10/10/2025, 10.39
SIRIA - LIBANO
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Asaad al-Shaibani a Beirut per trattare la liberazione di centinaia di islamisti siriani

di Fady Noun

Damasco vuole ottenere il rilascio di concittadini da anni detenuti senza processo in Libano e vicini a livello ideologico ad Hts. Dietro il loro arresto motivazioni ideologiche legate a semplici sospetti. Secondo fonti ministeriali libanesi sono almeno 2.100, di cui il 55% non è mai comparso in aula. Alla base della controversia la guerra civile in Siria e l’egemonia di Hezbollah. 

Beirut (AsiaNews) - La liberazione incondizionata di centinaia di islamisti siriani, arrestati e detenuti da anni senza processo in Libano solo per le loro opinioni politiche, è indispensabile per il miglioramento delle relazioni bilaterali tra Libano e Siria. Lo ha affermato in un’intervista televisiva il vice-presidente del Consiglio dei ministri, Tarek Mitri, incaricato di chiudere questo dossier aperto da tempo e che continua ad avvelenare i rapporti tra i due Paesi. Si tratta di una grave ingiustizia all’origine di drammi familiari intollerabili: mariti strappati alle loro mogli, padri ai loro figli o adolescenti privati di un futuro. Secondo fonti concordanti non bisogna cercare da altre parti, se non in questo dramma soffocato da anni in maniera regolare e deliberata, la ragione della freddezza manifestata dal nuovo potere di Damasco nei confronti del Libano.

Infatti, nessun funzionario siriano di rango ministeriale ha finora visitato Beirut, mentre numerose personalità religiose e politiche libanesi si sono già recate in Siria, tra cui il capo del governo Nawaf Salam, il Mufti della Repubblica Abdel Latif Deriane e il leader druso Walid Jumblatt. Questa situazione è destinata a cambiare con l’arrivo inaspettato, oggi, del ministro siriano degli Esteri Asaad al-Shaibani, atteso a Beirut, segnale che gli sviluppi stanno andando nella giusta direzione.

Al contempo è in preparazione un incontro tra il presidente Ahmad al-Sharaa e il vice-premier libanese Tarek Mitri, a margine del Forum economico arabo-russo il 15 ottobre come assicura da una fonte siriana autorizzata. Chi conosce la placidità e la calma di Mitri ha potuto cogliere l’emozione nella sua voce. “Se dipendesse da me - ha affermato durante un programma politico di grande audience su New TV - libererei immediatamente questi detenuti”. Questo la dice lunga sulla gravità dell’ingiustizia subita da diverse centinaia di detenuti politici siriani in Libano.

Prigionieri di coscienza

Mitri ha parlato all’indomani della seconda visita a Beirut, da inizio di settembre, di una delegazione composta da ex ministri e dal presidente della Commissione nazionale siriana per i dispersi: un organismo incaricato in via prioritaria, per Damasco, di ottenere la liberazione dei siriani vicini a Hay’at Tahrir al-Sham (Hts), nucleo della coalizione al potere nel Paese arabo, dell’Esercito libero siriano (Fsa) o del Fronte al-Nusra. Persone arrestate arbitrariamente in Libano dopo lo scoppio della rivoluzione siriana nel 2011, a volte per un semplice sospetto o per un numero sul loro cellulare, e detenuti senza processo, alcuni da più di 10 anni, nella sovraffollata prigione centrale di Roumieh.

Questi arresti sono stati effettuati negli ambienti islamisti sotto la pressione di Hezbollah che, dopo aver moltiplicato le smentite sulla sua presenza in Siria a sostegno della dittatura di Bashar al-Assad, nel 2017 ha ufficialmente confermato la presenza in Siria di 10mila suoi combattenti. Al riguardo, secondo il ministero libanese degli Interni il numero totale di siriani detenuti nel Paese dei cedri è di 2.100, di cui il 55% rimane senza processo. Va tuttavia precisato che non tutti sono prigionieri di coscienza e che nelle carceri libanesi sono detenuti anche criminali comuni e siriani arrestati per aver partecipato ai combattimenti contro l’esercito libanese.

Mitri ha affermato che, grazie ai comitati bilaterali attualmente al lavoro, è allo studio un nuovo protocollo d’intesa giudiziario tra Libano e Siria, la cui firma consentirà il rilascio immediato e incondizionato di diverse centinaia di siriani (tra i 500 e gli 800 secondo lui). Anche alcuni salafiti libanesi attendono la loro liberazione, tra cui il famoso imam Ahmad el-Assir, arrestato nel 2013 dopo gli scontri con le truppe ad Abra, vicino a Sidone. Diciotto soldati e undici miliziani erano stati uccisi in questi combattimenti. L’imam invoca un’amnistia generale.

Altri casi delicati

Nel frattempo saranno esaminati altri casi delicati, tra cui quelli dei libanesi che risulterebbero scomparsi in Siria. Questa questione rimane una delle ferite più profonde della storia recente del Paese. Durante il dominio siriano (1976-2005), migliaia di libanesi sono stati rapiti o imprigionati, spesso senza processo né informazioni sulla loro sorte. Secondo l’ong Solide, circa 650 libanesi sarebbero ancora dispersi in Siria. Alcuni ritorni, dopo l’arrivo al potere dell’attuale coalizione a guida Hts, non hanno fatto altro che riaccendere l’interesse per questo caso.

Tuttavia, le autorità siriane hanno avvertito le loro controparti libanesi che tali ricerche sono rese difficili dalla dispersione dei fascicoli nelle prigioni che ha caratterizzato i primi giorni della rivoluzione siriana. Anche la delimitazione dei confini rientra tra i progetti in corso. Mitri ha parlato di otto zone di confine tra Siria e Libano caratterizzate da una mescolanza di popolazioni e quindi di beni immobili, dove ogni popolazione si considera a casa propria. Il ministro ha peraltro assicurato che l’ingresso clandestino di armi e combattenti in Libano, attraverso sentieri e vie illegali, è ormai bloccato e che gli sforzi si concentrano ora sul traffico di droga.

Hannibal Gheddafi e Fadl Shaker

Ciononostante, va sottolineato che con la nuova era politica inaugurata in Libano dall’ascesa al potere del tandem Joseph Aoun-Nawaf Salam, il clima di impunità sta diminuendo. E alcune disfunzioni della giustizia che hanno caratterizzato il periodo di egemonia di Hezbollah sembrano sul punto di essere corrette. È quindi probabile che Hannibal Gheddafi, figlio del dittatore libico Muammar Gheddafi, detenuto in Libano dal 2015 in relazione alla scomparsa in Libia, nel 1978, dell’imam Moussa Sadre, possa essere presto rilasciato. Rapito da un gruppo sciita al confine tra Libano e Siria e poi consegnato alla polizia libanese con l’accusa di favoreggiamento, Hannibal Gheddafi aveva meno di tre anni al momento dei fatti.

Due settimane fa, il ministro della Giustizia libanese, Adel Nassar, ha dichiarato che “una richiesta di rilascio è stata presentata dal suo avvocato francese” e che è “in attesa di una decisione” del giudice istruttore Zaher Hamadé. Quest'ultimo, considerato vicino al presidente della Camera, non lo interroga più dal... 2017. Nel frattempo, detenuto in una cella sotterranea di 4,5 metri quadrati, Hannibal Gheddafi ha pagato con la salute la sua brutale incarcerazione. Inoltre Fadl Chaker, famoso crooner libanese diventato salafita, condannato in contumacia nel 2020 a 22 anni per la partecipazione agli scontri contro l’esercito, si è consegnato ai servizi segreti dell’esercito all’ingresso del grande campo profughi palestinese di Aïn el-Héloué, vicino a Sidone. L’uomo, che proclama la sua innocenza, era ricercato da anni.

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