01/12/2011, 00.00
CINA - VATICANO
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Card. Zen: Pechino non ha alcun rispetto per la nostra Chiesa

Il porporato di Hong Kong esprime amarezza per la partecipazione del vescovo scomunicato all’ordinazione di Yibin e delusione per il comportamento del vescovo ordinato, forse troppo timoroso o confuso. La massa di poliziotti è segno della paura del governo, ma anche il trionfo del controllo di Pechino sulla Chiesa. Vescovo di Taipei: Agli occhi della Cina, la Chiesa vale meno di un ufficio commerciale.
Taipei (AsiaNews) – All’indomani dell’ordinazione episcopale di mons. Pietro Luo Xuegang  a Yibin (a destra nella foto, insieme con mons. Chen, vescovo ordinario della diocesi) dove in modo sprezzante ha partecipato il vescovo scomunicato Paolo Lei Shiyin di Leshan, nonostante gli avvertimenti del Vaticano, il card. Joseph Zen è netto: “Pechino non ha alcun rispetto per le regole interne della nostra Chiesa. Non capisco perché dovremmo essere gentili con loro”.

Il card. Zen è a Taiwan, dove ha partecipato alla cerimonia del conferimento della laurea honoris causa del suo confratello salesiano mons. Savio Hon, segretario di Propaganda Fide, ma il pensiero corre sempre alla Cina.

C’è anzitutto da notare la presunzione di Lei Shiyin: pur colpito da scomunica, pur avendo ricevuto la richiesta di non partecipare all’ordinazione, ha sempre ribadito che gli avrebbe preso parte, anche facendo da co-ordinante. Alla fine della cerimonia si è anche vantato di aver celebrato “uno insieme a tutti gli altri vescovi”.

Il porporato di Hong Kong ha parole di delusione anche per il vescovo ordinato: “Mons. Luo sapeva della situazione, che la Santa Sede aveva ammonito Lei Shiyin a non partecipare all’eucaristia cattolica essendo non in piena comunione con papa. Non potendo ottenere l’assenza di Lei Shiyin, il nuovo candidato avrebbe dovuto rinunciare a farsi ordinare, piuttosto che accettare una simile umiliazione”.

In passato, altri candidati hanno preferito ritardato l’ordinazione, pur di essere sicuri che alla cerimonia non fosse presente alcun vescovo scomunicato.

Personalità vaticane hanno messo in luce che la situazione questa volta era difficile: Lei Shiyin è vescovo di una diocesi confinante a Yibin; egli è presidente dell’Associazione patriottica del Sichuan e sovrintende agli affari della Chiesa della provincia. Poiché tutte queste cerimonie sono organizzate dal governo, è quasi impossibile contrastarle. In più, mons. Luo e Lei Shiyin sono stati compagni di seminario, e originari della stessa diocesi di Leshan.

Secondo alcuni sacerdoti, mons. Luo Xuegang, un po’ per amicizia, un po’ per timore, si è lasciato manipolare. “Ma è ridicolo – commenta il card. Zen – parlare di amicizia di fronte a un fatto così grave! Allora io per amicizia dovrei andare fuori della Chiesa e condividere col mio amico la scomunica?”.

Sulla fragilità e l’incoerenza di mons. Luo vi sono anche altri fatti: giorni fa egli ha partecipato a una conferenza in cui – forse costretto – ha elogiato la Chiesa “indipendente” e “autonoma”, i ritornelli tipici del Partito comunista. “Come si fa – afferma sconsolato il card. Zen - ad essere in comunione col papa e con la Chiesa universale se si ripetono gli slogan ideologici sull’autonomia e l’indipendenza della Chiesa?”.

Alla cerimonia, forse per timore di qualche critica o sommossa, centinaia di poliziotti hanno vigilato l’ordinazione e hanno proibito ai fedeli di prendere foto o fare video. Gli invitati dovevano arrivare tre ore prima per entrare in chiesa ed essere sottomessi a un controllo di sicurezza col metal detector.

Per il card. Zen “tutto quel dispiegamento di forze di polizia  è segno che hanno timore di qualcosa, sanno che stanno facendo qualcosa di contrario alla fede della gente e ai diritti dell’uomo”. E conclude amaro: “Abbiamo assistito al trionfo del controllo dello Stato sulla libertà religiosa dei fedeli”.

Anche l’arcivescovo di Taipei è critico verso la pretesa di Pechino nel voler controllare le ordinazioni. Ma si limita a notare: “Le compagnie di commercio che aprono qualche ufficio in Cina hanno diritto a mettere come capi quelli che scelgono loro. Invece Pechino vuole scegliere i vescovi della Chiesa cattolica… Insomma, la Chiesa ha meno diritti di un qualunque negozio!” (B.C.)
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