29/03/2005, 00.00
INDONESIA
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Nel post-tsunami di Aceh rinasce la fratellanza fra cristiani e musulmani

In un seminario tenuto a Jakarta musulmani e cattolici spiegano gli aiuti alla zona più colpita dal disastro e rinnegano le accuse di discriminazione religiosa.

Jakarta (AsiaNews/Ucan) – La Fondazione per l'associazione nazionale, composta da gruppi laici di protestanti e cattolici che tratta problemi sociali e educazionali in Indonesia, ha organizzato il 15 marzo un seminario a Jakarta sugli aiuti post-tsunami.

Al seminario sono intervenuti laici e religiosi, fra cui Hasballah M. Saad, ex ministro indonesiano per i diritti umani. Saad ha detto che lo sforzo di ricostruzione avvenuto dopo il 26 dicembre ha unito la popolazione della provincia: inoltre ha nettamente sconfessato le voci secondo cui gli abitanti della zona hanno rifiutato l'aiuto dei gruppi di assistenza cristiani. "La questione" - ha spiegato - " è stata creata intenzionalmente da alcuni gruppi per isolare la gente di Aceh e farla soffrire di più. E' sbagliato dire che noi siamo, o siamo stati, contro i gruppi umanitari".

Quasi il 99 % della popolazione di Aceh è di religione musulmana. Inoltre, questa è l'unica provincia dell'Indonesia in cui, con la legge n° 18 del 2001, è stata adottata ufficialmente la Shari'a (legge islamica) come legge fondamentale. Saad ha ricordato che, però, la natura pluralistica e tollerante della provincia rimane invariata. Ha detto che "la vecchia chiesa del Sacro cuore di Gesù rimane ancora fermamente lì, accanto alla moschea Baituhrahman, sulla costa di Perak, a Banda Aceh.  E' illogico dire che gli abitanti di Aceh rifiutano questa realtà".

Saad ha ricordato con la sua esperienza gli eventi del 26 dicembre: "Appena dopo il disastroso urto dello'onda, padre Eman Embu, del Verbo divino di Maumere, che era in servizio a Medan (la capitale del Nord Sumatra), è venuto a prendermi con la sua macchina. Insieme abbiamo visitato diverse località colpite e distrutte dal terremoto e dallo tsunami".

Dopo l'intervento dell'ex ministro ha parlato padre Ignatius Sandyawan Sumardi, segretario esecutivo del Gruppo volontario per l'umanità. Ha detto: "Abbiamo aiutato le vittime senza curarci del loro passato, basandoci sulla verità e sulla giustizia", ed ha spiegato che suo gruppo è composto da volontari di diverse religioni. Inoltre ha dato una testimonianza della solidarietà nata dalla tragedia. "Durante il nostro incontro, che si è tenuto a Jakarta un giorno dopo il disastro, abbiamo deciso di distribuire il materiale raccolto dai nostri volontari alla popolazione di Aceh, Jaya, Melabo, Sikil, Tapak, Tenol e le aree rimanenti della parte ovest di Aceh".

P. Sumardi ha aggiunto che il gruppo di volontari è stato in grado di partire per Aceh già il 28 dicembre, solo 2 giorni dopo il disastro, grazie ai fondi raccolti dai poveri che vivono a Bukit Duri, un quartiere popolare che si snoda sulle rive del fiume Ciliwung.

La popolazione, poverissima, "ha spontaneamente raccolto circa mille rupie a testa. Alcuni vicinati, che si sono riuniti per la colletta, hanno raccolto 700 mila rupie, alcuni 600 mila ed altri ancora 500 mila. Oltre ad aver raccolto il denaro, la gente di Bukit Duri ha passato 3 settimane ad impacchettare i generi di conforto raccolti dai volontari per poi spedirli ad Aceh".

Secondo i dati del gesuita, il suo gruppo ha raccolto circa 2 miliardi di rupie ed ha distribuito 200 tonnellate di cibo, vestiti e medicinali nelle aree isolate, ed ha fatto affidamento sui trasporti in elicottero, aeroplano e nave forniti dalla Marina indonesiana.

Sujana Royat, dell'Agenzia nazionale indonesiana per la programmazione dello sviluppo, ha detto in chiusura che i cittadini di Aceh non avrebbero mai rifiutato gli aiuti umanitari perché tutti gli esseri umani condividono gli stessi valori di cura per coloro che soffrono. Il governo, ha detto, si è mosso affinché tutti gli aiuti raggiungano le destinazione prevista.
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