14/07/2004, 00.00
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Attesa e preghiera per l'ostaggio filippino

Manila (AsiaNews/Agenzie) - Attesa e speranza per la sorte di Angelo de la Cruz, l'ostaggio filippino nelle mani di terroristi islamici: secondo un funzionario del ministero degli esteri di Manila va considerato salvo e non rischia più di essere decapitato. L'opinione pubblica filippina e la comunità cristiana seguono con grande trepidazione la drammatica vicenda. La Chiesa invita a pregare, a stare vicino alla famiglia e ad appoggiare le decisioni del governo.

"Non rischia di essere ucciso", ha detto il funzionario filippino, che si trova a Baghdad con i negoziatori.

In questi giorni, molte chiese hanno organizzato messe e veglie di preghiera per la liberazione dell'ostaggio, racconta ad AsiaNews p. David Farfan, missionario comboniano peruviano, da 3 anni nelle Filippine: "Durante il congresso del clero conclusosi qualche giorno fa, tutti i preti – circa 5mila – hanno celebrato la Messa e hanno organizzato una veglia di preghiera per l'ostaggio". Tutto il Paese è unito nella speranza di un lieto fine, compresa la comunità musulmana. "Tra le numerose manifestazioni per l'ostaggio – continua p. David - mi ha commosso in maniera particolare, anche come missionario, una veglia di preghiera svolta da cristiani e musulmani insieme domenica sera 11 luglio a Manila e trasmessa dalla televisione filippina e poi anche da Al Jazeera. Durante la veglia, un attore molto famoso e amato nelle Filippine, Robin Padilla, di fede musulmana, ha fatto un appello molto sentito ai rapitori, chiedendo di rilasciare l'ostaggio e addirittura offrendosi per uno scambio. L'attore ha detto che questo atto terribile avrà delle ripercussioni nelle Filippine e rischia di compromettere il lungo e paziente lavoro di dialogo tra cristiani e musulmani avviato 10 anni fa". Durante questo tempo, una commissione mista di cristiani e musulmani ha lavorato per contribuire alla pace nell'isola di Mindanao, a maggioranza islamica.

L'ultimatum dato dai sequestratori è scaduto dalla serata di lunedì. Da allora i rapitori tacciono, mentre le Filippine, nel tentativo di salvargli la vita, hanno dato risposte in parte ambigue e in parte contraddittorie rispetto alla richiesta di ritiro dei loro 51 uomini dall'Iraq, già prevista per il 20 agosto. E' di ieri l'affermazione del viceministro degli esteri di Manila, Rafael Seguis, secondo il quale il ritiro inizierebbe "il piu' presto possibile".

Le Filippine hanno annunciato oggi di aver dato inizio a un ritiro coordinato delle forze in Iraq, riducendo il numero degli uomini da 51 a 43. In un comunicato il segretario agli affari esteri Delia

Albert ha affermato che il suo ministero "è disponibile a un ritiro coordinato del contingente umanitario di concerto con il Ministero della difesa".

 "La Chiesa cattolica filippina – ci dice ancora il missionario - oltre a invitare tutti a pregare, chiede alla popolazione di appoggiare le scelte del governo e soprattutto di stare vicino alla famiglia e di avere grande rispetto per il suo dolore". Angelo de la Cruz, 46 anni, è originario della provincia di Pampanga, a nord di Manila, e lavorava in Iraq come autista. "È un cattolico che ha 8 figli e una famiglia è molto povera. Era emigrato in Iraq, come tanti altri filippini, per guadagnare qualche soldo in più e mantenere i propri cari" – dice ancora p. Farfan, che manifesta grande preoccupazione per i familiari di De La Cruz. "La presidente Gloria Arroyo ha fatto portare la famiglia dell'ostaggio in una caserma militare, lontano dall'assalto dei media, dove possono vivere questi momenti drammatici con più riservatezza". Il missionario conclude riportando le parole di mons. Gaudencio Rosales, arcivescovo di Manila: "La pace si costruisce con dei segni concreti, uno di questi è aiutare il fratello quando è nel bisogno, quando si esce fuori da se stessi per pensare all'altro". (MR)

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