03/05/2006, 00.00
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Fiera internazionale del libro a Teheran: isolamento e censura

di Dariush Mirzai

Le restrizioni alla libertà d'espressione, pur tradizionali, aumentano. Per essere ammessi, bisogna aver pubblicato 40 libri nei dodici mesi passati, ma nessun editore "progressista" ha ricevuto 40 autorizzazioni dei censori. Un espositore europeo: ci fanno sentire che non siamo i benvenuti.

Teheran (AsiaNews) – Si apre oggi a Teheran l'evento culturale principale dell'anno in Iran: la 19° Fiera internazionale del libro (3-13 maggio). L'anno scorso, Khatami ha aperto questa fiera in una cerimonia nella quale i versi del poeta persiano Hafez erano stati citati più volte. Quest'anno, dedicato dal governo iraniano a Maometto, profeta dell'Islam, l'atmosfera è assai diversa. Le restrizioni alla libertà d'espressione non risalgono certo all'elezione d'Ahmadinejad, ma le prospettive d'apertura progressiva hanno lasciato posto a più limitazioni e isolamento. 

Prima del Presidente iraniano, che nel discorso si è astenuto da ogni provocazione politica e si è limitato a generalità sull'importanza del libro nella cultura islamica e umana, ha parlato il Ministro della cultura e dell'orientamento islamico, Hossein Saffar Harandi. Quest'ingegnere che ha anche fatto parte delle Guardie rivoluzionarie, è adesso il responsabile della politica culturale della Repubblica islamica. In pratica, significa che esercita il potere della censura preventiva su ogni pubblicazione e quello di dare o no ai giornalisti, iraniani o stranieri, il diritto di lavorare in Iran. Lui stesso fu fino all'estate 2005 direttore del giornale estremista "Keyhan", che presentemente pubblica quasi ogni giorno articoli diffamatori contro la minoranza religiosa più importante e più perseguitata in Iran, i Bahai. Con l'Alto consiglio della Rivoluzione culturale" (di cui fanno parte i capi dell'esecutivo e del giudiziario), Saffar Harandi è in gran parte quello che decide dei limiti della libertà d'espressione in Iran.

E' sempre stata una sfida per i partecipanti internazionali presentare libri nel Paese che reprime all'interno scrittori e giornalisti e che pure nel resto del mondo cerca di imporre le proprie idee, minacciando, anni fa (e ancora oggi) un Salman Rushdie e polemizzando violentemente contro la stampa occidentale nell'affare delle caricature di Maometto. Un Paese dove la diffusione della Bibbia non è proibita, ma è de facto limitatissima. Last but not least, l'Iran non conosce il copyright e non applica le norme internazionali sulla protezione intellettuale!

Quest'anno, i partecipanti internazionali ci sono ancora: ufficialmente, 66 Paesi, tra i quali una decina Europei (Italia, Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Svizzera, Belgio, Paesi Bassi…) e altre nazioni importanti come Canada, Cina, Giappone, India. Torneranno l'anno prossimo? "L'organizzazione è disastrosa", dice una delle responsabili di uno stand europeo. "Gli scorsi anni, c'erano delle difficoltà, ma adesso, ci fanno veramente sentire che non siamo più benvenuti". Di fatto, come alcuni altri, il padiglione internazionale della Fiera è rimasto chiuso agli editori e ai visitatori durante la prima mezza giornata della fiera. Per motivi di sicurezza, si dice. Forse solo per disorganizzazione. Il pubblico, in maggioranza studenti molto giovani, aspetta pazientemente e non dice niente.

Purtroppo, anche gli scrittori e studiosi stranieri esitano adesso ad accettare inviti a parlare in Iran. Su 15 invitati dall'ambasciata francese, molto attiva nel campo culturale, ne vengono solo tre. Ci sono ragioni personali: temono di visitare un Paese dove i dimostranti bruciano le ambasciate e i dirigenti del quale minacciano il resto del mondo con le loro provocazioni, siano nucleari o antisemitiche. Proprio il motivo politico ed etico ferma alcuni intellettuali, o per convinzioni intime o, sussurra un giornalista tedesco, per evitare critiche dai loro colleghi occidentali per esser andati nella Repubblica islamica.

Però, c'è davvero un pubblico iraniano colto, aperto all'estero, raffinato, e l'ospitalità fa parte delle virtù tradizionali in questa parte del mondo. Ci sono editori ed intellettuali iraniani, tra le prime vittime dell'isolamento progressivo dell'Iran e della politica del nuovo ministro della Cultura. I trucchi per intimidire gli editori troppo audaci esistevano già prima: lentezza e imprevedibilità dei censori, limitazione della carta disponibile per la stampa, ecc. Quest'anno, tutti i professionisti nella Fiera parlano dell'obbligo di aver pubblicato 40 libri nei dodici mesi passati per essere ammessi alla Fiera del libro. Nessun editore "progressista" ha ricevuto 40 autorizzazioni dei censori.

La cerimonia d'apertura, iniziata con l'abituale ora è mezzo di ritardo, e poi con l'inno nazionale marziale e il canto di un versetto del Corano, è terminata – una novità – con una marcia militare. Ahmadinejad, nella confusione del ritardo, è rimasto lungamente tra la folla, protetto dalle numerose guardie del corpo, per firmare degli autografi. L'era Khatami non c'è più.

 

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