23/08/2006, 00.00
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Papa: l'Apocalisse, conforto per i cristiani perseguitati in Asia e nel mondo

Spiegando i simboli del libro dell'evangelista Giovanni, Benedetto XVI sottolinea il paradosso cristiano della vittoria di Cristo, della Donna, della Chiesa sulle sofferenze e persecuzioni. Presenti all'udienza anche pellegrini da Taiwan e Giappone.

Città del Vaticano (AsiaNews) - La sofferenza non è "l'ultima parola" nella storia del mondo e della Chiesa, ma un "punto di passaggio verso la felicità e, anzi, essa stessa [la sofferenza] è già misteriosamente intrisa"  di "gioia" e di "speranza": lo ha detto Benedetto XVI agli oltre 7 mila pellegrini radunati in aula Paolo VI per l'udienza settimanale, spiegando loro i capisaldi del libro dell'Apocalisse di san Giovanni, discostandosi spesso dal discorso preparato, con aggiunte a braccio.

Il papa ha affermato che a differenza del modo di intendere solito, l'Apocalisse non parla di "una catastrofe incombente", o di "enigmi da risolvere", ma raccontando delle persecuzioni che i cristiani subiscono nella storia, vuole infondere la certezza della "vittoria dell'Agnello, sgozzato eppure ritto in piedi" , divenendo un conforto per i cristiani, soprattutto per quelli dell'Asia. Il riferimento all'Asia e alle persecuzioni contro i cristiani, è anzitutto letterario: l'Apocalisse , dice il pontefice, "va compreso sullo sfondo della drammatica esperienza delle sette Chiese d'Asia (Efeso, Smirne, Pergamo, Tiàtira, Sardi, Filadelfia, Laodicéa), che sul finire del I° secolo dovettero affrontare difficoltà non lievi nella loro testimonianza a Cristo. Ad esse Giovanni si rivolge mostrando viva sensibilità pastorale nei confronti dei cristiani perseguitati, che egli esorta a rimanere saldi nella fede e a non identificarsi con il mondo pagano". Ma parlando poi di uno dei simboli dell'Apocalisse (il libro che nessuno può aprire e che spinge l'apostolo al pianto , Apoc. 5, 4), egli aggiunge:  "Probabilmente questo pianto esprime lo sconcerto delle Chiese asiatiche per il silenzio di Dio di fronte alle persecuzioni a cui erano esposte in quel momento. E' uno sconcerto nel quale può ben riflettersi il nostro sbigottimento di fronte alle gravi difficoltà, incomprensioni e ostilità che pure oggi la Chiesa soffre in varie parti del mondo. Sono sofferenze che la Chiesa certo non si merita, così come Gesù stesso non meritò il suo supplizio".

Il "senso della storia umana", "il destino della storia – a detto il papa aggiungendo a braccio – è nelle mani" di Gesù Cristo, che l'Apocalisse mostra come "l'Agnello sgozzato, indifeso, ferito, morto, ma in piedi, vivo, partecipe del potere divino del Padre". "Gesù, benché ucciso con un atto di violenza, invece di stramazzare a terra sta paradossalmente ben fermo sui suoi piedi, perché con la risurrezione ha definitivamente vinto la morte".

Il senso della vittoria sulle persecuzioni è riaffermato da Benedetto XVI spiegando il simbolo della "Donna che partorisce un Figlio maschio, e quella complementare del Drago ormai precipitato dai cieli. Questi, pur attivo nella persecuzione della Donna e degli altri suoi figli, è ormai vinto in radice e la sua sconfitta alla fine si manifesterà immancabilmente". Anche qui il papa ha parlato a lungo a braccio, spiegando che la Donna è Maria, ma anche la Chiesa "che partorisce con grande dolore in ogni tempo, indifesa, debole.  Mentre è perseguitata dal Dragone è protetta dalle consolazioni di Dio. È questa Donna che vince alla fine, non il drago". "La Donna – a continuato a braccio il pontefice – che è perseguitata, alla fine appare come la Sposa, la nuova Gerusalemme, dove non vi sono più lacrime e tutto è luce, perché la sua luce è l'Agnello".

"Per questo motivo – ha continuato Benedetto XVI - l'Apocalisse di Giovanni, benché pervasa da continui riferimenti a sofferenze e tribolazioni - la faccia oscura della realtà -, è altrettanto permeata da frequenti canti di lode, che rappresentano quasi la faccia luminosa della storia… Siamo qui di fronte al tipico paradosso cristiano, secondo cui la sofferenza non è mai percepita come l'ultima parola, ma è vista come punto di passaggio verso la felicità e, anzi, essa stessa è già misteriosamente intrisa della gioia che scaturisce dalla speranza".

Il papa ha concluso la sua riflessione spiegando le ultime parole con cui "il Veggente di Patmos" conclude il suo libro, l'invocazione "Vieni, Signore Gesù", "palpitante di trepida attesa". Aggiungendo anche qui a braccio, il papa ha detto che tale attesa ha tre dimensioni: quella della "vittoria definitiva del Signore che viene e trasforma il mondo"; quella "eucaristica, di adesso, in cui Egli anticipa la sua venuta definitiva"; quella escatologica, in cui la Chiesa dice: "Sei già venuto, è una gioia per noi, ma vieni in modo completo". E quasi esprimendo l'impazienza di questa attesa, Benedetto XVI ha concluso con una preghiera: "Vieni Signore Gesù, vieni e trasforma il mondo, e vinca la tua Pace. Amen".

Alla fine dell'udienza il papa ha salutato tutti i pellegrini in diverse lingue. Parlando in inglese ha anche salutato un gruppo di sacerdoti di Taiwan e i membri del St Mary's Hospital di Luodong (Taiwan), oltre a giovani dell'università Nanzan di Nagoya (Giappone).

 

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