29/03/2024, 14.43
VATICANO
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Con papa Francesco al Colosseo una Via Crucis per imparare a pregare

di Giorgio Bernardelli

I testi delle meditazioni scritti personalmente dal pontefice per la celebrazione serale del Venerdì Santo di quest'anno. Nell’Anno della preghiera da lui indetto in vista del Giubileo, un cammino ricco di indicazioni su questa dimensione fondamentale della vita cristiana. Affidati al nome di Gesù i cristiani perseguitati e quanti patiscono il dramma della guerra.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Ci sono le donne “che ancora oggi vengono scartate, subendo oltraggi e violenze”. Ci sono croci pesanti come “una malattia, un incidente, la morte di una persona cara, una delusione affettiva, un figlio che si è perso, il lavoro che manca”. Ci sono la “follia della guerra, i volti di bimbi che non sanno più sorridere, le madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare”. Ma questa volta il centro sta altrove. Sono meditazioni che parlano direttamente al cuore di ciascun credente quelle che papa Francesco ha scritto personalmente per la Via Crucis che presiederà in questo Venerdì Santo 2024 al Colosseo. Testi che parlano della nostra fatica a vivere un’esperienza fondamentale della vita cristiana come è la preghiera. E che - proprio ripercorrendo l’itinerario di Gesù - offre tanti suggerimenti concreti su come viverla concretamente e come non soffocarla tenendo al centro noi stessi.

Proprio la concomitanza con l’Anno della preghiera - indetto da papa Francesco in preparazione all’ormai imminente Giubileo del prossimo anno - era stata indicata già nei giorni scorsi come il motivo per cui (a differenza di quanto finora accaduto) Bergoglio quest’anno ha scelto di scrivere in prima persona i testi per la Via Crucis al Colosseo, uno degli appuntamenti più seguiti in tutto il mondo durante la Settimana Santa. E l’intento di questa scelta appare chiaro fin dalle parole che introducono i testi delle meditazioni, diffuse queste mattina dalla Sala stampa vaticana: “Una cosa sola ci hai domandato: restare con te, vegliare - scrive Francesco introducendo la notte della Passione di Gesù -. Non ci chiedi l’impossibile, ma la vicinanza. Eppure, quante volte ho preso le distanze da te. Quante volte, come i discepoli, anziché vegliare ho dormito, quante volte non ho avuto tempo o voglia di pregare, perché stanco, anestetizzato dalle comodità, assonnato nell’anima. Gesù – continua il papa - ripeti ancora a me, a noi tua Chiesa: ‘Alzatevi e pregate’ (Lc 22,46). Svegliaci, Signore, destaci dal torpore del cuore, perché anche oggi, soprattutto oggi, hai bisogno della nostra preghiera”.

Le 14 stazioni della Via Crucis scritta da Francesco rispecchiano quasi interamente lo schema tradizionale, con una sola modifica significativa: le cadute di Gesù sono solo due; ma al posto della terza viene inserita una stazione (l’undicesima) che mette specificamente a tema "Gesù che grida il suo abbandono" sulla croce, la preghiera in cui Lui stesso si immerge “fino in fondo nell’abisso del nostro dolore". "Lo hai fatto per me - commenta il pontefice - affinché io, quando vedo solo buio, quando sperimento il crollo delle certezze e il naufragio del vivere, non mi senta più solo, ma creda che tu sei lì con me”.

Terminate le stazioni, poi, la Via Crucis si conclude con un’invocazione che ripete 14 volte il nome di Gesù, la preghiera “più semplice e familiare”, quella che nel Vangelo è sulla bocca dei “bisognosi, dei fragili, dei malati”. A questo nome il papa affida tutti: dai sacerdoti alle famiglie, dai cristiani perseguitati a chi soffre a causa della guerra. 

Dal silenzio di Gesù davanti a Pilato il papa invita a imparare “che la preghiera non nasce dalle labbra che si muovono, ma da un cuore che sa stare in ascolto”. Maria che incontra il Figlio sul Calvario, ci fa accorgere di quanto la nostra preghiera sia “povera di memoria: veloce, sbrigativa, una lista di bisogni per oggi e domani”. Con la Veronica siamo chiamati ad accorgerci che “anche tu, Dio vicino, chiedi la mia vicinanza; Gesù, accendi in me il desiderio di stare con te, di adorarti e consolarti. E fa’ che, nel tuo nome, io sia consolazione per gli altri”. Con le donne di Gerusalemme siamo invitati a chiederci se di fronte alle tragedie del mondo il nostro cuore “è di ghiaccio o si scioglie” e a chiedere “la grazia di piangere pregando e di pregare piangendo”.

Dio spogliato, mette a nudo anche la nostra preghiera. “Perché è facile parlare – osserva papa Francesco - ma poi io ti amo veramente nei poveri, tua carne ferita? Prego per chi è spogliato di dignità? O prego per coprire solo i miei bisogni e rivestirmi di sicurezze?”. Fino alla contemplazione del Cristo inchiodato sulla croce che ci rivela “l’altezza della preghiera d’intercessione, che salva il mondo. Gesù – commenta Francesco - che io preghi non solo per me e per i miei cari, ma per chi non mi vuol bene e mi fa del male; che io preghi, secondo i desideri del tuo cuore, per chi è lontano da te; per riparare e intercedere a favore di quanti, ignorandoti, non conoscono la gioia di amarti e di essere perdonati da te”.

Per arrivare all’ultima preghiera, quella “tenace” di Giuseppe di Arimatea che chiede a Pilato il corpo di Gesù. Esempio di come “la preghiera insistente porta frutto e attraversa persino il buio della morte”. Ma resa possibile da quel sepolcro nuovo, fatto costruire per se e invece donato a Gesù. “E io - commenta Francesco - che cosa do di nuovo a Gesù in questa Pasqua? Un po’ di tempo per stare con Lui? Un po’ di amore per gli altri? I miei timori e le mie miserie sepolte, che Cristo attende gli offra come hai fatto tu col sepolcro? Sarà davvero Pasqua - conclude - se donerò qualcosa di mio a Colui che per me ha dato la vita: perché è dando che si riceve; perché la vita si trova quando si perde e si possiede quando si dona”.

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