06/03/2017, 10.35
RUSSIA-USA
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Trump-Putin: dal “Grande affare” allo spettro della Guerra fredda

di Vladimir Rozanskij

Sembrava tutto pronto per un grande accordo che prevedeva l’annullamento delle sanzioni contro la Russia, in cambio di un appoggio russo nella lotta contro il terrorismo islamico. La nuova “guerra fredda” 2.0 non è più tra America e Russia, o tra Oriente e Occidente, ma è di tutti contro tutti.

Mosca (AsiaNews) - Sembrava tutto pronto per il “Grande Affare”, e invece di colpo pare che il gioco ritorni a capo, alla Guerra Fredda. Dopo un’infinita spy-story di accordi segreti tra il neo-eletto presidente Trump e l’eterno presidente Putin, che ha portato alle dimissioni del consigliere americano alla sicurezza Michel Flynn e sta mettendo a rischio perfino la carica del procuratore generale Jeff Sessions, uomo-chiave della squadra di Donald Trump, negli ultimi giorni pare che tutto sia stato rimesso in discussione. Fino a minacciare un’escalation bellica tra le due superpotenze del ventesimo secolo.

Le dichiarazioni di Trump sulla necessità di “reazioni più forti” all’annessione della Crimea da parte della Russia, e perfino di una possibile revisione dell’Accordo del 2010 sulle armi strategiche, hanno gettato nello sconforto gli osservatori di tutto il mondo. Sembrava infatti tutto pronto per un grande accordo che prevedeva l’annullamento delle sanzioni contro la Russia, in cambio di un appoggio russo nella lotta contro il terrorismo islamico. Era il “grande affare” che doveva garantire, se non proprio la pace del mondo, almeno la sicurezza dell’America e il controllo della Russia sull’Ucraina e sul Medio Oriente.

Invece, dopo gli annunci americani ostili alla Russia, la risposta di Putin non si è fatta attendere, in perfetto stile neo-globale da epoca di Internet, usando cioè la tecnica del trolling: azioni provocatorie per mettere in imbarazzo l’avversario. Putin ha infatti concesso il passaporto russo e l’uso del rublo alle due repubbliche scissioniste di Donetsk e Lugansk, una specie di “aiuto umanitario” fatto non tanto in favore delle popolazioni stremate dalla guerra civile, ma per “trolleggiare” e stuzzicare il campo avversario.

Senza entrare nei complessi dettagli del gioco politico-diplomatico, su cui impazzano analisi su tutti i mezzi d’informazione mondiali, vanno segnalate due circostanze che rendono quasi impossibile comprendere l’intero quadro della situazione, anche qui secondo uno schema quanto mai contemporaneo, quello della post-verità. Esistono due apparenti colonne portanti della politica internazionale attuale, i cosiddetti “Accordi di Minsk” del 2014 che impediscono al conflitto ucraino di degenerare in una guerra mondiale, e l’accordo tra i membri della NATO, che devono contribuire con il 2% del PIL al mantenimento della cruciale alleanza tra i Paesi atlantici. La prima colonna è fasulla per il semplice fatto che nessuno sa veramente quale sia il contenuto degli accordi di Minsk, in cui per esempio non si accenna neppure alla Crimea, e in cui la Russia non viene annoverata tra le parti in conflitto. Chiunque si appelli a tali accordi, Trump, Putin, Poroshenko, Merkel, può giustificare con essi qualunque tipo di politica. Si dice che la Russia abbia contribuito alla stesura di tali accordi con le sue migliori menti diplomatiche, per rendere impossibile la loro attuazione.

La seconda “bufala” riguarda la NATO, in cui il 2% lo pagano solo gli alleati il cui PIL non influisce quasi per nulla (come Polonia e Repubblica Ceca), mentre chi dovrebbe veramente pagare (Germania, Francia, Italia), non se lo può permettere, pena la bancarotta del Paese. Le minacce di Trump di uscire dalla NATO senza i contributi europei sono quindi finalizzate unicamente a lasciare agli USA la libertà di cambiare opinione su qualunque questione riguardi la sicurezza europea e americana.

La nuova “guerra fredda” 2.0, quindi, non è più tra America e Russia, o tra Oriente e Occidente, ma è di tutti contro tutti; è la vera globalizzazione del conflitto, annunciata all’inizio del nuovo millennio proprio dal sorgere del terrorismo islamico, che fu in realtà il prodotto delle alleanze americane contro i sovietici della fine del mondo precedente. La Russia non può apparire amica dell’Occidente: i sondaggi affermano che l’orgoglio nazionale considera l’annessione della Crimea il più grande successo del Paese dopo la vittoria su Hitler, e prima della conquista dello spazio. L’America di Trump non vuole apparire protettrice dell’Occidente, ma solo di se stessa, e l’Europa non sa veramente che cosa vuole. La Cina, principale avversario e partner dell’America nel commercio mondiale, ha bisogno di avere le mani libere dappertutto.

Non a caso il conflitto ucraino è chiamato “guerra ibrida” a bassa intensità, da intensificare o moderare secondo le esigenze dei mercati, dei flussi d’informazione, degli appuntamenti elettorali, come in un grande video-gioco in cui la vita degli esseri umani è solo un elemento di spettacolo da usare per l’indignazione o la commozione delle piazze. È la vittoria del mezzo sul fine, il mondo di Internet senza mediazioni e senza padroni, dove c’è sempre qualcuno che alimenta e sfrutta i conflitti. Un mondo ibrido e senza volto, dove, come diceva Dostoevskij, “se Dio non esiste, allora tutto è possibile”.

 

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