08/05/2018, 08.58
TURCHIA - STATI UNITI
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Ankara: Il pastore Usa resta in carcere con l’accusa di terrorismo, udienza rinviata a luglio

Il tribunale ha aggiornato al 18 luglio il processo e respinto la richiesta di scarcerazione. Un anonimo testimone ha dichiarato che Brunson voleva creare uno “Stato cristiano curdo”. Il pastore Usa parla di accuse “vergognose e disgustose”. E aggiunge: “Mai fatto entrare la politica in chiesa”. 

 

Ankara (AsiaNews/Agenzie) - La magistratura turca ha aggiornato al prossimo 18 luglio, con l’obbligo di dimora in carcere, il processo a carico del pastore statunitense Andrew Craig Brunson. Da quasi 600 giorni il missionario cristiano è agli arresti con l’accusa di spionaggio, collaborazionismo con i ribelli curdi del Pkk e legami con la rete del predicatore islamico Fethullah Gülen, ritenuto la mente del (fallito) golpe del luglio 2016.

Egli rischia fino a 35 anni di prigione, che corrispondono al carcere a vita in Turchia. 

Nell’udienza celebrata ieri, il giudice ha disposto il rinvio del procedimento. Durante l’udienza un anonimo testimone ha accusato il pastore statunitense di spionaggio e di crimini legati al terrorismo. Egli avrebbe infatti “aiutato i terroristi curdi” a creare uno “Stato cristiano curdo”. 

Nel corso dell’udienza, Brunson ha respinto le accuse definendole “vergognose e disgustose”, insistendo sul fatto che non ha mai fatto “entrare la politica in chiesa”. Egli ha dichiarato che il suo impegno consisteva soprattutto “nell’aiuto ai rifugiati siriani” e di non aver mai collaborato con elementi del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan, di ispirazione marxista e con forte impronta nazionalista, ritenuto da alcuni Stati un'organizzazione terrorista). 

Fra le altre iniziative, il pastore protestante da tempo in Turchia stava lavorando per la costruzione di una chiesa. Al riguardo, egli nega di aver ricevuto “sostegni o finanziamenti” dalla rete di Gülen. 

La vicenda del 50enne pastore originario di Black Mountain, in North Carolina, guida della chiesa della Resurrezione (Dirilis) a Izmir e da oltre 20 anni nel Paese, è una questione spinosa che rischia di inasprire i rapporti fra Ankara e Washington. Il governo statunitense ha più volte invocato il rilascio di Brunson, parlando di “detenzione ingiustificata”. In risposta, l’esecutivo turco afferma che la vicenda è gestita da tribunali e magistratura e di non poter interferire. 

Il ministro turco degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu, che dovrebbe incontrare il capo della diplomazia Usa Mike Pompeo la prossima settimana a Washington, sottolinea che ogni decisione in merito alla questione spetta solo ai giudici. “Un suo rilascio - ha dichiarato - non è in mio potere”. 

Alla fine dell’udienza, Brunson ha dichiarato di voler solo “tornare a casa”. Tuttavia, il giudice ha prolungato i termini di custodia cautelare in carcere e aggiornato il processo al 18 luglio.

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