A Simandou in Africa la Cina avvia la rivoluzione del mercato del ferro
Sulle colline meridionali della Guinea è entrato in funzione questa settimana un nuovo grande impianto estrattivo controllato al 75% da imprese cinesi destinato a incidere profondamente sull'industria mineraria globale. Anche per la qualità del materiale estratto, più funzionale a una produzione di acciaio a basse emissioni di carbonio.
Milano (AsiaNews/Agenzie) - Una grande miniera africana controllata dalla Cina che mira a rivoluzionare il mercato globale del ferro. È quella che il vicepremier cinese Liu Guozhong ha inaugurato questa settimana alla cerimonia di inaugurazione della miniera di Simandou, sulle colline meridionali della Guinea. Un impianto dalla storia travagliata, ma soprattutto dalle grandi ambizioni: con una capacità produttiva annua prevista di 120 milioni di tonnellate metriche, il progetto - posseduto al 75% da interessi cinesi - è destinato a diventare la più grande miniera al mondo per la produzione del minerale di ferro di qualità più elevata, elemento chiave per la transizione verde nella catena globale dell’acciaio.
Secondo quanto riportato dall’agenzia Xinhua, il vicepremier cinese ha definito il progetto il risultato di quasi 70 anni di amicizia e cooperazione tra la Cina, la Guinea e l’Africa, aggiungendo che esso contribuirà allo sviluppo economico della Guinea e all’attuazione della strategia “Simandou 2040”.
Due dei quattro blocchi minerari di Simandou sono controllati da un consorzio sino-singaporiano chiamato Winning Consortium Simandou, mentre i restanti appartengono a Rio Tinto SimFer, una joint venture composta dal colosso minerario globale Rio Tinto, da Chalco Iron Ore Holdings e dal governo della Guinea. Il gruppo siderurgico statale China Baowu Steel Group, il più grande produttore di acciaio al mondo per volume, è anch’esso un azionista chiave, con partecipazioni nel Winning Consortium Simandou e una quota indiretta in Rio Tinto SimFer.
Al di là delle dimensioni sono anche le caratteristiche dell’impianto a richiamare l’attenzione: il minerale di Simandou, con un contenuto di ferro del 65%, è destinato infatti al segmento premium utilizzato per la produzione di acciaio verde a basse emissioni di carbonio. Non a caso il presidente di Baowu, Hu Wangming, ha dichiarato che il progetto fornirà materie prime ecologiche per l’industria siderurgica in Cina e a livello globale.
A guardare a questa svolta con particolare preoccupazione sono le grandi miniere australiane, che fino ad ora avevano beneficiato proprio della forte domanda cinese, dettando i prezzi e immettendo sul mercato dell’acciaio anche ferro di più bassa qualità che richiede maggiore energia e più emissioni per essere trattato. Per di più il complesso minerario di Simandou entra in funzione proprio mentre la domanda cinese di acciaio continua a contrarsi del 2-3% all'anno, anche a causa della crisi del settore immobiliare.
Il risultato di tutto questo è che quando tra cinque anni raggiungerà la piena capacità l’impianto guineano sarà in grado di fornire da solo l’equivalente del 7% dell’offerta globale totale di minerale di ferro; un aumento significativo in un mercato già oggi caratterizzato da un eccesso di offerta. Questo finirà per avere inevitabilmente forti ripercussioni sui prezzi mondiali, riducendo i profitti delle grandi compagnie minerarie in particolare in Australia.
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