22/09/2007, 00.00
MYANMAR
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Migliaia di monaci manifestano a Yangon “finchè non cadrà il regime”

Una sfida aperta alla dittatura militare. Le dimostrazioni in diverse città si susseguono sotto l’occhio vigile della polizia. “Serie preoccupazioni” dell’Onu.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) – I monaci buddisti del Myanmar hanno affermato che essi continueranno a marciare e pregare  fino alla caduta del governo militare. L’Alleanza dei monaci buddisti birmani ha diffuso un comunicato in cui si bolla la giunta come “un nemico del popolo”. La dichiarazione afferma pure che essi continueranno le dimostrazioni “fino a che la dittatura militare non verrà cancellata dal Paese”.

La sfida così aperta giunge proprio in contemporanea con una marcia organizzata da 1600 monaci per le vie di Yangon, in protesta contro la giunta militare, responsabile di soffocare il dissenso e lo scontento della popolazione.

È il quinto giorno in una settimana che i monaci si radunano alla Shwedagong Pagoda e da lì marciano pregando per le strade della città. Un cordone di folla li  protegge da attacchi delle forze armate, mentre altri fedeli si aggiungono alla marcia. La marcia di oggi è stata filmata e osservata dalla polizia, ma non si è registrato alcun incidente.

Intanto a Mandalay, un’altra grande città del nord del Paese, migliaia di monaci hanno partecipato a un’altra manifestazione. Ieri a Yangon vi è stata un’altra marcia che ha radunato migliaia di monaci e persone comuni dalla Pagoda Shwedagong alla pagoda Sule, mentre imperversava una forte pioggia monsonica.

Dall’inizio della settimana i monaci hanno lanciato queste dimostrazioni in risposta alle violenze della giunta contro un monastero a Pokokku agli inizi di settembre, per le quali i monaci chiedono le scuse ufficiali del governo.

I monaci di Pokokku stavano sostenendo una manifestazione non violenta contro l’aumento dei prezzi dei carburanti e dei trasporti. Il loro sostegno sta dando nuova vita ai critici del regime, responsabile dell’impoverimento del Paese e di molte violazioni ai diritti umani.

Ibrahim Gambari, inviato speciale Onu in Myanmar ha dichiarato al Consiglio di Sicurezza che le recenti proteste contro il caro-vita e la conseguente repressione del regime fanno destano “serie preoccupazioni” nell’organismo internazionale. Gambari pensa di poter visitare il Myanmar quanto prima.

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