02/05/2023, 14.05
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Da Riyadh ad Abu Dhabi, la rete di interessi del Golfo nel conflitto in Sudan

di Dario Salvi

A dispetto della richiesta di tregua non si fermano le violenze nel Paese africano: per le Nazioni Unite vi è il rischio di 800mila nuovi profughi. I sauditi hanno evacuato con mezzi propri decine di iraniani intrappolati, portandoli da Port Sudan a Teheran via Jeddah. L’ombra degli Emirati Arabi Uniti e il network di relazioni e interessi che alimentano le guerre regionali. 

Milano (AsiaNews) - Nel Sudan martoriato da un conflitto interno che, secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, rischia di causare altri 800mila nuovi profughi si giocano partite economiche, strategiche e diplomatiche che coinvolgono diverse nazioni del Medio oriente. La crisi nello Stato arabo-africano, infatti, ha fornito l’occasione per un ulteriore riavvicinamento fra Arabia Saudita e Iran, due storici rivali nella regione che solo nell’ultimo periodo hanno riallacciato i rapporti grazie alla mediazione cinese. Nei giorni scorsi Riyadh ha favorito con propri mezzi l’evacuazione di cittadini della Repubblica islamica in fuga dalla guerra.

In fuga dalla guerra

In particolare, la marina saudita ha trasportato 65 iraniani da Port Sudan a Jeddah, per poi approntare un successivo trasferimento a Teheran, tappa finale del viaggio. Il portavoce del ministero iraniano degli Esteri Nasser Kanaani parla di “evento positivo”, che ha potuto aver luogo proprio grazie alla stretta collaborazione fra le due potenze del mondo islamico, quella sciita iraniana e la sunnita saudita. In un video trasmesso dalla tv di Stato Ahmed al-Dabais, alto ufficiale militare saudita che ha gestito l’operazione, si rivolge agli sfollati iraniani sottolineando che Riyadh e Teheran sono “due buoni amici e fratelli”. L’Arabia Saudita è fra le nazioni che, attraverso il mar Rosso, più si è impegnata ad attuare un piano di evacuazione dal Paese africano travolto dalle violenze interne, divampate il 15 aprile e che hanno registrato una progressiva escalation con centinaia di vittime, anche civili. 

Dopo oltre due settimane di guerra e un cessate il fuoco di 72 ore che non è servito a scongiurare nuovi combattimenti, fonti Onu riferiscono che le due fazioni in lotta avrebbero accettato di inviare rappresentanti per negoziati da svolgere, con tutta probabilità, proprio in Arabia Saudita. Intanto si aggrava la situazione umanitaria, con decine di migliaia di sudanesi pronti a lasciare il Paese e che si andranno a sommare agli altri 70mila che sono già fuggiti in Egitto, Ciad, Etiopia o Sud Sudan. Altri ancora, seguendo le rotte migratorie, cercano di attraversare il mar Rosso e di raggiungere il regno wahhabita per sfuggire a guerra e disperazione. Da qui l’ulteriore impegno dei vertici di Riyadh per cercare di fermare i combattimenti e arginare un esodo che rischia di avere pesanti conseguente in tutta la regione. 

L’ombra degli Emirati in Sudan

La guerra in Sudan è, sotto diversi aspetti, un conflitto del ventunesimo secolo in un mondo sempre più multipolare, in cui si si combatte - il più delle volte da dietro le quinte - per rafforzare ed estendere la rete di interessi. In quest’ottica si legge la presenza degli Emirati Arabi Uniti (Eau) nel Paese africano, che ha intessuto nel corso degli anni una sfera di influenze che oggi coinvolge in primo luogo i due “generali” del conflitto. Da un lato Abdel Fattah al-Burhan, alla guida dell’esercito sudanese, e dall’altro Mohamed Hamdan Dagalo, meglio conosciuto come Hemeti, a capo delle Forze paramilitari di sostegno rapido (Rsf), considerati pedine in un quadro più ampio che abbraccia l’interno Corno d’Africa. E come sottolinea in una lunga analisi sul MiddleEastEye (Mme) Andreas Krieg, docente del Defence Studies Department al King’s College di Londra, “nessuna nazione ha giocato questo ruolo in modo più energico” degli Emirati, creando una rete fitta e diversificata di legami regionali.

Abu Dhabi non ha reali interessi ad alimentare l’escalation - e la conseguente destabilizzazione - del Sudan, ma oggi sembra evidente che non è in grado di tenere a bada la rete di interdipendenze e relazioni incrociate che si sono andate formando nel tempo. Per l’esperto, la storia degli Emirati in Sudan è quella di una monarchia relativamente piccola che finisce per esercitare un’influenza che va oltre il peso geo-strategico, con il ramo Bani Fatima della famiglia reale di Abu Dhabi capace di estendere gli interessi: privati, società, banche, commercianti, milizie e mercenari. Sebbene la presenza ufficiale in Sudan sia gestita attraverso canali ufficiali - ministeri e diplomatici responsabili di politica estera e sicurezza - potere e decisioni passano attraverso le reti oscure che, partendo da Abu Dhabi e Dubai, operano da dietro le quinte. Un network che collega partner e concorrenti, attori statali e non, trasformando la monarchia del Golfo in un hub indispensabile.

Il rapporto con il signore della guerra del Sudan Hemeti, in particolare, rivela una rete di connessioni e attività apparentemente casuali che si legano, direttamente o indirettamente, ad Abu Dhabi con interessi diversi che vanno dai capitali alle armi, dall’oro ai mercenari sul terreno. Una trama che affonda le sue origini nel periodo successivo alla Primavera araba del 2011, con riflessi anche nello Yemen dove Hemeti ha fornito miliziani per alimentare il conflitto. Operando al fianco degli Eau, il “piccolo Mohammed” ha ricevuto armi e denaro. La scoperta di bombe termobariche acquistate dagli Emirati Arabi Uniti nelle mani della Rsf suggerisce un ruolo ancor più attivo, anche se resta da capire se sono state consegnate direttamente o attraverso delegati in Libia. Le reti che gli Emirati Arabi Uniti hanno curato tramite gli attori della regione stanno ora operando in modo più o meno organico, con Abu Dhabi che deve solo facilitare i flussi di capitale e il supporto infrastrutturale. Ecco perché chiunque - compresi gli Stati Uniti - voglia mediare per la fine dei combattimenti in Sudan, conclude Krieg, deve “comporre il numero degli Emirati, perché qualsiasi strada diretta ad Hemeti passa attraverso di loro”. 

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