25/07/2017, 12.46
RUSSIA
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A Mosca prove di catechismo ortodosso

di Stefano Caprio

La Commissione biblico-teologica del Patriarcato di Mosca ha pubblicato l’intero progetto di un Catechismo ufficiale della Chiesa Ortodossa Russa. L’idea del “Catechismo” rappresenta dunque un’eredità intrisa della sapienza vissuta dai martiri russi per la fede dello scorso secolo, e la sua composizione è in discussione fin dagli anni ’90.

Mosca (AsiaNews) - La Commissione biblico-teologica del Patriarcato di Mosca ha pubblicato l’intero progetto di un Catechismo ufficiale della Chiesa Ortodossa Russa, dopo un lungo periodo di incubazione e di parziali anticipazioni. Si tratta del primo tentativo “moderno” di raccogliere la dottrina ortodossa in un testo da mettere a disposizione di tutti i sacerdoti e i fedeli, e sul progetto presentato s’intende aprire una consultazione aperta, per giungere infine a un documento ampiamente condiviso.

Come viene illustrato nella premessa storica del progetto presentato, la Chiesa ortodossa intende restaurare la sapienza catechistica degli antichi padri della Chiesa, ma anche raccogliere i migliori frutti della tradizione specificamente russa. Fino ad oggi, infatti, nella catechesi russa si adoperano vari testi, dei quali almeno due rappresentano storicamente una sintesi autorevole della dottrina, tanto da essere ampiamente utilizzati nella pratica ecclesiale. Il primo risale agli inizi del ‘600, la famosa Confessione Ortodossa del metropolita di Kiev Petr (Mogila), che tentò una mediazione con la scolastica latina e le tendenze protestanti del tempo. Mogila fu il primo a tradurre il termine del Credo sulla Chiesa “cattolica” con il termine russo sobornaja, “conciliare” e universale, che ha avuto grande fortuna nella riflessione e nella confessione di fede dei russi. Con questa formula, e molte altre proposte dal metropolita fautore dell’incontro tra Oriente e Occidente, si intendeva proporre la tradizione russa come luogo del dialogo e della sintesi, senza insistere sulle differenze e sulle storiche separazioni. Per questo tentativo, Petr Mogila ebbe molti apprezzamenti anche da Roma, che vedeva in lui un possibile protagonista della riunione tra cattolici e ortodossi, che per poco non si realizzò già in epoca barocca.

L’altro testo, ad oggi il più comune nella vita pastorale della Chiesa russa, è il Catechismo del 1823, composto dal metropolita di Mosca Filaret (Drozdov). In assenza del Patriarca (la Chiesa era retta da un Sinodo, controllato dallo zar), Filaret fu la vera guida dell’ortodossia russa per quasi cinquant’anni, nel periodo della grande creatività artistica e letteraria del “Secolo d’oro” della cultura russa. Negli anni in cui ferveva il dibattito tra “slavofili” e “occidentalisti”, Drozdov era un punto di riferimento per gli uni e per gli altri, dialogando con Puškin e Khomjakov, Turgenev e Belinskij, cercando di ridare dignità anche alla cultura ufficiale della Chiesa, spesso disprezzata e marginalizzata dall’intelligentsija.

Al tempo della rivoluzione, la Chiesa russa aveva finalmente deciso di aprirsi pienamente alla società e al dialogo con la cultura, e si riunì in Concilio proprio nell’agosto del 1917, allo scopo di trovare le modalità per proporsi adeguatamente nella nuova Russia che si stava formando. La lunga notte bolscevica interruppe il tentativo, che venne comunque portato avanti in clandestinità da tanti martiri della fede, come il p. Aleksandr Men’, ucciso nel settembre 1990, all’alba della nuova Russia post-sovietica. Padre Men’ era un grande catechista e predicatore, e riuscì a trasmettere una modalità viva ed efficace di fede e di cultura, di cui oggi si raccolgono i frutti, anche nei testi ufficiali del Patriarcato.

L’idea del “Catechismo” rappresenta dunque un’eredità intrisa della sapienza vissuta dai martiri russi per la fede dello scorso secolo, e la sua composizione è in discussione fin dagli anni ’90. Nel Sinodo giubilare del 2000, dietro insistenza dell’allora metropolita Kirill (Gundjaev), attuale Patriarca, la Chiesa russa approvò un documento di “Dottrina Sociale”, che ha costituito di fatto la piattaforma ideologica per le trasformazione sociali dell’ultimo ventennio, nella vita del Paese e nella stessa politica putiniana. La stesura tanto attesa del “Catechismo” risponde oggi a un’esigenza di elevazione culturale e spirituale del cristianesimo russo, che cerca di non rimanere confinato alla dimensione socio-politica, diventata nel frattempo sempre più radicalmente conservatrice e nazionalista.

La concezione sociale, che nel nuovo Catechismo dovrebbe occupare la parte centrale, viene corredata dalle prospettive più ampie della morale, della liturgia e della disciplina ecclesiastica, per concludere con la dimensione interconfessionale dei rapporti con la “eterodossia”, il mondo cristiano “al di fuori” del recinto che determina propriamente la definizione di Chiesa “ortodossa”. Il Patriarcato sta facendo ogni sforzo per diffondere la pratica della catechesi, che in tempi passati era considerata con sospetto dai sacerdoti e dai fedeli, come un cedimento della purezza ascetico-spirituale dell’ortodossia al razionalismo cattolico e protestante. Oggi invece potrebbe diventare il volano di una nuova definizione della comunione ecclesiale sobornaja, veramente universale, insieme “cattolica” e “ortodossa”, come nella più genuina tradizione della cultura religiosa russa.

 

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