di assassini politici dello Stato. La tradizione di una discriminazione di Stato contro alcuni suoi cittadini, considerati suoi nemici”.

La sentenza verrà appellata sia dal procuratore che dai legali. A Bruxelles Peter Stano, portavoce della Commissione per l’allargamento, ha ricordato che la Corte europea per i diritti dell’uomo ha emesso una sentenza nel 2010, dichiarando che la Turchia ha mancato nel condurre indagini efficaci nell’assassinio di Dink. Secondo Yavuz Baydar, in un commento su Today’s Zaman, “il tentativo che ha avuto successo di limitare l’ampiezza del processo getta luce sul modello persistente dello ‘stato profondo’ per proteggersi, e la scelta delle autorità politiche di ‘convivere con esso’ può solo spiegare le limitazioni del potere giudiziario”.
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