08/03/2013, 00.00
INDIA – BANGLADESH
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Le violenze in Bangladesh, nate dalla Partizione e fomentate dal settarismo

di Ram Puniyani
Gli attacchi contro gli indù perpetrati in Bangladesh dai sostenitori del Jamaat-e-Islami hanno radici profonde: nascono dalla divisione del subcontinente e i verdetti dei tribunali di guerra sono stati la miccia. È l’analisi dell’attivista dell’All India Secular Forum.

Mumbai (AsiaNews) - La partizione tra India, Pakistan e Bangladesh ha una storia lunga e dolorosa, che stenta ad attenuarsi anche dopo più di 60 anni e ha le sue conseguenze più gravi nei settarismi che ancora sfruttano la religione per scopi politici. È, in sintesi, il senso dell'intervento di Ram Puniyani, attivista sociale dell'All India Secular Forum, che riflette sulle violenze di queste ultime settimane in Bangladesh.Riportiamo di seguito il testo completo della sua analisi.

La violenza perpetrata da integralisti islamici del Jamaat-e-Islami (Ji) sta tormentando il nostro vicino Bangladesh. Nel bilancio delle vittime contiamo più di 50 morti, feriti, e la distruzione di templi indù e buddisti. In una certa misura, [questa violenza] è sgorgata anche a Calcutta (tra febbraio e marzo), dove una folla fedele al settarismo islamico - tra questi, anche organizzazioni come la Minority Youth Federation - si è scatenata. Questa violenza è la risposta al verdetto di un tribunale di guerra, che ha condannato a morte Delawar Hossian Sayeedi, vice presidente del Jamaat, per omicidi di massa, stupri e altre atrocità compiuti nei nove mesi di guerra contro il Pakistan.

Egli è il terzo funzionario del Jamaat a essere condannato per i crimini commessi durante la Mukti Juddha (guerra di liberazione) del 1971 sulla resistenza dell'allora Pakistan orientale [attuale Bangladesh - ndr], che si batteva contro le atrocità compiute dall'esercito pakistano. Negli ultimi tre anni, il governo di Sheikh Hasina ha allestito questi tribunali, che ora stanno pronunciando le loro sentenze. Attualmente, un gran numero di giovani che credono nella democrazia sta chiedendo pene più severe [contro i criminali di guerra]. Lo fanno organizzando manifestazioni a Shahbagh [quartiere di Dhaka, la capitale - ndr], contro quanti hanno collaborato con l'esercito pakistano. Intanto, sostenitori del Jamaat sono scesi in piazza per protestare contro i verdetti del tribunale di guerra. Lo stesso ha fatto anche la costola indiana del partito islamico.

Nel 1971, il Jamaat si oppose alla guerra di liberazione condotta dai Mukti Bahini [militanti per la liberazione del Bangladesh - ndr] sotto la guida di Sheikh Mujibur Rahman [padre di Sheikh Hasina - ndr]e sostenuta dalla maggior parte del popolo bangladeshi. Secondo alcune stime, l'attacco condotto dall'esercito pakistano ha causato la morte di circa 3 milioni di persone e lo stupro di almeno 200mila donne. In quei nove mesi, molti intellettuali e attivisti politici del Pakistan orientale sono stati uccisi.

 

La tragedia della partizione ha una storia lunga e dolorosa, che stenta ad attenuarsi perfino adesso, a oltre 60 anni da quel triste evento. L'India è stata divisa secondo uno strano principio: il Pakistan in nome dell'islam, e l'India in quanto democrazia laica, in apparenza per risolvere il problema dei nazionalismi. Gli inglesi hanno lasciato un'eredità lunga e dolorosa [fatta] di politica e violenza in nome della religione, che continua a perseguitare il subcontinente. I due pilastri del successo della politica britannica di "divide et impera" erano la persistenza delle classi feudali di fronte alla crescente industrializzazione, e il piano deliberato di riconoscere la Lega musulmana come rappresentativa dei diritti degli indiani islamici sin dalla sua creazione, nel 1906.

All'inizio, la Lega musulmana era formata dalle fazioni in declino di nababbi (nawabas) e proprietari terrieri, a cui più tardi si uniranno le classi di islamici benestanti e istruiti. In alcun modo essa era rappresentativa degli indiani musulmani. In modo analogo, l'Hindu Mahasabha - corpo parallelo alla Lega musulmana - è nata tra re (raja) e aristocratici (jamindar), a cui poi si sono aggiunte le caste più alte. La loro agenda era del tutto contraria ai principi di libertà, uguaglianza e fraternità che animavano il movimento per la liberazione del Paese.

Ci sono molti parallelismi tra queste due correnti settariste (musulmana e indù). Esse avrebbero potuto formare insieme ministeri di coalizione nel Sindh e in Bengala prima della partizione; si sono tenute alla larga dal movimento per la liberazione; si sono opposte alla trasformazione sociale [che chiedeva di abbattere] le relazioni di casta e di genere. Malgrado la loro adesione di facciata ad alcune riforme sociali, hanno bloccato lo status quo per quanto riguardava norme sociali e relazioni politiche.

Dopo la partizione il Pakistan (Orientale e Occidentale) è dominato dall'élite economica e politica del Pakistan Occidentale, che occupa importanti posizioni nell'esercito, nella burocrazia, nell'economia e nella politica. Alle elezioni del 1970 l'Awami League (Pakistan orientale) di Sheikh Mujibur Rahman vince ed emerge come partito di maggioranza in tutto il Pakistan. Tuttavia l'esercito - guidato da Zulfiqar Bhutto - non permette all'Awami League di formare il governo. In questo episodio è possibile vedere la differenza tra religione e politica. Mentre l'islam afferma che "tutti gli uomini sono fratelli", la politica fatta nel nome dell'islam dal regime pakistano discrimina non solo persone di altre religioni - gli indù in particolare - ma anche gli altri musulmani. I musulmani del Pakistan orientale sono stati dominati e oppressi dai "musulmani dominanti" del Pakistan occidentale.

Con la negazione all'Awami League di formare un governo e in assenza di canali democratici di protesta, in Pakistan orientale cresce l'alienazione e Mujibur Rahman lancia un movimento di disobbedienza civile. Proteste massicce esplodono in tutto il Pakistan orientale, e l'esercito [del Pakistan occidentale] reprime i suoi stessi cittadini. Nel Pakistan orientale i militari seminano un regno di terrore fatto di omicidi e stupri. Indù e musulmani sono entrambi presi di mira. I cittadini del Pakistan orientale sono trattati alla stregua di nemici e la carneficina prosegue fino a che i Mukti Bahini, con l'aiuto dell'esercito indiano, riesce a sconfiggere i soldati pakistani e a dichiarare la formazione della Repubblica popolare del Bangladesh.

La creazione del Bangladesh è la prova decisiva e irrefutabile della futilità della teoria che nazione è sinonimo di religione, e che una religione può essere la base del settarismo. La "Teoria delle due nazioni" secondo cui indù e musulmani facevano parte di due nazioni separate è stata sepolta con la formazione del Bangladesh. Eppure, elementi settari non sono stati eliminati dal Paese e continuano a venire fuori. Lo abbiamo visto quando sostenitori del settarismo islamico dal Bangladesh volevano marciare fino in India per la demolizione della moschea di Babri. La situazione delle minoranze in Bangladesh è patetica. Molti indù e musulmani sono diventati profughi e si sono stabiliti in varie zone del Paese. Questo ha contribuito alla propaganda settaria indù e al generare paura circa gli immigrati bangladeshi. La questione della politica nel subcontinente è stata presentata su linee settarie.

Sessant'anni dopo i semi di quella politica settaria, nata dalla classe decadente dei proprietari terrieri e nutrita e a cui le caste più alte hanno dato una patina ideologica, alimentata dagli inglesi. Come tale sono stati questi elementi settari che hanno alimentato la politica britannica del "divide et impera" e hanno portato alla partizione del Paese.

Nei tre Paesi sorti nel subcontinente, oggi il grado di "avvelenamento settario" è molto diverso. Il Pakistan ha sofferto molto per mano delle potenze imperialiste coloniale, e oggi le minoranze indù e cristiana vivono sotto minaccia. Nel Paese l'esercito è diventato alleato di queste forze settarie e continua a opporsi contro le aspirazioni democratiche di ampi settori della società. In Bangladesh, i partiti radicati nella democrazia devono affrontare l'opposizione di elementi settari. Dal canto suo l'India si sta gradualmente svincolando dal settarismo indù, che continua a insistere sulla questione dell'identità, come nel caso del tempio di Rama ad Ayodhya. Esso ha dato una sfumatura settaria a problemi "rimasti" dal periodo della dominazione coloniale. Il Bangladesh è visto come fonte di infiltrati, sebbene i poveri indù e musulmani sono emigrati nel 1971 per fuggire dalla brutalità dell'esercito pakistano. Il Kashmir, che è ancora diviso, è un altro residuo della partizione coloniale, aggravato dalle tensioni tra Pakistan e India. Purtroppo, anche tale questione è vista attraverso la sola lente dell'induismo e dell'islam.

Perciò, tutti e tre i Paesi del subcontinente devono affrontare il demone del settarismo. Offuscare la differenza tra religione e politica è stato il più grande "successo" dei sostenitori del settarismo, oltrepassando le divisioni religiose. Criticare queste persone può far guadagnare facilmente l'etichetta di essere contro quella religione. C'è bisogno di un ripensamento da parte del popolo democratico di questi Paesi per collaborare tra loro nel seppellire il demone del settarismo, della politica in nome della religione? Gli elementi settari che dominano la scena in India, Pakistan o Bangladesh, lasceranno che accada? Essi sono abili nel creare un vortice di isteria in nome della propria religione, e sanno battersi con forza il petto affermando che le forze laiche democratiche sono una minaccia per la loro religione. Il compito di salvare o promuovere la democrazia nel subcontinente è enorme. Questi elementi che hanno sete di libertà e democrazia potranno mai riuscirci?

 

(Ha collaborato Nirmala Carvalho)

 

 

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