26/10/2016, 12.52
INDONESIA
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East Nusa Tenggara, la Chiesa in campo per arginare le morti dei lavoratori migranti

di Mathias Hariyadi

Quest’anno sono aumentati i decessi dei giovani che vanno all’estero per trovare un’occupazione. A causa del clima arido, centinaia di agricoltori si dirigono soprattutto in Malaysia, ma finiscono senza documenti in mano a trafficanti senza scrupoli. Sacerdote locale: “Educhiamo i capi villaggio a trovare il materiale legale necessario per tutelare queste persone”.

Jakarta (AsiaNews) – Abbandonare la propria terra per cercare un’occupazione in Paesi vicini, spesso senza permesso di soggiorno, con il rischio di cadere nelle mani di trafficanti o di morire sul posto di lavoro senza documenti e non poter essere rimpatriati. È il destino che attende centinaia di abitanti della provincia di East Nusa Tenggara (Ntt), dove trovare lavoro è sempre più difficile a causa del suolo arido e della poca irrigazione dei terreni.

Adolescenti e giovani vengono spinti a partire dalle isole di Flores e Timor verso opportunità di impiego migliore, in special modo in Malaysia. Molti di loro, però, finiscono in ambienti criminali o muoiono sul posto di lavoro. John Salukh, capo dell’Ufficio per la protezione e il collocamento dei migranti di Kupang (Timor), afferma che nel 2016 si è registrato un aumento delle vittime sul lavoro: “In totale ci sono stati 37 morti tra i lavoratori migranti”. L’anno scorso la lista si era fermata a 25. Inoltre, “solo una vittima era regolare, tutti gli altri possedevano documenti falsi”. Alcune salme non sono state rimpatriate per problemi di riconoscimento. Il governo indonesiano sta indagando sulle cause dei decessi, che potrebbero essere legate agli abusi subiti sul luogo di lavoro.

Per sensibilizzare le autorità di Ntt al problema, il 23 ottobre un gruppo di chiese protestanti di Kupang ha organizzato un momento di preghiera comunitaria di fronte all’abitazione del governatore. I partecipanti sono sfilati in processione portando una bara vuota, segno dell’aumento di abitanti locali morti all’estero: “Che siano in regola o no – hanno detto i manifestanti – essi sono nativi locali”.

Anche la Chiesa cattolica è attiva da anni nel sostegno ai lavoratori migranti e nella prevenzione dell’illegalità. P. Paulus Christian Siswantoko Pr, della Commissione episcopale di Giustizia e pace, spiega che il “Gruppo per la cura dei migranti” aiuta le persone comuni a non cadere in ai trafficanti: “Il gruppo conta sull’aiuto di decine di sacerdoti, suore, e laici di varie congregazioni e con diversi trascorsi lavorativi”.

Essi, continua il sacerdote, “aiutano queste persone sfortunate ad essere trattate in modo più umano, sia in patria che all’estero”, educando i capo villaggio a conoscere la burocrazia e aiutando i lavoratori migranti ad ottenere i documenti richiesti. La mancanza di materiale legale è spesso lo scoglio più arduo che gli emigranti devono affrontare. I sacerdoti – aiutati dai volontari del gruppo umanitario Sahabat Insan – intensificano i contatti con le diocesi dei luoghi verso cui i lavoratori sono diretti, in modo da facilitare il passaggio: “In questo modo – afferma p. Siswantoko – minimizziamo il rischio che essi diventino vittime per qualche motivo nei Paesi esteri”.

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