07/01/2005, 00.00
INDIA
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Discriminazioni di casta e religiose negli aiuti governativi in Tamil Nadu

Leader cristiani: il governo vuole prendersi tutti i meriti dei soccorsi. La polizia dirotta i camion di aiuti per il santuario di Vailankanni. Per 2 giorni sacerdoti locali hanno chiesto in vano al governo scavatrici per salvare i superstiti. Per la prima settimana la chiesa ha lavorato da sola. Dalit non accettati nei campi d'accoglienza.

Chennai (AsiaNews) – Il governo indiano sembra voler prendersi tutti i meriti delle operazioni di soccorso nel Tamil Nadu (India meridionale), che sta conducendo in modo ambiguo. Lo denuncia John Dayal, presidente dell'All India Catholic Union, dopo aver visitato lo stato indiano più colpito dal maremoto del 26 dicembre. Ieri a Chennai in una conferenza stampa i leader di organizzazioni cristiane e rappresentanti ecclesiali del paese, hanno lanciato un appello al governo centrale e alla comunità internazionale, perché gli aiuti siano focalizzati sui dalit e i poveri pescatori della zona. Nell'appello si fa presente anche la necessità di progetti per difendere il santuario cristiano di Vailankanni e le chiese di Tranquebar da futuri maremoti.

La modalità della distribuzione dei soccorsi governativi è "curiosa" ha detto Dayal ad AsiaNews e ha avvertito della possibilità di "una strumentalizzazione politica" dell'emergenza. "A Vailankanni - racconta l'attivista - il governo locale con l'aiuto della polizia sta ammassando gli aiuti nel santuario dicendo che si occuperà della distribuzione attraverso i suoi mezzi". Dayal ha detto che si potrebbe parlare di cooperazione anche con altre realtà locali non governative, ma sembra che lo Stato voglia "prendersi tutti i meriti". Dayal racconta di aver visto "la polizia dirottare gli autocarri con gli aiuti destinati a Vailankanni". Anche religiosi locali confermano e raccontano che nei primi 2 giorni dopo lo tsunami hanno chiesto in vano alle autorità di far arrivare scavatrici per rimuovere macerie e cercare di recuperare i superstiti. Molte morti, continuano i religiosi, anche di bambini, sono avvenute per mancanza delle attrezzature e materiale sanitario per pulire le vie respiratorie delle persone soffocate dall'acqua di mare mischiata alla sabbia. Per la prima settimana, raccontano i sacerdoti, la chiesa ha lavorato da sola, distribuendo medicine, cibo, kerosene e generatori elettrici nei campi rifugio.

I leader cristiani hanno sottolineato la necessità di aiutare i dalit (fuori casta, i più poveri), che hanno difficoltà con le autorità e non riescono a registrarsi nei campi d'accoglienza. Dayal racconta che, questa gente riceve intimidazioni dai pescatori ricchi, anche loro colpiti dalla catastrofe ma che non vogliono che gli aiuti vadano agli altri. "Il governo – avverte Dayal – deve assicurare gli stessi aiuti anche ai dalit, altrimenti la discriminazione potrebbe causare tensioni sociali tra i due gruppi".

Sugli aiuti a lunga scadenza i rappresentanti cristiani hanno insistito sui bisogni dei pescatori, soprattutto di quelli che non possedevano una barca, ma erano dipendenti dei più ricchi. La ricostruzione – ha detto Dayal – può essere un'occasione per assicurare a questa categoria di pescatori proprie imbarcazioni e renderla autosufficiente". Il vescovo di Thanjavur, mons. Devadass Ambrose Mariadoss, ha suggerito di costruire frangiflutti e un pontile sulla costa di Vailankanni per proteggere le barche dalla furia del mare. "Per tutti questi progetti - ha reso noto Dayal - avremo la collaborazione di ingegneri navali, governo e organizzazioni internazionali". (MA)

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