09/01/2013, 00.00
IRAQ
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Arcivescovo di Mosul: le violenze contro i cristiani e il miracolo di Natale

Mons. Emil Shimoun Nona conferma il “clima di tensione” e la stanchezza di una popolazione delusa dalla classe politica e dirigente. Mancano gli elementi di base, come acqua, elettricità e benzina. I cristiani vittime di giochi di potere, che si inaspriscono alla viglia delle elezioni. Resta la speranza, alimentata dalle feste di Natale “molto belle e partecipate”.

Mosul (AsiaNews) - A Mosul si respira "un clima generale di forte tensione", che "non riguarda solo i cristiani, anche se finisce per investirli come il resto della popolazione". La gente "è stanca" per queste continue violenze e per la mancanza "dei servizi minimi come luce e acqua", mentre politica e istituzioni pensano solo "al tornaconto personale". Così mons. Emil Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, nel nord dell'Iraq, descrive ad AsiaNews il clima di una città "da 10 giorni teatro di continue manifestazioni". Tuttavia, il prelato rilancia il valore primario "della fede e della speranza", come avvenuto durante le festività natalizie da poco concluse. "Per la prima volta dal 2003 - spiega - abbiamo celebrato la messa della notte alla presenza di centinaia di fedeli, che si è conclusa dopo le 11 di sera. Una vera fonte di gioia per tutti".

In questi giorni Mosul è stata teatro di una serie di violenze, che hanno investito in particolare la minoranza cristiana. Il 7 gennaio la morte di una donna, sgozzata durante una rapina. Ieri l'esplosione di un'autobomba, che ha ucciso uno studente universitario laureando in medicina. Episodi legati al clima tensione che si respira in tutto il Paese, teatro di una lotta confessionale fra sunniti e sciiti e di uno scontro di potere che ha per protagonisti arabi, curdi e turcomanni. Il tutto a spese delle minoranze, che non hanno alle spalle un sistema di potere o un movimento politico in grado di tutelarne gli interessi. In passato proprio la città di Mosul ha registrato alcune morti eccellenti fra i cristiani, fra cui il precedente vescovo mons. Faraj Rahho (nel contesto di un sequestro) e di p. Ragheed Ganni.

"Da 10 giorni a Mosul" racconta mons. Nona, "ci sono manifestazioni in diverse parti della città" e la polizia interviene, anche "in modo molto duro, per reprimerle". A scendere il piazza sono i gruppi sunniti, anche se essi rivendicano nei loro slogan "l'appartenenza alla città", piuttosto che sottolineare l'elemento confessionale. La tensione "non è un elemento positivo, soprattutto per i cristiani" avverte il prelato, in particolare nei periodi "che precedono le elezioni". Ad aprile si terranno infatti le amministrative del governatorato e la minoranza "rischia di essere coinvolta nel gioco degli interessi incrociati". "Così è successo negli ultimi anni - afferma il vescovo - e anche se speriamo per il meglio, da quello che si può vedere è concreto il rischio che succeda qualcosa".

In un quadro dalle tinte fosche è difficile mantenere la speranza. Come cristiani, avverte mons. Nona, dobbiamo credere che "la vita continua nonostante il male". Resta però la realtà dei fatti "e la gente è stanca". Negli ultimi 10 anni, sottolinea l'arcivescovo di Mosul, il clima non è mai cambiato: corruzione fra i gruppi politici, governo centrale impotente, partiti e movimenti che cercano accordi "finalizzati al tornaconto personale". E la popolazione, ribadisce il prelato, "è stanca e non ne può più: mancano gli elementi base della vita, fra cui elettricità, acqua, benzina e strade". "Se avessero pensato al bene comune - avverte - a garantire almeno i servizi minimi, questo non sarebbe successo. La gente è sul punto di esplodere, bisogna cambiare tutto a partire dalla mentalità".

Mons. Nona vuole condivide anche alcuni aspetti che restano fonte di speranza, testimonianze di piccoli miracoli che rafforzano la fede e invitano a continuare. Fra questi "le feste di Natale a Mosul", sottolinea l'arcivescovo ad AsiaNews, "molto belle e partecipate: sono andate benissimo!". "Ho celebrato la messa della notte della vigilia alla parrocchia di San Paolo, assieme a un sacerdote, davanti a quasi 600 fedeli". Vi era un "clima bello, di festa, che ha alimentato la fiducia e la speranza". Per la prima volta dal 2003, anno dell'invasione statunitense che ha portato alla caduta del rais Saddam Hussein, "abbiamo potuto celebrare la messa della sera e siamo rimasti davanti alla chiesa fino a tardi,le 11, come mai era successo in passato. Una bella festa". Dal 2003 in poi, a causa dell'insicurezza, le messe - anche quella di Natale - venivano celebrate nel pomeriggio.(DS) 

 

 

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