Ankara rimpatria cristiano iraniano perseguitato, ora in carcere
Il 37enne Mehran Shamloui cercava di raggiungere l’Europa, ma è stato fermato dalle autorità turche che lo hanno rispedito nel Paese di origine. Nei mesi scorsi era stato condannato a 10 anni di carcere per attività legate al culto. Intanto Teheran prosegue nella politica di espulsione di centinaia di migliaia di migranti afghani.
Teheran (AsiaNews) - Un cristiano iraniano, fuggito in Turchia dopo la condanna a 10 anni di carcere assieme ad altri due fedeli per aver aderito a una chiesa domestica, è finito di nuovo in carcere dopo che le autorità di Ankara lo hanno deportato nel Paese di origine per immigrazione clandestina. Secondo quanto riferisce Article18, sito specializzato nel documentare abusi e limiti al culto in Iran, il 37enne Mehran Shamloui aveva abbandonato la Repubblica islamica a inizio anno dopo la sentenza a oltre 40 anni di carcere comminata al trio per attività religiose. L’uomo aveva però deciso di non richiedere lo status di rifugiato cercando di attraversare il confine con l’Europa, ma è stato catturato, arrestato e nel fine settimana rimpatriato con un volo aereo a Mashhad, dove è stato preso in custodia dalla polizia.
Fonti rilanciate dal sito attivista riferiscono che Mehran ha deciso di non richiedere lo status di rifugiato in Turchia “dopo aver visto tanti altri cristiani iraniani trascorrere anni in attesa del reinsediamento per poi vedersi respingere la domanda”. Una scelta che non è servita a sfuggire al fermo e al successivo provvedimento di rimpatrio. In questi giorni l’Iran sta celebrando il lutto per le vittime legate alla “Guerra dei 12 giorni” con Israele; tuttavia, a breve è previsto il trasferimento in una prigione di Teheran, dove dovrà scontare la condanna comminata nel marzo scorso.
Il 37enne e gli altri due cristiani, Abbas Soori e Narges Nasri, incinta all’epoca della sentenza, sono stati arrestati nell’autunno del 2024 nel corso di incursioni di agenti dei servizi segreti nelle loro case a Teheran, con la confisca di effetti personali tra cui Bibbie, croci e strumenti musicali. Fra l’altro Mehran è un musicista e l’attrezzatura che gli uomini dell’intelligence gli hanno requisito aveva un valore di circa 5.500 dollari.
I cristiani sono stati poi trasferiti nel reparto 209 della prigione di Evin, sotto il controllo del Ministero dell’Intelligence, per poi essere rilasciati dietro pagamento di una cauzione di oltre 20mila dollari ciascuno al termine di lunghi e intensi interrogatori. Il 15 febbraio scorso si è svolta l’udienza presso la sezione 26 del Tribunale rivoluzionario di Teheran; agli imputati sono stati contestati i reati di “appartenenza a gruppi di opposizione”, “propaganda contro il sistema” e “attività di propaganda contraria alla legge islamica attraverso relazioni con l’estero” ai sensi degli articoli 499, 500 e 500 bis del Codice penale.
Narges, che compie 38 anni questo mese, ha ricevuto la condanna più severa - 10 anni per “attività di propaganda contraria alla legge islamica”, cinque per appartenenza a un “gruppo di opposizione” (casa-chiesa) e un ulteriore anno per “propaganda contro lo Stato”. La sua colpa è (anche) di aver postato sui social dei messaggi a sostegno del movimento “Donne, Vita, Libertà” pro Mahsa Amini e contro il velo obbligatorio (hijab). Abbas, 48 anni, ha ricevuto un totale di 15 anni di carcere - 10 anni per “attività di propaganda” e cinque per appartenenza a un “gruppo di opposizione” - mentre Mehran deve scontare otto anni per la prima accusa e due anni e otto mesi per la seconda. Tutti e tre sono stati condannati ad anni di privazione dei diritti sociali, come la salute, il lavoro o l’istruzione. I loro appelli sono stati respinti ad aprile, “in considerazione della portata delle loro attività e dei loro effetti dannosi” ma all’epoca i tre avevano già lasciato il Paese. Il tentativo di raggiungere l’Europa attraverso la Turchia di uno di loro si è già concluso con il rimpatrio e il carcere.
Il tema dei migranti e rifugiati in Iran è di stretta attualità non solo per quanti cercano di fuggire dalla Repubblica islamica fra cristiani, perseguitati politici o altre minoranze, ma per gli stessi immigrati, soprattutto afghani, verso i quali Teheran ha avviato una campagna di deportazione. Le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali riferiscono di centinaia di migliaia di migranti afghani che hanno lasciato il Paese o sono stati espulsi. Una fuga determinata anche dalla decisione di Teheran di concedere tempo fino al 6 luglio a quattro milioni di immigrati per lasciare il territorio della Repubblica islamica e rientrare nel Paese di origine, L’Iran dice di ospitare oltre sei milioni di afghani, molti dei quali vivono senza alcuno status legale, mentre gli immigrati denunciano persecuzioni e discriminazioni da parte degli ayatollah.
Ad accelerare le espulsioni anche il conflitto con Israele, con i cittadini afghani accusati - spesso senza prova alcuna, come i gruppi di minoranza etnica o religiosa - di essere collaborazionisti o spie al soldo dello Stato ebraico. Non mancano casi di migranti regolari, e provvisti di permessi, che sono stati fermati e deportati dopo aver subito pesanti interrogatori e maltrattamenti. L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha detto il mese scorso che almeno 1,2 milioni di afghani sono stati rimpatriati a forza da Iran e Pakistan, col rischio di destabilizzare la già fragile situazione interna di una nazione che ha visto il ritorno al potere dei talebani.