29/04/2021, 14.06
USA-CINA
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Biden: quella tra Washington e Pechino è la battaglia del secolo

di Emanuele Scimia

Davanti al Congresso il presidente Usa lancia la sua sfida a Xi Jinping. Focus su competizione tecnologica e scontro tra democrazia e autocrazia. Europa sempre più in sintonia con Washington. Le Filippine tornano a seguire una linea più filo-Usa. Accademico cinese: Biden sbaglia, la Cina non vuole scalzare gli Stati Uniti come superpotenza mondiale.

Roma (AsiaNews) – “Siamo in competizione con la Cina e altri Paesi per primeggiare nel 21° secolo”. Lo ha dichiarato ieri Joe Biden nel suo primo discorso al Congresso riunito in seduta comune. La battaglia di cui parla il presidente Usa è soprattutto quella per la supremazia tecnologica, ambito dove la Cina fa passi da gigante, e per l’affermazione del miglior sistema di governo.

Biden vuole che gli Stati Uniti tornino a investire il 2% del Pil nazionale (ora è l’1%) in ricerca e sviluppo, così da dominare le tecnologie del futuro: batterie di nuova generazione, biotecnologie, microchip e impianti per l’energia rinnovabile. Un impegno che richiede un forte investimento nel sistema educativo nazionale.

Secondo Biden, il presidente cinese Xi Jinping vuole “in modo terribilmente serio” far diventare la Cina il Paese più importante del mondo. Come altri autocrati, afferma il comandante in capo Usa, Xi pensa che la democrazia non possa competere in questo secolo con le autocrazie, dato che essa ha bisogno di tempi lunghi per creare consenso.

Il presidente Usa ha dichiarato di vedere con favore la competizione della Cina; egli ha aggiunto però che la sua amministrazione si batterà perché nell’economia globale tutti giochino secondo le stesse regole. Washington e i suoi alleati, soprattutto europei, da tempo accusano Pechino di seguire pratiche commerciali scorrette e di violare le regole sulla proprietà intellettuale.

Il leader democratico ha chiarito che la sua amministrazione non rinuncerà a difendere i diritti umani e le libertà fondamentali in altre parti del mondo, un messaggio in sintonia con quello lanciato ieri dal Parlamento europeo. Un gruppo di europarlamentari ha minacciato di respingere l’accordo sugli investimenti firmato da Cina e Unione europea il 30 dicembre. Solo il Partito popolare europeo sembra disposto ad appoggiare l’intesa con Pechino; le altre forze politiche del Vecchio continente chiedono la rimozione delle sanzioni cinesi a politici e accademici europei. La Cina le ha imposte dopo che l’Unione aveva sanzionato esponenti del Partito comunista cinese per le violazioni dei diritti umani nello Xinjiang.

Biden ha precisato anche che gli Usa manterranno una forte presenza nell’Indo-Pacifico: “Non per iniziare un conflitto, ma per prevenirlo”. Il presidente Usa è impegnato a rivitalizzare le alleanze nella regione, indebolite durante la presidenza Trump. In un recente sviluppo, Washington avrà accolto con favore la decisione delle Filippine di continuare i pattugliamenti nel Mar Cinese meridionale, che la Cina rivendica quasi per intero. I cinesi si rifiutano di ritirare propri pescherecci e altre imbarcazioni dalla zona economica esclusiva di Manila. Tale rifiuto ha obbligato il presidente filippino Rodrigo Duterte ad assumere una posizione dura nei confronti di Pechino, che egli considera un indispensabile partner commerciale.

“Credo che Biden stia ingigantendo la cosiddetta minaccia cinese, soprattutto per ragioni di politica interna e perché ha equivocato la crescita e le politiche della Cina”, dice ad AsiaNews Wang Yong, direttore del Centro per l’economia politica internazionale dell’università di Pechino.

L’accademico cinese spiega che gli Usa sono ancora un Paese importante e un partner inseparabile per la Cina: “Pechino non è interessata a prendere il posto di Washington nel mondo”. Egli sostiene che la leadership cinese punta a sviluppare il Paese, migliorare le condizioni di vita del proprio popolo e rafforzare la sua posizione internazionale per scopi solo domestici.

Wang auspica che Usa e Cina “lavorino per migliorare la comprensione delle intenzioni e delle capacità dell’altro”. Egli sottolinea che differenti valori e diverse strutture di governo hanno contribuito ad alimentare una “percezione distorta” fra le due parti.

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