04/02/2010, 00.00
VATICANO
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Papa: la giustizia di Dio non è quella degli uomini

Nel suo “Messaggio per la Quaresima”, Benedetto XVI evidenzia come l’uomo debba superare “l’illusione dell’autosufficienza” e “quello stato profondo di chiusura che è l’origine stessa dell’ingiustizia”, per aprirsi all’amore di Dio. Gesù “di certo condanna l’indifferenza che anche oggi costringe centinaia di milioni di esseri umani alla morte per mancanza di cibo, di acqua e di medicine”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – La giustizia divina non è quella degli uomini, non segue la regola classica che la identifica nel “dare a ciascuno il suo”, ma quella per cui “il giusto muore per il colpevole e il colpevole riceve la benedizione che spetta al giusto”. E’ una “giustizia” - afferma Benedetto XVI nel suo Messaggio per la quaresima – che costringe l’uomo a “uscire dall’illusione dell’autosufficienza”, superando “quella strana forza di gravità che lo porta a ripiegarsi su se stesso, ad affermarsi sopra e contro gli altri”.
 
Intitolato “La giustizia di Dio si è manifestata per mezzo della fede in Cristo”, il documento papale, reso noto oggi, prende le mosse proprio dalla distinzione di ciò che è la giustizia. La definizione classica, nota, “non precisa cosa sia quel ‘suo’ da assicurare a ciascuno. Ciò di cui l’uomo ha bisogno non può essergli garantito per legge. Per godere di un’esistenza di pienezza, gli è necessario qualcosa di più intimo che può essergli accordato solo gratuitamente”. “Sono certamente utili e necessari i beni materiali - del resto Gesù si preoccupava di guarire e sfamare le folle che lo seguivano e di certo condanna l’indifferenza che anche oggi costringe centinaia di milioni di esseri umani alla morte per mancanza di cibo, di acqua e di medicine - ma la giustizia ‘distributiva’ non rende all’essere umano tutto il ‘suo’ che gli è dovuto. Come e più del pane, egli ha bisogno di Dio”.
 
Esiste, rileva il Papa, una “tentazione permanente dell’uomo: quella di individuare l’origine del male in una causa esteriore. Molte delle moderne ideologie hanno, a ben vedere, questo presupposto: poiché l’ingiustizia viene ‘da fuori’, affinché regni la giustizia è necessario rimuovere le cause esteriori che ne impediscono l’attuazione. Questo modo di pensare - ammonisce Gesù - è ingenuo e miope. L’ingiustizia, frutto del male, non ha radici esclusivamente esterne; ha origine nel cuore umano, dove si trovano i germi di una misteriosa convivenza col male”.
 
E’ “l’egoismo, conseguenza della colpa originale. Adamo ed Eva, sedotti dalla menzogna di Satana, afferrando il misterioso frutto contro il comando divino, hanno sostituito alla logica del confidare nell’Amore quella del sospetto e della competizione; alla logica del ricevere, dell’attendere fiducioso dall’Altro, quella ansiosa dell’afferrare e fare da sé”. Col risultato di avere “un senso di inquietudine e di incertezza. Come può l’uomo liberarsi da questa spinta egoistica e aprirsi all’amore?”.
 
La risposta prende le mosse dall’Antico Testamento: “nel cuore della saggezza di Israele troviamo un legame profonda tra la fede in Dio che ‘solleva dalla polvere il debole’ (Sal 113,7) e giustizia verso il prossimo”. “Il dare al povero, per l’israelita, non è altro che il contraccambio dovuto a Dio, che ha avuto pietà della miseria del suo popolo”. “Dio è attento al grido del misero e in risposta chiede di essere ascoltato: chiede giustizia verso il povero (cfr Sir 4,4-5.8-9), il forestiero (cfr Es 22,20) lo schiavo (cfr Dt 15,12-18). Per entrare nella giustizia è pertanto necessario uscire da quell’illusione di autosufficienza, da quello stato profondo di chiusura che è l’origine stessa dell’ingiustizia”.
 
“L’annuncio cristiano risponde positivamente alla sete di giustizia dell’uomo”. La “giustizia di Cristo” è “anzitutto la giustizia che viene dalla grazia”, perché “non sono i sacrifici dell’uomo a liberarlo dal peso delle colpe, ma il gesto dell’amore di Dio che si apre fino all’estremo, fino a far passare in sé la ‘maledizione’ che spetta all’uomo, per trasmettergli in cambio la ‘benedizione’ che spetta a Dio”.
 
Ma “ciascuno non viene così a ricevere il contrario del ‘suo’? In realtà, qui si dischiude la giustizia divina, profondamente diversa da quella umana. Dio ha pagato per noi nel suo Figlio il prezzo del riscatto, un prezzo davvero esorbitante”. “Di fronte alla giustizia della Croce, l’uomo si può ribellare, perché essa mette in evidenza che l’uomo non è un essere autarchico, ma ha bisogno di un Altro per essere pienamente se stesso. Convertirsi a Cristo, credere nel Vangelo, significa, in fondo proprio questo: uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la propria indigenza – indigenza degli altri e di Dio, esigenza del suo perdono e della sua amicizia”. Per leggere il testo completo del Messaggio della Quaresima 2010, v.: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/lent/documents/hf_ben-xvi_mes_20091030_lent-2010_it.html
 
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