07/12/2016, 10.21
EAU - IRAQ
Invia ad un amico

Patriarca caldeo: Salvare il patrimonio culturale iracheno minacciato dalla guerra

di Louis Raphael Sako*

Ad Abu Dhabi la conferenza internazionale dedicata alla salvaguardia del patrimonio culturale nelle aree di guerra. L’obiettivo è raccogliere 100 milioni per finanziare progetti e iniziative. Unesco: Tutela del patrimonio come “strategia globale contro l’odio e l’estremismo”. Mar Sako: “Bisogno urgente di azioni decise della comunità internazionale” in collaborazione col governo irakeno. 

 

Abu Dhabi (AsiaNews) - Alle distruzioni operate dall'Isis, dai talebani e dalle guerre, occorre rispondere creando un “rifugio sicuro” per la conservazione del patrimonio culturale a rischio scomparsa “in collaborazione con il governo” o, in alternativa, stabilire un ufficio “di rappresentanza” delle Nazioni Unite. Formare “personale irakeno” perché sia in grado di “trattare, documentare, proteggere e ripristinare” manoscritti, manufatti ed edifici dalla storia millenaria. È l’appello lanciato dal patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako dal palco della “Conferenza internazionale per la salvaguardia del patrimonio culturale nelle aree teatro in conflitto”. Nel suo intervento, inviato ad AsiaNews, il primate della Chiesa irakena ha anche chiesto “strumenti moderni e sofisticati” per svolgere al meglio “un compito così importante e delicato” come la salvaguardia di un patrimonio a rischio. 

La conferenza si è tenuta il 2 e 3 dicembre scorso ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti (Eau) e ha riunito capi di Stato e di governo, esperti, studiosi, leader religiosi islamo-cristiani e attivisti nei settori della storia, dell’archeologia e della cultura. Il patriarca Sako sin dai tempi in cui era arcivescovo di Kirkuk aveva denunciato i pericoli corsi dal patrimonio culturale irakeno, un “bene universale” da salvaguardare. Di recente ha ricordato come l’archeologia vale “più del petrolio”

Alla conferenza di Abu Dhabi i partecipanti hanno lanciato un appello, finalizzato alla creazione di un fondo da 100 milioni di dollari per la salvaguardia del patrimonio culturale delle aree a rischio. Patrocinata dall’Unesco, l’iniziativa ha riunito rappresentanti da oltre 40 nazioni molti dei quali provenienti da nazioni teatro di guerra. L’obiettivo è sia la cura del patrimonio che la lotta al traffico di manufatti e reperti, oltre che contribuire al restauro dei beni danneggiati. La Dichiarazione di Abu Bhadi, confermano gli esperti, è un primo passo nell’ottica della conservazione del patrimonio. “La creazione di questo Fondo - afferma il direttore generale Unesco Irina Bokova - apre nuovi orizzonti […] un rinnovato impegno per la cultura, l’istruzione, la dignità umana, in cui la tutela del patrimonio diventa parte integrante di una strategia globale contro l’odio e l’estremismo”. 

Ecco, di seguito, l’intervento del patriarca Sako inviato per conoscenza ad AsiaNews: 

L’Iraq, l’antica Mesopotamia, ha rappresentato la culla della civilizzazione: a partire dai Sumeri, l’impero di Akkad, i babilonesi, i caldei, gli assiri, i persiani, gli ebrei, i cristiani e gli arabi musulmani. Tutti insieme, essi formano e rappresentano un tesoro nazionale e internazionale. 

Sparsi per tutto l’Iraq vi sono molti siti archeologici, molte chiese antiche e monasteri perché i cristiani hanno costituito a lungo la maggioranza della popolazione, prima dell’arrivo degli arabi musulmani nel settimo secolo. 

La progressiva escalation di conflitti etnici e religiosi in tutta la regione mostra il bisogno urgente di azioni decise da parte della comunità internazionale, al fine di proteggere e preservare questo nostro patrimonio culturale. 

L’invasione statunitense dell’Iraq del 2003 e la caduta di Baghdad hanno originato un traffico di centinaia di manufatti dal valore inestimabile, rubati dal Museo Nazionale irakeno nell’indifferenza generale. Lo stesso è avvenuto con il museo di Mosul, all’indomani della conquista della città da parte degli estremisti dello Stato islamico. Questi episodi hanno rappresentato una perdita gravissima per il nostro patrimonio. 

I jihadisti dell’Isis (ex Stato islamico) hanno dato il via a una vera e propria campagna di distruzione finalizzata alla cancellazione di tutto ciò che ha preceduto l’età islamica. E di tutto ciò che non si adattava alla loro ideologia. 

In seguito alla distruzione delle moschee di Nabi Younis e Nabi Jarjees, così come alle devastazioni di alcuni fra i più significativi e antichi siti come Nimrud e Hatra (Hadhar), unito al rogo di centinaia di manoscritti prelevati da molte chiese e monasteri, la comunità internazionale dovrebbe coinvolgere il governo irakeno e gli altri governi della regione, per assicurare la preservazione e la protezione di questo patrimonio multi-millenario. E dar vita un gruppo di esperti che possano avviare le necessarie opere di restauro. 

Tuttavia, fra i segnali che sono fonte di incoraggiamento vi è l’iniziativa lanciata da p. Najib Mussa, un frate domenicano, che ha fondato il “Centro digitale di manoscritti orientali” a Mosul nel 1990 e ha iniziato a documentare e classificare manoscritti di chiese e monasteri. Egli ha anche filmato 7500 manoscritti e restaurato altri, che si erano danneggiati nel tempo. Grazie alla sua opera sono disponibili cd e cataloghi, oggi raccolto nel centro domenicano di Erbil. 

Auspichiamo con rinnovata speranza che questi siti antichi, queste vecchie chiese, i monasteri e le moschee siano presto ricostruiti nel modo giusto e seguendo le forme originarie. 

Oggigiorno, la situazione è ancora insicura e anche quando lo Stato islamico sarà sconfitto, la sua ideologia continuerà a generare un nuovo tipo di conflitti. Per questo vorrei sottoporre alla vostra attenzione i seguenti progetti, connotati da un carattere di concretezza e, al tempo stesso, di urgenza. 

1) Creare un rifugio sicuro per la conservazione e lo stoccaggio del patrimonio culturale a rischio di scomparsa, con l’accordo (sotto forma di convenzione) del governo irakeno o, quantomeno, stabilire una rappresentanza delle Nazioni Unite preposta al monitoraggio per assicurarne la sorveglianza. 

2) Portare esperti che siano preposti alla formazione del personale irakeno su come trattare questo patrimonio culturale, che è qui da migliaia di anni. E formare il personale su come documentare, proteggere e ripristinare i manoscritti, i siti storici, i manufatti antichi, le chiese, i monasteri, le sinagoghe e le moschee nel modo giusto. 

3) Equipaggiare questi team irakeni con strumenti moderni e sofisticati, per svolgere un compito così importante e delicato. 

* Patriarca di Babilonia dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale irakena 

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Emirati: riaperto il sito cristiano di Sir Bani Yas, il più antico del Paese
15/06/2019 05:17
Gli emirati vietano la vendita e il possesso di tigri e leoni come animali domestici
07/01/2017 09:10
Mosul, trovate incisioni assire di 2700 anni vicino a porta distrutta dall’Isis
20/10/2022 10:59
Bennett, al Sisi e bin Zayed a Sharm el-Sheikh per contrastare l'Iran
23/03/2022 13:51
Ad Abu Dhabi gli Stati del Golfo mostrano la loro fame di armi
18/02/2013


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”