10/12/2025, 14.59
CINA
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'Che cosa stiamo esportando noi cinesi nel mondo?'

di Andrew Law

Una voce dalla Cina commenta tre clamorose vicende che hanno visto connazionali all'estero balzare agli onori della cronaca per crimini transnazionali di natura gravissima legati a frodi, narcotraffico e tratta di esseri umani. "Nei nostri libri di testo, la Guerra dell’Oppio di due secoli fa è presentata come una tragedia nazionale. Ma allora perché oggi che siamo ricchi e forti portiamo le slot machine nei villaggi africani?". 

Con l’ascesa di una grande potenza, ciò che noi cinesi esportiamo non sono solo merci abbondanti, ma anche “prodotti morali difettosi” generati da un terreno sociale particolare. Tre cinesi - Chen Zhi, Zhang Zhidong (“Fratello Wang”) e Qian Zhimin - sono recentemente balzati agli onori della cronaca per crimini transnazionali di natura gravissima, attirando lo sdegno internazionale e gettando discredito sul popolo cinese. Hanno sfruttato le debolezze umane per reclutare complici, approfittando dei vuoti normativi di vari Paesi per trarne profitto; il loro “successo” è costruito sulla sofferenza di innumerevoli vittime, trasformate senza alcuna umanità nei gradini della loro scalata. Sebbene l’immagine di un popolo dipenda in ultima analisi dalla rettitudine, dal lavoro e dall’intelligenza della maggioranza dei suoi cittadini, questi casi estremi mostrano il crollo dei vincoli morali e la disintegrazione delle difese etiche.

Qian Zhimin è nata nel settembre 1978 a Rugao, nello Jiangsu. Nel 2014 ha fondato a Tianjin la società Lantian Gerui Electronics Technology Co., usando l’esca di alti interessi e la promessa di “ricchezze per tre generazioni” per orchestrare uno schema Ponzi da 43 miliardi di yuan. Dopo aver convertito il denaro in Bitcoin, è fuggita. Secondo la polizia britannica, dopo sette anni di latitanza nel Regno Unito, è stata arrestata nell’aprile 2024 e l’11 novembre dello stesso anno condannata a 11 anni e 8 mesi. Aveva acquistato 61mila Bitcoin e cercato di sfruttare le differenze legali tra vari Paesi in materia di estradizione, confisca dei beni e regolamentazione delle criptovalute per costruire una propria “zona franca” giudiziaria, rendendo molto più difficile la sua cattura. Le sue vittime in Cina superano le 128mila persone, per lo più anziani; il tanto sbandierato motto cinese “chi ci offende sarà punito, ovunque si trovi” suona qui terribilmente vuoto.

Zhang Zhidong, nato a Pechino nel 1987 e laureato in lingue alla Peking University, si è trasferito in Messico nel 2015. Dal 2016, sotto lo pseudonimo di “fratello Wang”, è diventato il principale coordinatore degli acquisti di precursori chimici e della produzione di droga per i due maggiori cartelli messicani. Procurava materie prime dall’Asia e guidava la sintesi del fentanyl. Sotto la sua regia venivano esportate e distribuite cocaina, fentanyl e metanfetamina, per tonnellate. Dal 2018 ha iniziato a dirigere l’esportazione verso il Nord America, con un giro d’affari di 150 milioni di dollari l’anno. Gestiva oltre 150 entità legali e 170 conti bancari, usando società fantasma e strutture a più livelli per riciclare denaro in criptovalute e altri asset. Nell’ottobre 2024 la polizia messicana ha arrestato il suo braccio destro Li Ruipeng. Poco dopo è stato arrestato anche lui. Ma nel luglio di quest’anno, durante gli arresti domiciliari, è riuscito incredibilmente a fuggire scavando un tunnel, scappando poi in Russia e Cuba con un’identità falsa. Il 23 ottobre è stato catturato a Cuba ed estradato in Messico e negli Stati Uniti. Il 19 novembre, la Corte Federale del Distretto Est di New York ha avviato il processo: se riconosciuto colpevole di traffico internazionale di droga e riciclaggio, rischia l’ergastolo.

Chen Zhi, nato nel 1988 a Lianjiang (nel Fujian), si è trasferito in Cambogia nel 2009. In meno di sei anni ha fondato il Prince Group, un conglomerato di imprese attive nel settore immobiliare, nella finanza, negli hotel, nei casinò e nei supermercati, diventando il più grande gruppo del Paese, con presunte filiali in più di 30 Stati. In Cina aveva sedi in diverse città, e Chen è stato più volte celebrato come “imprenditore dell’anno” e “modello di responsabilità sociale”. Secondo indagini indipendenti, però, il Prince Group si è rivelato la più grande organizzazione criminale della Cambogia: truffe, tratta di esseri umani, traffico di droga e lavoro forzato, con principali vittime inizialmente cinesi; quando poi la Cina ha intensificato la repressione delle frodi online, il gruppo ha spostato l’attenzione sugli stranieri. Nell’ottobre 2025 la Corea del Sud ha persino inviato personale in Cambogia per liberare degli ostaggi; il 14 ottobre 2025 il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha annunciato la confisca di 127.271 milioni di Bitcoin appartenenti a Chen Zhi, per un valore di 15 miliardi di dollari. Secondo il dipartimento di Giustizia, il suo core business era costituito da “pig-butchering scams” e frodi telematiche; in due siti da soli operavano 1250 telefoni e controllavano 76mila account social usati per truffe. Il gruppo incassava fino a 30 milioni di dollari al giorno. Dal gennaio 2020 al febbraio 2024, le frodi online provenienti dalla Cambogia hanno sottratto al mondo circa 75 miliardi di dollari. Oltre agli Stati Uniti, anche Regno Unito, Corea del Sud, Singapore, Hong Kong, Taiwan e Thailandia hanno congelato o chiuso filiali del gruppo.

Sono crimini scioccanti. E tutti i mandanti sono cinesi, cresciuti nell’epoca delle riforme e dell’apertura. Nessuno di loro ha esitato a fondare il proprio “successo” sulla rovina altrui. E a questi tre “personaggi famosi”, in giro per il mondo vanno aggiunte anche le “dame cinesi” che ostentano un’estetica tutta loro, i “figli dei ricchi” arroganti, le “amanti mantenute” che popolano interi quartieri di ville… tutte figure che continuano a plasmare la percezione globale dei cinesi.

Una suora missionaria in Ciad e in Uganda mi ha raccontato che a inondare i mercati locali non sono solo i prodotti cinesi, ma anche le slot machine possedute da imprenditori cinesi e diffuse nei villaggi (come mostra la foto sopra ndr). Ogni volta che questa suora vede i poveri locali giocarsi le sole monete che hanno, prova rabbia e tristezza.

Nei nostri libri di testo, la Guerra dell’Oppio di due secoli fa è presentata come una tragedia nazionale, prova che “la debolezza porta all’umiliazione”. Oggi siamo ricchi e forti, eppure perché ci manca ogni empatia e ci accaniamo a esportare “azzardo, prostituzione e droga” in altri Paesi?

In una logica che esalta “il potere che nasce dalla canna del fucile”, il successo, la ricchezza e il privilegio sono diventati obiettivi supremi. Le élite godono di un potere che trascende la legge e la morale; slogan come “non importa se il gatto è bianco o nero, purché prenda i topi”, “superare in curva” e altre bizzarrie hanno infiltrato la mentalità comune. In un clima dove il fine giustifica i mezzi, gli atti contrari all’etica e alla legge proliferano.

In netto contrasto con la corsa alla tecnologia e alla ricchezza vi è la mancanza sistemica di educazione umanistica e capacità critica. Il lavaggio del cervello ateo e l’indottrinamento ideologico hanno ridotto il senso della vita al solo successo materiale. Kant sosteneva che credere nell’immortalità dell’anima fosse un presupposto necessario per moralità e felicità; il materialismo ateo ha demolito questo baluardo, lasciando gli individui privi di freni interiori. Sacrificare la morale diventa così per molti criminali una “scelta razionale” nel calcolo rischi-benefici, e l’intelligenza diventa un’arma per fare il male.

La stessa “diplomazia dei lupi guerrieri”, con la sua aggressività esterna e il rigido controllo interno, alimenta l’opportunismo dentro e fuori dalla Cina: per il successo personale tutto è lecito, anche sfidare le regole internazionali. Questo dà ai criminali persino una sensazione psicologica di privilegio e impunità: commettono atrocità senza vergogna, sperando nella fortuna, senza alcun rispetto per la legge.

Il disprezzo per la dignità della vita umana - valore universale - è la radice dell’arricchimento folle di Chen, Zhang e Qian, ed è anche la logica per cui alcuni imprenditori cinesi installano slot machine nelle zone più povere dell’Africa, sfruttando ogni occasione per trarre profitto.

In specifici contesti sociali e culturali, il collasso morale non è un incidente isolato, ma la conseguenza inevitabile di difetti sistemici. L’estremizzazione di ricchezza, potere e populismo non è solo propaganda: è un sistema di valori social-darwinista ormai profondamente interiorizzato. Se una società mette potere e denaro sopra moralità, legge e rispetto dei valori universali, inevitabilmente genererà criminali che costruiscono il loro successo sulla violazione della dignità umana e dell’ordine globale.

Per questo noi popolo cinese dobbiamo svegliarci. Affrontiamo la deriva morale che stiamo esportando nel mondo e l’immagine internazionale che stiamo creando; ricostruiamo le basi etiche e il rispetto dei valori universali. Solo rispettando noi stessi, potremo guadagnare il rispetto altrui.

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