13/05/2025, 11.52
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Armi e affari: Riyadh accoglie Trump ma ‘nasconde’ Gaza e la bomba climatica di Neom

di Dario Salvi

Il presidente Usa è in Arabia Saudita, prima tappa del viaggio regionale che prevede anche Emirati e Qatar (ma non Israele). Il Tycoon punta sull’economia e gli affari miliardari (armi comprese), relegando ai margini dell’agenda gli altri temi. Ma dietro lo sviluppo e i dollari di Riyadh vi sono ombre sui diritti e i timori per i danni ambientali legati al mega-progetto sul mar Rosso. 

Milano (AsiaNews) - Riyadh ha accolto il presidente Usa Donald Trump nel primo viaggio nella regione - e all’estero, ad eccezione dei funerali di papa Francesco - dal suo ritorno alla Casa Bianca nel gennaio scorso. A tenere banco sono i grandi temi economici, partendo dai dazi imposti dal Tycoon che però avrebbe fatto parziale marcia indietro congelando o diminuendo le tariffe. Vi sono poi le grandi questioni diplomatiche in agenda a partire dalle tensioni regionali, la guerra a Gaza e gli attacchi in Yemen contro i filo-iraniani Houthi, il possibile patto sul nucleare con Teheran e, sullo sfondo, la seconda parte degli “Accordi di Abramo”. Che prevedono, fra gli altri, la normalizzazione dei rapporti fra Stato ebraico e regno saudita, ai quali guarda con interesse anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Tuttavia, fra le grandi questioni che sembrano relegate ai margini della diplomazia, ma non per questo meno importanti, vi è anche il tema legato ai mega-progetti e ai gravi danni ambientali che possono causare: questo è l’allarme lanciato di recente da uno scienziato, che squarcia il velo sui possibili disastri legati al Neom, la città del futuro voluta dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Mbs). 

Una bomba climatica?

Un climatologo che ha lavorato in questi anni come consulente per il progetto avverte che la nuova città potrebbe cambiare l’ambiente locale e i sistemi meteo, compreso il percorso delle tempeste di vento e sabbia. Donald Wuebbles, ricercatore nell’ambito della fisica e della chimica atmosferica e consulente di Neom, ha dichiarato al Financial Times (Ft) di aver più volte sollevato dubbi sull’impatto su clima e meteo. Fra i potenziali danni vi sarebbero anche aspetti che “non sono stati studiati a sufficienza”, tra cui i cambiamenti nei modelli di pioggia e l’amplificazione del forza e della portate di vento e tempeste nelle aree desertiche.

Neom è l’avveniristica megalopoli da 500 miliardi che, secondo i promotori, sarà 33 volte più grande di New York e prevede - tra gli altri - una città rettilinea di 170 km. Sono inoltre previste una città a otto facce che galleggia sull’acqua e una stazione sciistica con un villaggio verticale ripiegato, Trojena, che ospiterà i Giochi asiatici invernali del 2029. Essa rientra nel novero delle riforme economiche promosse con la “Vision 2030”, un piano di ammodernamento in aperta concorrenza con le altre metropoli del Golfo, a partire dagli Emirati Arabi Uniti (Eau). Un luogo costruito ex novo nel deserto affacciato sul mar Rosso, dove tutto deve - o dovrebbe - essere ecosostenibile e raggiungibile a piedi in cinque minuti, ma con la possibilità di spostarsi da un estremo all’altro in soli 20 minuti su treni ad alta velocità.

Lo sviluppo della “Linea” dovrebbe avvenire in più fasi e coprire un tratto di costa di 170 km; la prima si doveva concludere nel 2026 e arrivare a contare tra 1,5 e i 2 milioni di abitanti nel 2030, per toccare i nove milioni nel 2045. Tuttavia, in base agli aggiornamenti lo scorso anno è emerso un ridimensionamento col completamento di “soli” 2,4 km nel 2030. La megalopoli è in costruzione nella provincia di Tabuk, nel nord-ovest dell’Arabia Saudita, in gran parte caratterizzata da un clima secco e desertico. Secondo i progetti presentati nel 2022, la linea dovrebbe includere due edifici a specchio alti quasi 500 metri che corrono lungo una porzione di città rettilinea.

Wuebbles ha dichiarato che tra le altre questioni sollevate vi sono le emissioni derivanti dall’uso del cemento e la lenta transizione dai veicoli e dai macchinari da costruzione con motore a combustione. Sui rischi di impatto ambientale le autorità saudite avrebbero dato mandato ad alcuni studiosi di valutarne gli effetti, ma i risultati delle ricerche non sarebbero pubblici. Lo studioso dell’università dell’Illinois ribadisce che le criticità climatiche e ambientali devono essere “prioritarie”, a maggior ragione dopo la partenza dell’ex capo-progetto Nadhmi al-Nasr.

Ambiente e diritti negati

L’uso della tecnologia nella realizzazione del progetto è “impressionate” a detta degli esperti e vi è anche “tanto da imparare” come riferisce lo stesso Wuebbles. Tuttavia, resta prioritario l’elemento ambientale per l’impatto “enorme”: ad esempio, per realizzare “The Line” verrà utilizzato il 20% dell’acciaio mondiale. Ancora, per realizzare la “città avveniristica” il governo saudita non sta solo mettendo a rischio l’eco-sistema ambientale dell’intera regione, ma si è coperto anche di gravi ed evidenti violazioni dei diritti umani, passate in gran parte sotto silenzio. Fra le accuse, una delle più ricorrenti è quella di aver sfollato con la forza i membri della tribù Howeitat, che vivono da secoli nella provincia di Tabuk, almeno 47 membri sono stati arrestati o detenuti per essersi opposti allo sfratto. Inoltre, nell’aprile 2020 l’attivista Abdul-Rahim al-Howeiti è stato ucciso dalle forze di sicurezza poco dopo aver girato dei video di protesta.

Lo scorso anno Middle East Eye (Mme), citando una fonte dell’intelligence saudita, ha riferito che gli agenti di sicurezza avevano ricevuto l’ordine di usare la forza - fino ad uccidere - per eliminare quanti si opponevano allo sfratto dalle aree destinate alla città. Infine, gli alti dirigenti a guida del progetto sono stati accusati di razzismo, misoginia e corruzione. Del resto nell’affrancare il Paese dalla dipendenza dal petrolio, base della “Vision 2030”, bin Salman ha messo mano - con attenzione - all’impianto radicale della fede musulmana e alla vita sociale. Le riforme introdotte dal 2019 hanno toccato sfera sociale e diritti come il via libera per la guida alle donne, l’accesso (controllato) agli stadi, potenziato l’industria dell’intrattenimento e le nuove tecnologie, oltre all’ambito religioso con un progressivo abbandono del “wahhabismo”. Tuttavia, gli arresti di alti funzionari e imprenditori, la repressione di attivisti e voci critiche e la vicenda di Jamal Khashoggi hanno gettato più di un’ombra sul cambiamento cui manca anche un’ultima parola: la libertà religiosa.

Trump e Abramo II

Più dell’ecologia e dei diritti, è il tema economico a dettare l’agenda saudita e delle altre potenze regionali, come Qatar ed Emirati che, in questi giorni, accolgono Trump per il primo viaggio all’estero da inizio mandato. Una visita da un trilione di dollari, almeno questa la stima fatta alla vigilia dalla Casa Bianca, che dalle tappe di Riyadh, Doha e Abu Dhabi vuole raccogliere contratti, affari e investimenti per rilanciare l’economia interna e mantenere l’egemonia sui rivali, a partire dalla Cina. Nel pacchetto è previsto anche l’acquisto da parte saudita di armi e attrezzature militari per 100 miliardi di dollari, fra cui missili, sistemi radar e aerei da trasporto.

Anche in questa prospettiva la visita vede l’elemento economico come preponderante rispetto all’ambito geopolitico, pur in una fase di profonde tensioni regionali, tanto che a tenere banco sui media internazionali è stato più l’aereo che Doha vuol donare a Trump della guerra a Gaza. E non si hanno nemmeno particolari accenni in merito ad una azione diplomatica di Washington su Riyadh per la normalizzazione dei rapporti con Israele, nel solco dei cosiddetti “Accordi di Abramo II”. E resta sullo sfondo anche la partita avviata dalla Casa Bianca con gli ayatollah iraniani, che certo non passa inosservata fra le potenze sunnite del Golfo, da sempre contrapposte all’Iran sciita. Lo stesso Trump, arrivato nella capitale saudita dove sta incontrando bin Salman, si è ben guardato dall’inserire una tappa in Israele come parte del tour nella regione. E non ha nemmeno accennato al “piano” volto a trasformare Gaza in una “riviera” di lusso cacciando la popolazione palestinese, che aveva fatto infuriare il mondo arabo e infastidito - per usare un eufemismo - gli stessi sauditi.

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