Il caso di un quindicenne morto in Tagikistan per le conseguenze di una "punizione corporale esemplare" inflittagli dal padre ha riacceso i riflettori sul problema delle violenze domestiche. Secondo alcuni dati nel Paese sarebbero il 60% dei minori di 14 anni a subirle. E nonostante i divieti introdotti per legge, ad accentuare il problema oggi sono i "video dimostrativi" inviati ai parenti o caricati sui social network in cerca di approvazione sociale.
Dei cinque Paesi solo il Turkmenistan non è membro della Sco, in rispetto della sua tradizionale neutralità internazionale, ma il presidente Serdar Berdymukhamedov era comunque presente alla parata di Pechino. Gli scambi commerciali tra la regione e la Cina sono cresciuti l'anno scorso del 5% e supereranno presto i 100 miliardi di dollari. La Russia è ormai costretta a ricoprire un ruolo secondario.
In Tagikistan le associazioni per la difesa dei diritti umani accusano il governo di Dušanbe di gravi abusi nella repressione delle proteste nella regione autonoma del Gorno-Badakšan. Puntano il dito contro i decessi in carcere di quattro attivisti negli ultimi mesi. I prigionieri della regione ribelle verrebbero sottoposti a torture sistematiche, per ottenere confessioni forzate o accuse nei confronti di altri attivisti fuggiti all’estero.
Per gli abitanti è sempre più difficile muoversi. Le carreggiate delle strade centrali deserte in attesa del passaggio dei cortei, mentre le macchine sono incolonnate sulle stradine di periferia. I cittadini costretti a piedi nel caldo torrido. A Taškent la “ripulitura” del centro può assumere forme “estreme” con mezzi blindati che aprono il fuoco su macchine che intralciano il passaggio.
I cinque Paesi della regione moltiplicano gli acquisti dalla Turchia, dalla Cina, dalla Russia e dall’Iran di questi dispositivi sempre più utilizzati anche nei conflitti e stanno aprendo linee di produzione propria in accordo con i partner stranieri. I sospetti sulle triangolazione che permetterebbero di rifornire la Russia aggirando le sanzioni.
Dall'inizio di luglio tutti i profughi fuggiti dal regime talebano nel 2021 stanno ricevendo sms con l'ingiunzione di lasciare il Tagikistan entro 15 giorni. Destinatari anche quanti vivono nel Paese legalmente e molti ex collaboratori del governo filo-occidentale di Kabul. Testimonianze su uomini, donne e bambini caricati su piccoli autobus. Una stretta che si aggiunge alle altre contro gli esuli afghani già in atto da tempo in Pakistan e in Iran.