01/06/2021, 12.49
VATICANO
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Papa: riforma codice penale, nuove pene per reati finanziari e pornografia

Si chiama Pascite gregem Dei (Pascete il gregge di Dio) la Costituzione apostolica con la quale Francesco adegua le norme penali alla sensibilità del nostro tempo. Punito chi “accetta doni” per ottenere un’azione o un’omissione illegale da chi esercita un ufficio o un incarico nella Chiesa, il sacerdote che “commette un delitto contro il sesto comandamento del Decalogo con un minore” o chi vuole ordinare prete una donna.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Papa Francesco ha deciso la riforma del codice penale della Chiesa (libro VI del Codice di diritto canonico), strumento necessario “giacché la carità e la misericordia richiedono che un Padre si impegni anche a raddrizzare ciò che talvolta diventa storto” per adeguarlo alla realtà dei nostri tempi. Così sono introdotti i reati finanziari, c’è maggiore attenzione all’uso delle nuove tecnologie e dei mezzi di comunicazione sociale e alla sensibilità moderna, per cui i reati legati alla pornografia e in genere alla sfera sessuale sono passati dal capitolo sui “delitti contro obblighi speciali” a quello dei “delitti contro la vita, la dignità e la libertà della persona”. Previste nuove pene, quali l’ammenda, e il risarcimento del danno e anche la presunzione di innocenza.

Attuale è anche la previsione del canone 1379, per il quale incorre nella scomunica sia chi tenta di ordinare sacerdote una donna – tra i temi al centro del “sinodo” dei cattolici tedeschi – sia la donna stessa.

“Dovendo regolare la vita della comunità nello scorrere del tempo – scrive Francesco nella costituzione apostolica Pascite gregem Dei (Pascete il gregge di Dio) con la quale introduce le nuove norme, in vigore dal prossimo 8 dicembre - è necessario che tali norme siano strettamente correlate con i cambiamenti sociali e le nuove esigenze del Popolo di Dio, il che rende talora necessario modificarle e adattarle alle mutate circostanze”. E, aggiunge più avanti, “la carità richiede che i Pastori ricorrano al sistema penale tutte le volte che occorra, tenendo presenti i tre fini che lo rendono necessario nella comunità ecclesiale, e cioè il ripristino delle esigenze della giustizia, l’emendamento del reo e la riparazione degli scandali”.

In concreto, si va dalla “ingiunzione”, ad esempio a pagare una ammenda alla scomunica e alla dimissione dallo stato clericale, se il reo è un sacerdote.

Il massimo della pena – la scomunica – è prevista, ad esempio, per “chi procura l’aborto ottenendo l’effetto” (Can. 1397) o per chi usa violenza contro il papa (Can. 1370). Per i sacerdoti il massimo della pena - la dimissione dallo stato clericale – è prevista se “commette un delitto contro il sesto comandamento del Decalogo con un minore o con persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione o con quella alla quale il diritto riconosce pari tutela” (Can.1398). Stesse pene per il chierico che “recluta o induce un minore, o una persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione o una alla quale il diritto riconosce pari tutela, a mostrarsi pornograficamente o a partecipare ad esibizioni pornografiche reali o simulate”, o che “immoralmente acquista, conserva, esibisce o divulga, in qualsiasi modo e con qualunque strumento, immagini pornografiche di minori o di persone che abitualmente hanno un uso imperfetto della ragione”.

Non va meglio a “chiunque con qualsiasi mezzo tecnico registra o divulga con malizia, attraverso i mezzi di comunicazione sociale, le cose che vengono dette dal confessore o dal penitente nella confessione sacramentale, vera o simulata” (Can.1386).

Tra le pene minori c’è invece la “censura”, prevista, ad esempio, dal Can. 1367 per “i genitori o coloro che ne fanno le veci, che fanno battezzare od educare i figli in una religione acattolica”. O dal Can. 1370 per “chi non obbedisce alla Sede Apostolica, all’Ordinario o al Superiore che legittimamente gli comanda o gli proibisce”.

Il più delle volte, però, l’indicazione è per una “giusta pena”. Così è per “chi sottrae beni ecclesiastici o impedisce che ne siano percepiti i frutti” (Can. 1376), o per chi (Can. 1377) “dona o promette qualunque cosa per ottenere un’azione o un’omissione illegale da chi esercita un ufficio o un incarico nella Chiesa” o per chi “accetta i doni e le promesse” e anche per chi “nell’esercizio di un ufficio o di un incarico richiede un’offerta al di là di quanto stabilito o somme aggiuntive, o qualcosa per il suo profitto”. Significativa, in tale logica, la previsione del Can.1326 “Il giudice deve punire più gravemente di quanto la legge o il precetto stabiliscono chi è costituito in dignità o chi ha abusato dell’autorità o dell’ufficio per commettere il delitto”. (FP)

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