11/10/2021, 12.22
CINA
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Film sulla guerra di Corea spopola fra i cinesi. Giornalista arrestato per le critiche

di Lu Haitao

La pellicola racconta la battaglia del lago Changjin tra truppe Onu a guida Usa e soldati cinesi. Uscita nelle sale durante la festa nazionale cinese. La propaganda di Stato smorza le critiche sull’aiuto di Pechino alla Corea del Nord nel conflitto del 1950-1953. I media ufficiali fanno il tifo per la detenzione di Luo Changping.

Pechino (AsiaNews) – Spopola nei cinema cinesi il film “La battaglia del lago Changjin”. In mostra dal primo ottobre, festa nazionale in Cina, la pellicola racconta le vicende di una feroce battaglia combattuta da soldati cinesi contro truppe Onu a guida Usa durante la guerra di Corea del 1950-1953. Mentre le relazioni tra Washington e Pechino diventano sempre più tese, l’opera cinematografica sul conflitto di 70 anni fa segnala la dura posizione del gigante asiatico e la febbre patriottica nella società cinese.

La propaganda ha ottenuto un grande successo economico. Secondo statistiche dell'8 ottobre, il film ha raccolto al botteghino oltre 3,5 miliardi di yuan (462 milioni di euro), e ci si aspetta che diventi il campione del box office nazionale. Come riportato dal New York Times, Sun Hongyun, un professore associato all'Accademia del cinema di Pechino, ha commentato che il film è “una straordinaria e perfetta collusione di capitale e propaganda politica”.

Le autorità hanno riversato nel film investimenti senza precedenti. La pellicola è costata 1,3 miliardi di yuan (171,6 milioni di euro). La produzione ha ricevuto il sostegno diretto della propaganda e dell'apparato militare del Partito comunista cinese (Pcc); 70mila soldati dell'Esercito popolare di liberazione hanno recitato come comparse. Attori popolari come Wu Jing hanno favorito il suo successo; nel 2014 e nel 2017 Wu ha diretto e interpretato “Wolf Warrior I e II”, opere a tema patriottico che hanno ottenuto un grande risultato commerciale. In riferimento ai due film d’azione, per il loro stile sempre più aggressivo i nuovi diplomatici cinesi sono chiamati “guerrieri lupo”.

La trama e le scene della pellicola sulla battaglia di Changjin (del bacino di Chosin per gli statunitensi) catturano l’immaginario degli spettatori: i soldati cinesi usano lanciarazzi a spalla per abbattere gli aerei e rubano persino un carro armato Usa per ingaggiare con il nemico una corsa sul campo di battaglia. I media ufficiali cinesi hanno lodato il film come un “capolavoro” e presentano la battaglia come una “epopea”.

La guerra di Corea è però un argomento delicato. Secondo la narrativa della Cina, le truppe (volontarie) cinesi hanno ottenuto una vittoria assoluta, respingendo l'invasione degli Stati Uniti. Le autorità di Pechino non dicono che la Corea del Nord di Kim Il-sung ha attaccato il Sud e ha provocato la guerra per prima. La propaganda sostiene che Washington ha imposto il conflitto di Corea alla Cina e nega che l'esercito cinese abbia combattuto contro le Nazioni Unite. Il bilancio delle vittime tra i soldati cinesi è ancora sconosciuto.

Cina e Stati Uniti rivendicano entrambi la vittoria nella battaglia. Il 27 novembre del 1950 le forze cinesi hanno raggiunto in segreto l’area di Changjin per accerchiare le unità militari delle Nazioni Unite, che sono sfuggite alla manovra dopo giorni di scontri. Privi di vestiti per l'inverno, molti soldati cinesi sono morti assiderati; solo pochi sono sopravvissuti. I combattenti di Pechino che hanno partecipato all’operazione sono chiamati “Compagnia delle sculture di ghiaccio”.

Le autorità cinesi mettono a tacere ogni critica al film. Luo Changping, ex giornalista e redattore di Beijing News e Caijing, ha postato su Weibo (il Twitter cinese) che dopo più di mezzo secolo è raro che i cinesi si domandino se la guerra fosse giustificata, come la gente al tempo non ha dubitato della “decisione illuminata” dei leader nazionali.

Famoso per le sue indagini che hanno smascherato funzionari corrotti, Luo è stato attaccato in modo concertato dai media ufficiali, tra cui il Quotidiano del popolo – megafono del Pcc – e il suo affiliato Global Times. Il cronista ha postato delle scuse, che non gli hanno evitato però l’arresto per “insulto ai martiri”.

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