25/03/2016, 08.23
CINA
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Pechino, 20 arresti per la lettera che chiede le dimissioni del “compagno Xi Jinping”

Secondo fonti locali, le autorità hanno fermato per “interrogatori” diversi redattori del sito para-statale Wujie News, dove nei giorni scorsi è stato pubblicato un testo che chiede al presidente di dimettersi. Sempre meno coinvolto il giornalista Jia Jia, il primo ad essere arrestato.

Pechino (AsiaNews) – Le autorità cinesi hanno fermato altre 19 persone con l’accusa di aver partecipato alla pubblicazione della lettera aperta che chiede al presidente Xi Jinping di dimettersi. Il numero totale dei fermi sale così a 20: il giornalista Jia Jia, il primo ad essere detenuto, appare sempre meno coinvolto nella faccenda e sarebbe prossimo al rilascio.

Il testo sembra far parte di una lotta per il potere all’interno del Partito comunista. Firmato dai “leali membri” del Pcc, chiede al leader supremo di dimettersi dati gli “enormi errori” da lui compiuti “in ogni campo”. Inoltre, fra le righe si legge una velata minaccia: “Ti chiediamo questo per il bene del Partito, la pace e la stabilità a lungo termine della nazione e per la sicurezza personale tua e della tua famiglia”.

La lettera aperta è apparsa, anche se per pochissimo tempo, su Wujie News [qui il testo in italiano]: si tratta di un giornale para-statale di solito allineato alle posizioni della leadership. In un primo tempo la pubblica sicurezza ha fermato Jia Jia, noto editorialista cinese. Diversi testimoni affermano però che egli non ha nulla a che fare con la vicenda: si sarebbe limitato a telefonare al direttore giornale per chiedere notizie sulla pubblicazione dopo aver letto il testo online.

Una fonte interna, anonima, dice alla BBC che altre 16 persone sono state “portate via”. Tra queste sei giornalisti che lavorano in maniera diretta per Wujie, fra cui un senior editor, e 10 dipendenti di un’azienda tecnologica collegata ad esso. Inoltre, un dissidente che oggi vive negli Stati Uniti afferma che tre membri della sua famiglia – residenti nella provincia meridionale del Guangdong – sono stati arrestati perché sospettati di essere implicati.

La vicenda conferma l’accresciuta censura nei confronti della stampa ordinata dal Partito comunista e la sua instabilità interna. Il governo centrale sembra intenzionato a mettere a tacere ogni voce critica, arrivando a far “sparire” degli editori di Hong Kong prelevandoli dal Territorio (formalmente indipendente dall’autorità giudiziaria cinese). Ma si sono moltiplicati anche i casi di espulsione di giornalisti stranieri e di “vendette” nei confronti dei giornali non allineati. Secondo il grande dissidente Wei Jingsheng, in Cina si sta verificando un “revival maoista” che vuole far dimenticare gli insuccessi dei leader.

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