14/12/2006, 00.00
THAILANDIA
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Case famiglia e “nonne adottive” per bambini abbandonati

Il racconto di padre Adriano Pelosin, PIME, da 20 anni in Thailandia. Sono 200 i piccoli assistiti direttamente ed altri duemila quelli comunque seguiti.
Bankok (AsiaNews) - Pui e Pen sono due bambine di cinque e sette anni. Abitavano con la mamma in un appartamento, a Bangkok. La donna aveva chiesto ad un vicino di portare le figlie a scuola al mattino e andare a riprenderle la sera, perché lei andava a lavorare presto e quando tornava, tardi, si riprendeva le figlie. Una sera non è tornata. Il vicino ha continuato a portar le bambine a scuola e ad andarle a riprendere, sperando nel ritorno della mamma, il papà non si sa dov’è da anni. Dopo due mesi “il vicino di casa è venuto da noi e ci ha chiesto se potevamo prenderci cura di queste due bambine perché lui e sua moglie, già anziani, non ce la facevano più. Ora Pe e Pui sono nella casa famiglia Santa Lucia”.
E’ una delle vicende che racconta padre Adriano Pelosin, PIME, da più di 20 anni in Thailandia, in una lettera inviata per Natale a chi ha compiuto adozioni a distanza e ai benefattori. Vi si legge anche che, a furia di occuparsi, insieme a padre Raffaele Manenti, pure del PIME e parroco della parrocchia Nostra Signora della Misericordia, di bambini abbandonati, ora ce ne sono quasi duecento che vivono in dieci case famiglia o con le “Nonne adottive”.
Nella casa famiglia San Giovanni c’è “Cio”, un bambino di 12 anni. Viveva praticamente in strada. La madre lo aveva abbandonato quando aveva solo tre anni, il padre, per ragioni di lavoro, doveva assentarsi spesso. Il bambino era saltuariamente seguito da vicini di casa. “Cio” aveva presto imparato ad arrangiarsi, sviluppando l’arte del furto, delle bugie, dei videogiochi. Tra tutto questo, presto si era affacciata anche la droga e l’abbandono della scuola.
Tam, invece, è nella casa Santa Maria. “L’ho incontrato – racconta padre Pelosin - mentre andava in giro da solo per le stradine della baraccopoli Tuek Deng. C’è stato un breve dialogo tra noi: ‘Come mai non sei a scuola?’; ‘Mio padre non mi manda’; ‘E tua madre?’; ‘Non so dove sia’; ‘Dove abiti?’. Mi porta alla baracca dove suo padre sta dormendo Non vuole disturbarlo. Suo padre fa lo spazzino comunale e va a raccogliere le immondizie di notte; dorme di giorno e non ha tempo di seguire il figlio. Ora Tam è molto felice di andare a scuola come tutti i suoi coetanei”.
Poi c’è “Bi”: ha solo un anno e mezzo, abita nella casa famiglia Santa Chiara a Bang Sue assieme alla sorellina Pak (5 anni). I loro genitori sono morti di recente di AIDS. La loro zia Kek è la cuoca della casa famiglia. E c’è “Jay”, un bambino di 7 anni. Il papà è morto, la mamma è sparita. La nonna anziana e di poca salute non poteva prendersene cura. Ora è nella casa famiglia Santa Maria.
“Sono – commenta il missionario - solo alcune delle tante storie che si potrebbero raccontare…. Alcuni casi sono di un tale orrore che non mi sento di metterli in pubblico. Ma una grande grazia che Dio ci ha concesso è stata quella di riuscire a recuperare quattro bambine oggetto di violenza sessuale da parte dei loro rispettivi padri o patrigni; ora sono in tre case famiglia diverse”.
“Oltre ai bambini che vivono con noi – continua - ci sono stati segnalati tanti altri casi di bambini semiabbandonati che stanno con qualche parente. E’ il caso di tre sorelline: My (11anni) Mook (8 anni) e Min (7 anni). Il papà è morto, la mamma non si interessa delle figlie, vivono con gli zii che hanno già due figli e pochi soldi per mantenerli”.
Non è tutto: “assistiamo anche circa duemila bambini poveri presenti nelle varie baraccopoli di Bangkok e vicinanze. Sosteniamo anche altri due progetti: uno a Mae Sot (Nord-ovest della Thailandia) con la Scuola della speranza per bambini profughi dalla Birmania e un altro al Sud per bambini colpiti dallo tsunami. Ci occupiamo anche degli ammalati di AIDS e degli anziani abbandonati che troviamo nelle baraccopoli”.
“Ci preoccupiamo molto della crescita di tutti i nostri bambini, della loro educazione e formazione. Per questo, oltre a cercare persone sempre più preparate a questo servizio in loco, abbiamo già mandato un ragazzo a studiare psicologia all’università di Padova. Altri tre andranno l’anno prossimo: una ragazza all’università di Bologna e due probabilmente alla ‘Cattolica’ di Milano a studiare Scienze dell’educazione”.
Da parte sua, l’Università di Padova ha mandato due psicologi: Maria e Riccardo dell’organizzazione “Psicologi Senza Frontiera" per dare una mano ai ragazzi adolescenti della casa San Giovanni. Staranno nove mesi e dopo saranno rimpiazzati da altre due ragazze.
“Il Santo Natale – termina la lettera - ci ricorda la grandezza infinita di un bambino e nello stesso tempo la sua estrema vulnerabilità. Come Maria la madre di Gesù e Giuseppe, confidiamo nell’aiuto di Dio che protegge i piccoli e i poveri, che è padre degli orfani e delle vedove; ci aiuti ad avere la stessa fede di Maria e Giuseppe affinché i Suoi figli non siano uccisi da Erode, non patiscano la fame in esilio e trovino una sistemazione nella pace e nella serenità di una famiglia che li possa amare”.
 
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