Al-Sharaa primo leader di Damasco all’Onu dal 1967. Mentre Trump espelle i rifugiati siriani
Il presidente ad interim prenderà parte all’80ma Assemblea generale delle Nazioni Unite previsto anche un suo intervento. Per i nuovi vertici del Paese post-Assad un punto a favore a livello diplomatico e politico. La Casa Bianca interrompe lo status di protezione temporanea (Tps) per 6mila siriani negli Stati Uniti, a rischio arresto ed espulsione.
Damasco (AsiaNews) - Per la prima volta dal 1967 a oggi un leader siriano - dopo aver messo piede in territorio statunitense, anche questa una sostanziale novità dopo decenni di contrapposizioni fra Washington e Damasco - parteciperà all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il presidente siriano ad interim Ahmed al-Sharaa è giunto nella giornata di ieri a New York, per unirsi all’assise Onu in programma al Palazzo di Vetro, segnando un punto a favore a livello diplomatico e politico oltre a puntellare la propria leadership.
Il capo delle milizie di Hay’at Tahrir al-Sham (Hts) oggi al potere dopo il crollo del regime di Bashar al-Assad è un ex leader di al-Qaeda sul quale, un tempo, pendeva una taglia da 10 milioni di dollari sulla testa. Tuttavia, nei mesi scorsi ha ottenuto una piena legittimazione dalla Casa Bianca, durante un incontro a Riyadh col presidente Donald Trump; inoltre, nell’ultimo periodo, sta trattando un accordo con Israele pur faticando a mantenere la promessa di elezioni legislative, slittate anche di recente.
In seguito al vertice in terra saudita che ha di fatto restituito la Siria nel panorama della politica internazionale e archiviato decenni di ostracismo delle cancellerie occidentali verso la precedente leadership targata Assad, gli Stati Uniti hanno revocato la maggior parte delle sanzioni. A questo si unisce il sostegno del Tycoon e della sua amministrazione agli sforzi profusi da Sharaa - sinora invano - per stabilizzare il Paese e unificare le diverse anime, sebbene permangano profonde divisioni soprattutto a nord-est coi curdi e con i drusi, oltre a focali di violenze confessionali.
Nei prossimi giorni è previsto il primo discorso del presidente siriano ad interim all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che domani apre la sua 80ma sessione in un quadro internazionale travagliato e con un rischio crescente di un’escalation dei conflitti su scala globale. L’ultimo leader siriano a partecipare è stato il presidente Nureddin al-Atassi, che ha governato prima che la famiglia Assad salisse al potere nel 1971, mantenendo un controllo sul Paese sino alla guerra civile interna e al rovesciamento del regime nel dicembre scorso.
Al-Sharaa è arrivato ieri a New York alla guida di una nutrita delegazione di funzionari siriani, in quello che i media statali hanno definito un “viaggio storico”. Il simbolismo della visita è stato significativo anche perché rappresenta l’ultima pietra miliare nella normalizzazione di al-Sharaa e del suo governo, che ha preso il potere nel Paese con un’offensiva lampo dopo aver trascorso più di un decennio come combattente ribelle nel nord. In un’intervista al programma Face the Nation della CBS egli ha dichiarato che “il presidente Trump ha compiuto un grande passo avanti nei confronti della Siria revocando le sanzioni con una decisione rapida, coraggiosa e storica”.
Il leader siriano auspica una nazione “sicura, stabile e unificata”, perché è “nell’interesse di tutti i Paesi del mondo, non solo della Siria”, auspicando al tempo stesso un altro incontro con l’inquilino della Casa Bianca durante la sua permanenza negli Stati Uniti. “Dobbiamo discutere di molte questioni e interessi reciproci tra la Siria e gli Stati Uniti. Dobbiamo ripristinare - avverte - le relazioni in modo positivo e diretto”. Dopo il suo arrivo in territorio americano, al-Sharaa ha incontrato i membri della comunità siriana mentre il ministro siriano degli Esteri Asaad al-Shaibani ha anche issato la nuova bandiera del Paese sull’ambasciata di Washington.
Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno posto fine allo status di protezione temporanea (Tps) per la Siria, avvertendo i migranti provenienti dal Paese arabo che ora rischiano l’arresto e l’espulsione se non lasciano la nazione entro 60 giorni. La misura adottata il 19 settembre scorso è parte della politica di fermi ed espulsioni promosso dalla Casa Bianca, che intende privare i migranti dello statuto legale in territorio americano. Secondo un avviso pubblicato sul Federal Register, il Tps verrà revocato a oltre 6mila siriani che ne beneficiavano dal 2012. “Le condizioni in Siria non impediscono più ai cittadini di tornare in patria”, ha dichiarato in una nota la portavoce Tricia McLaughlin. “La Siria - ha aggiunto - è stata un focolaio di terrorismo ed estremismo per quasi due decenni, ed è contrario al nostro interesse nazionale consentire ai siriani di rimanere nel nostro Paese”. La dichiarazione afferma che i cittadini siriani che attualmente vivono negli Stati Uniti hanno 60 giorni di tempo per lasciare volontariamente il Paese e tornare a casa. “Dopo la scadenza dei 60 giorni, qualsiasi cittadino siriano ammesso in base al Tps che non abbia avviato la procedura di allontanamento volontario - conclude il documento - sarà soggetto ad arresto e deportazione”.